IN PERICOLO LE FOTO DELLA MEMORIA?
Tra archivi fotografici e diritto d'autore
Gianfranco Arciero, settembre 2001

L'analisi di una fotografia storica richiama all'attenzione una serie di gravi problematiche per il futuro della fotografia. Ma l'allarme è giustificato?

Il destino degli archivi fotografici è davvero sconcertante. Fino ad oggi si era lamentata la dispersione di preziose testimonianze raccolte o negli studi fotografici poi cessati o nelle fototeche private di fotoamatori che avevano gelosamente custodito le immagini realizzate nel corso della loro vita. Oggi che i diritti sulle opere fotografiche non durano più soltanto 50 anni dalla data della loro produzione, ma per tutta la vita dell'autore e per settanta anni dopo la sua morte (nel senso che essi possono essere esercitati dagli eredi e/o dagli aventi causa) il discorso diventa certamente più delicato. Anche pubbliche istituzioni avevano lasciato, se non morire, quanto meno deperire i propri fondi fotografici mentre eredi poco accorti si erano "liberati" di ingombranti bauli pieni di stampe, negativi o lastre scattate dai propri parenti. A Roma recentemente è stata condotta una attenta ricerca da parte del quotidiano "Metro" (pubblicata nel numero del 27 agosto 2001) per rintracciare le fotografie della visita di Pio XII al quartiere San Lorenzo dopo il devastante bombardamento delle fortezze volanti americane del 19 luglio del 1943. Immagini di forte significato dal momento che si parlò, dopo il tragico avvenimento, della tonaca papale intrisa di sangue e che si attribuì a questo fatto il segno del presagio ovvero vi si riscontrò la profezia di Nostradamus alla quale doveva "necessariamente seguire l'abbeveramento dei cavalli dei cosacchi nelle fontane di San Pietro". E questo fu invece il cavallo di battaglia soprattutto delle elezioni del dopoguerra.
Il quotidiano romano si è messo alla scrupolosa ricerca di queste immagini, ma senza trovarne traccia.
Eppure un'immagine era stata spesso pubblicata.
Quella immagine-simbolo è stata infine rintracciata nell'archivio dell'Istituto Luce.

Il solerte e scrupoloso cronista, Lorenzo Grassi, ha ben pensato di sottoporla ai testimoni oculari del fatidico bombardamento e ne è venuta fuori una versione diversa (e sembra anche attendibile) rispetto a quella costruita e affidata alla storia ufficiale.

L'immagine in questione non sarebbe stata ripresa sul luogo della tragedia, ma nel contiguo quartiere San Giovanni dove i cittadini romani, pur avendo avvertito l'eco del bombardamento, non si erano resi conto della portata della catastrofe. In essa Pio XII è ripreso con le braccia aperte verso una fitta folla, ma, ci fa notare un testimone oculare del bombardamento, i soggetti sono tutti ben messi, alcuni addirittura hanno i capelli impomatati con la brillantina. Dopo il bombardamento, continua l'attendibile testimone, qui a San Lorenzo, eravamo tutti bianchi per i residui della polvere e dei calcinacci, spaventati e assetati. E noi aggiungiamo ancora un particolare. Nella fotografia compaiono diversi militari e agenti di pubblica sicurezza. I primi sono a capo scoperto evidentemente in segno di devozione, i secondi con il capo coperto dal berretto, anche con il sottogola ben teso. Tutto lascia supporre che se essi fossero stati sul posto del massacro, avrebbero dovuto prodigarsi a favore dei civili più degli altri e quindi ben diverse sarebbero state le condizioni delle loro uniformi.

Un falso fotografico? Sulla scorta di queste considerazioni sembrerebbe di sì.
Se aggiungiamo la speculazione politica che ne seguì, ognuno potrà trarre le proprie conseguenze.

L'attento servizio del quotidiano, attraverso le dichiarazioni di Luigi Oggianu, dell'archivio fotografico dell'Istituto Luce, lancia altri e più attuali e inquietanti segnali. Il portale Corbis di Bill Gates e il Paul Getty Institut si avviano a detenere il duopolio mondiale degli archivi fotografici storici, ovvero della memoria dell'umanità. Ma perché si verificano questi fenomeni? Le istituzioni culturali, almeno da noi, non si sono mai dimostrate particolarmente sensibili verso la fotografia. Una politica di sostegno per la tutela degli archivi, se si eccettua qualche opinabile intervento legislativo recente, è stata ed è di fatto inesistente. Quindi quando cessa l'attività di uno studio o bisogna far spazio in casa per far posto al nuovo televisore, ben vengano portali e siti disposti ad acquisire le immagini pagando magari qualcosa. Con questi passaggi avviene, ovviamente, la trasmissione di ogni diritto di utilizzazione. Ma, avverte ancora il servizio, chi ci garantirà una volta che queste fotografie verranno pubblicate, che non sono state sottoposte a trattamenti di ritocco elettronico che ne possano distorcere il reale valore testimoniale non essendovi più la possibilità di riscontro? L'eventuale intervento di ritocco sull'opera fotografica che può integrare la violazione dell'l'integrità dell'opera, secondo la legge vigente, dovrebbe essere autorizzato dall'autore il quale, ovviamente, avrebbe ogni interesse che il messaggio contenuto nell'immagine non venga alterato. È vero che tale diritto permane anche dopo la cessione delle fotografie ma essendosi l'autore spogliato di esse - si suppone anche delle matrici - lastre, fotocolor o negative, come potrà dimostrare la violazione dei suoi diritti? L'autore, e la stessa storia, verrebbero quindi a trovarsi in stato di soccombenza irreversibile. Si potranno evitare tali problemi o si tratta dello scotto che dobbiamo necessariamente pagare alla evoluzione tecnologica? Un futuro non lontano darà la risposta a questo inquietante quesito.

Gianfranco Arciero © 09/2001
Riproduzione Riservata

La fotografia dell'Istituto Luce pubblicata dal quotidiano romano "Metro". Per oltre mezzo secolo si è ritenuto che la storica immagine fosse stata ripresa nella Capitale nel quartiere San Lorenzo dopo il tragico bombardamento del 1943. Ma alcune attendibili testimonianze sembrano confutare questo dato.