JULIUS SHULMAN. ARCHITECTURE AND ITS PHOTOGRAPHY
Valerio Berdini, maggio 2000

Le immagini del fotografo americano Julius Shulman riempiono questo bellissimo volume, edito con la usuale maestria da Taschen, che copre l'arco completo della carriera di uno dei maggiori fotografi di architettura statunitensi.

Nadir Magazine ©Molto prima dell'avvento dello smog che vela il cielo delle moderne metropoli, le immagini bianco e nero di Shulman riportano lo splendore delle più importanti opere architettoniche che hanno coperto il territorio americano.

Una carriera che si è estesa per quasi 60 anni: Shulman, oggi 88enne, nacque nel Connecticut per spostarsi da bambino in California, restando nelle colline intorno ad Hollywood fino agli anni '50. Assieme alla moglie vive in una villa "sepolta" da una vegetazione selvaggia che lui chiama giungla; "stare tra la natura è rilassante", ha raccontato in una intervista.

"Non devo lavorare duro per ottenere buone immagini", prosegue Shulman, "mi vengono naturalmente"; il fotografo iniziò la sua carriera casualmente quando con la sua prima macchina fotografica, nel 1936, scattò 6 foto della "Kun House" di Richard Neutra. L'illustre architetto, grazie ad un amico in comune, ebbe l'occasione di vedere le immagini. Neutra, l'antesignano del movimento "Modernista Californiano", se ne innamorò, coniò il termine "The Shulman Eye." (L'occhio di Shulman) e diede il via alla carriera fotografica di Shulman che proseguì fotografando le opere di architetti come R.M. Schindler, Gregory Ain, J.R. Davidson, Raphael Soriano e, non ultimo, F. L. Wright.

Man mano che le penetranti immagini di Shulman permettevano agli stessi architetti di osservare le loro opere da una prospettiva che quasi non avevano mai immaginato, la sua fama si espanse, dagli architetti alle riviste, dagli editori agli storici fino a creare attorno a sé una vera e propria cerchia di ammiratori del suo lavoro.

Le foto di Shulman fondono il mistico con l'essenzialismo della corrente modernista.

Ogni foto può essere considerata come una sinfonia in cui ogni particolare è lo strumento che dà il suo contributo melodico sotto la sapiente direzione del fotografo-conduttore.

"Julius crea uno stile che rispecchia perfettamente la natura dell'architettura che ama fotografare", dirà in un intervento Robert Sobieszk, curatore della sezione fotografica del "Los Angeles County Museum of Art" e grande estimatore del fotografo.

Dal "Pierre Koenig's Case Study House #22" con i suoi due angeli galleggianti tra le luci della città, fino alla Freeman's House del grande F. L. Wright con uno sguardo interno-esterno sulla "città degli angeli", Shulman ha sempre inseguito con le sue immagini il lato mitico di Los Angeles rendendola come raramente è stato fatto da altri.

L'aspetto tecnico è istintivo nella fotografia di Shulman, che ha spesso deriso coloro che "scattano una foto dopo l'altra confidando in un'immagine buona grazie alla legge della probabilità". "Non ho mai messo la macchina sul treppiede finché non ho osservato quello che stavo cercando di vedere", dice Shulman che non nutre fiducia in quei fotografi che puntano tutto sul lato tecnico della fotografia.

Conosciuto nel suo ambiente come "One-shot man", Shulman si è costruito una reputazione con la fama di colui che ottiene l'immagine finale al suo primo scatto e che portò il fotografo ad ammettere, orgogliosamente: "È come se avessi un esposimetro incorporato nel mio cervello, quando decido di scattare un'immagine mi consente di farla uscire come l'ho pensata".

Dopo aver sopravvissuto per anni a molte critiche oltre che ai meriti e ai premi da ogni parte del mondo, Shulman si è ritirato ufficialmente dalle scene nel 1986, stanco e anche contrariato dalle tendenze dell'architettura contemporanea che non lo hanno mai del tutto convinto.

Recentemente, dopo prolungate discussioni con Frank Gehry (che ha scritto la prefazione al libro), Shulman ha cominciato a convertirsi alla sua filosofia, restando però titubante su buona parte delle nuove tendenze architettoniche.

Attualmente, terminata la vita da fotografo attivo, Shulman gira il mondo aprendo gallerie (come ha fatto a Berlino di recente) e insegna ai nuovi fotografi di architettura, come David Glomb con il quale ha fotografato la versione restaurata della "sua" Kofmann House a Palm Spring.

Alla presentazione di questa opera autobiografica Shulman ha scherzosamente ammesso di voler fare nuovi estimatori del suo lavoro, "ho omesso l'indice dal volume", ha dichiarato "costringendo così i miei lettori a leggerlo per intero!!!"

Siamo sicuri che anche in Italia "Architecture and its photography" sarà un volume che non mancherà tra gli scaffali di chi ama l'ottima fotografia e l'architettura.

Valerio Berdini © 5/2000
Riproduzione Riservata

Julius Shulman
Architecture and its photography
Ed. Taschen, Lire 75.000