LA LUCE BIPOLARIZZATA
Basta avere due filtri polarizzatori per scoprire un mondo nuovo
Rino Giardiello, maggio 2002

Il polarizzatore è uno dei filtri più comuni nel corredo del fotoamatore, di solito il primo che si acquista dopo il classico skylight che spesso si riesce ad "estorcere" al negoziante al momento dell'acquisto della fotocamera.

Utile per eliminare i riflessi dalle superfici (quante volte però il riflesso dispettoso non è a 45° ed il povero polarizzatore diventa un inutile vetro grigio?), usatissimo per saturare il cielo soprattutto con un grandangolare e pellicola invertibile di bassa sensibilità, è anche un comodo filtro neutro che può salvare una pellicola da 400 o 1000 ISO capitata al mare in pieno ferragosto.

Questi sono gli usi più comuni di un filtro polarizzatore, ma avendone due? Se mettiamo il primo polarizzatore davanti ad una fonte luminosa ed avvitiamo il secondo su un obiettivo della nostra reflex, magari macro, la luce viene polarizzata due volte prima di raggiungere la pellicola e, nel caso limite in cui i due filtri sono ruotati in direzioni diametralmente opposte non si ha più alcun passaggio di luce. Morale: nero assoluto! Il bello non è certo quello di fotografare il nero che si è ottenuto ma i piccoli oggetti trasparenti che inseriremo tra i due filtri.

Ecco allora che avviene la magia: gli oggetti si colorano di mille sfumature, i cristalli brillano sul nero, la plastica ed il plexiglass diventano dei fantastici arcobaleni la cui intensità può essere variata ruotando opportunamente i filtri o spostando le luci. Si apre un mondo fino a poco prima nascosto e gli oggetti assumono un diverso aspetto, più affascinante ed irreale. Logicamente non tutti gli oggetti vanno bene, la prima condizione è che siano trasparenti, la seconda che al loro interno siano presenti delle tensioni che poi si manifesteranno sotto forma di sfumature di colori. La ricerca dei soggetti (o meglio, degli oggetti) da fotografare può cominciare in casa inserendo nel fascio di luce polarizzata pezzi di plastica (come, per esempio, l'astuccio stesso dei filtri, del nastro adesivo, etc.), oppure del comune sale da cucina, zucchero e tutto ciò che ci capita a tiro, in ogni caso impegnandoci molto anche nella composizione geometrica oltre che in quella cromatica.

Ecco le tensioni presenti all'interno di un posacenere in plexiglass a forma di cilindro. I diversi colori rispecchiano perfettamente i punti di maggiore sollecitazione. Per realizzare queste fotografie non occorrono particolari attrezzature: bastano due filtri polarizzatori, un obiettivo macro (ma dipende dalle immagini) ed una pellicola a colori. Il resto è tutto nella nostra fantasia.

Su di un supporto di vetro ho sovrapposto più striscie di nastro adesivo. In alcune foto si nota il punto dove è avvenuto il taglio, dal caratteristico profilo "seghettato". Le dimensioni dei "denti" servono anche a darvi un'idea del rapporto di ingrandimento ottenuto con i nostri tubi di prolunga autocostruiti. Siamo solo all'inizio: ruotando i filtri si possono ottenere effetti cromatici molto diversi.

Rino Giardiello © 05/2002
Riproduzione Riservata
Articolo pubblicato su REFLEX di marzo 1989

Particolare di un astuccio portafiltri. Per l'esposizione non ci sono stati problemi, dato che tutte le immagini di questo articolo sono state scattate in totale automatismo.

TUBO DI PROLUNGA AUTOCOSTRUITO

L'ideale è possedere un obiettivo macro o un soffietto per poter lavorare meglio sull'inquadratura oltre che sui colori. In mancanza di questi accessori si può costruire un tubo di prolunga utilizzando il tappo del corpo macchina e quello del retro dell'obiettivo. Il costo totale sarà ridottissimo (meno di 10.000 lire) ed il funzionamento, seppur manuale, eccellente.

Sopra potete vedere i due tubi di prolunga che ho realizzato con la tecnica spiegata, uno corto ed uno lungo in modo da avere più possibilità di variare il rapporto di ingrandimento.