CAVALLETTO STORY: NORME E LEGGENDE METROPOLITANE
Gianfranco Arciero, settembre 1999

Travolta fin dall'esordio da un inaspettato successo la nostra rubrica già necessita di una prima "messa a punto". Una raccomandazione essenziale: data la natura della posta elettronica per poter ricevere le risposte ai quesiti è indispensabile che le richieste siano corredate anche dall'indirizzo "fisico" del mittente. Il dato verrà, ovviamente, custodito e trattato con tutte le garanzie della legge 675/96 (cosiddetta della privacy) e pertanto, dopo la conclusione della corrispondenza, lo stesso mittente avrà la facoltà, ai sensi dell'art. 13, di chiedere la cancellazione, l'aggiornamento, la rettifica o l'integrazione semplicemente inviando una nota scritta in tal senso a chi scrive. Una seconda raccomandazione: si prega di formulare un quesito alla volta. Questo perché, essendo la legislazione fotografica abbastanza complessa e potendosi chiarirne meglio gli aspetti con riferimento ai casi specifici, si renderà più agevole il "dialogo" a distanza.

La varietà dei casi proposti dai visitatori di Nadir, dei quali periodicamente forniremo anche dei "dati statistici" consiglia di trattare in questa sede gli argomenti di interesse collettivo ai quali è stata data risposta diretta agli interessati. Parleremo, perciò, dell'uso del cavalletto. Rammento fin da ragazzo, quando appena si accendevano in me i primi interessi per la fotografia, l'ossessiva ripetitività di due temi che mi stanno accompagnando per tutta la vita: la lotta all'abusivismo nella professione e l'uso del cavalletto. Della prima tratteremo in un prossimo intervento anche per chiarire che non sempre la crociata condotta da alcuni media "specializzati" centra ragionevoli obiettivi e per spiegare ai lettori quali sono i limiti entro i quali potranno legittimamente svolgere attività per conto di terzi. Ma torniamo all'uso del cavalletto in luogo pubblico. Mi chiede, press'a poco un lettore: "Esiste sempre quella legge che regola l'uso del cavalletto?". Esistono, al riguardo, numerose leggende metropolitane: prima fra tutte quella abbastanza nota della scarpa "bucata". Per evitare di poggiare il cavalletto in luogo pubblico e quindi di incorrere in sanzioni, il fotografo e il suo aiutante poggiano le zampe del cavalletto sulla punta della scarpa; utilizzando per ovvi motivi sempre lo stesso paio di scarpe si arriverà a un antiestetico ma "risolutivo" foro.

Altra leggenda: se parcheggio regolarmente l'automobile e piazzo sul suo tetto un "cavalletto nano" e scatto a distanza con il flessibile non ho certamente utilizzato il suolo pubblico. Amenità a parte, pur vantando il nostro Paese un numero sterminato di leggi, tanto che spesso ci si dimentica della loro esistenza arrivando quindi alla loro inapplicazione di fatto, l'uso del cavalletto in luogo pubblico non è regolato da una legge dello Stato. L'occupazione del suolo è materia sulla quale "legiferano" direttamente i comuni nella loro sfera di autonomia. In linea di massima è soggetta ad autorizzazione e al relativo pagamento di un'imposta l'occupazione del suolo pubblico per svolgere attività professionali o commerciali . Ma tant'è. Sono ancora ricorrenti i casi in cui l'agente operante (vigili urbani o altri) tendono se non proprio a sanzionare, ad allontanare le persone colte nell'atto di fotografare sulla pubblica via con l'ausilio del cavalletto. Ne sono andati di mezzo fotoamatori, turisti e fotografi del tutto occasionali (quindi non professionisti nell'esercizio della loro attività). In seguito ad alcuni casi eclatanti verificatisi tempo addietro a Roma il Comando dei Vigili urbani, di fronte alle rimostranze ufficiali delle persone coinvolte ha tenuto a precisare che l'attività di ripresa fotografica svolta per proprio interesse non è soggetta ad alcuna limitazione quanto all'uso del cavalletto.

In conclusione: dovendo eseguire delle riprese in un luogo pubblico è opportuno prendere visione del regolamento di polizia urbana per conoscere come questo disciplina la materia nel Comune interessato; se si dovesse essere oggetto di contestazione da parte di pubblici ufficiali e/o agenti di polizia chiedere garbatamente ai sensi di quale articolo e di quale regolamento viene mossa la contestazione. Ripeto: garbatamente, perché il passaggio da una piacevole attività di ripresa a più pesanti contestazioni, come l'oltraggio, la resistenza al pubblico ufficiale o l'inosservanza di un ordine impartito dall'autorità, potrebbe essere breve e di ben più gravi conseguenze.

Gianfranco Arciero © 09/1999
Riproduzione Riservata

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