VOLTI BIRMANI CON LO ZOOM ANGENIEUX 70-210 F/3.5
Prova su corpo Nikon FE2
Pierpaolo Ghisetti, settembre 2012

Pierre Angenieux, che vorrei ricordare in queste note, prendendo spunto da uno dei suoi obiettivi, nacque nella regione della Loira nel 1907 e in seguito frequentò la Scuola Superiore d’Ottica di Parigi. Dopo aver lavorato nei primi anni Trenta con la famosa casa cinematografica Pathè, divenne capo ingegnere della società OPTIS, sempre a Parigi. Nel 1935 decise di creare una propria società ottica nella nativa St.Heand, realizzando una serie di aggiuntivi ottici col generico nome di Retrofocus. Dopo la guerra la sua azienda divenne famosa per gli zoom cinematografici e per aver realizzato le prime focali grandangolari per apparecchi reflex, denominati appunto retrofocus, dal disegno di teleobiettivi invertiti. I suoi zoom, dai primi esemplari 3/4x1, arrivarono, negli anni Sessanta, a 8/10x1, specie per le cineprese 16mm, o per gli apparecchi da ripresa televisivi.

All’apice del successo, certificato dalla collaborazione con la NASA americana, la fabbrica contava più di un migliaio di addetti. Occorre ricordare che la famosa scena dell’astronauta americano Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla Luna, è stata girata con un obiettivo Angenieux. Dopo aver ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui anche la Legion d’Onore francese, nel 1974 decise di ritirarsi in Svizzera, dove è morto nel 1998.

La società Angenieux ha anche prodotto diverse serie di obiettivi per fotocamere, sin dai primi grandangolari per apparecchi reflex, che hanno rivoluzionato la visione fotografica, in un periodo storico in cui la focale grandangolare era appannaggio degli apparecchi a telemetro, ma con una visione attraverso un mirino aggiuntivo.

Ricordiamo, a proposito, la bellissima serie di ottiche grandangolari per apparecchi Exakta, in una affascinante finitura argentea, o quelli per la fotocamera italiana Rectaflex. La Angenieux ha avuto anche l’onore di essere la prima fornitrice di ottiche zoom per apparecchi Leicaflex nel 1969, con lo zoom 45-90/2.8, convenzionale nella lunghezza focale ma molto luminoso per tutta la zoommata, e molto corretto nella distorsione. Inoltre la società francese è stata tra le poche ditte che ha fornito ottiche aliene per il sistema Contax a telemetro, un 35 e un 90mm e, naturalmente, occorre ricordare gli zoom universali, il punto forte della casa, tra cui un 35-70 e il 70-210/3,5, che presentiamo in queste note (l'articolo sullo zoom 35-70 è disponibile su Nadir in questa pagina).

Questo obiettivo, offerto nei primi anni Ottanta, ad un prezzo intorno ai 2.300.000 Lire, variabile in base all’innesto prescelto, era composto da 15 elementi in 11 gruppi, con un peso di quasi 800g, e si caratterizza per un elegante barilotto in policarbonato scanalato a doppia ghiera, una messa a fuoco minima di 80 centimetri e un diametro filtri di 62mm. La lunghezza fisica del barilotto è di 17,5cm.

Tutte le ottiche della Casa francese da me utilizzate nel corso degli anni, e questo zoom non fa eccezione, si contraddistinguono per una resa cromatica caratterizzata da purezza e freddezza dei colori, sempre ben separati, che aumentano il senso d’incisione generale dell’immagine, anche se poi in realtà questa non è spinta al massimo. Infatti la risolvenza è discreta ai primi due diaframmi di lavoro, mentre è buona a f/5,6. Si nota un calo di risolvenza alla focale da 100mm, e, incredibilmente, questa recupera alla focale massima, che spesso rappresenta invece il punto debole di questi tipi di zoom. Distorsione e vignettatura sono entrambe in progressivo, leggero aumento con l’aumentare della focale. Una delle caratteristiche positive di questo obiettivo, che comunque rimane una caratteristica in generale delle ottiche della Casa francese, è la magnifica compensazione delle zone di luce e di ombra, capacità che permette di ottenere immagini mai troppo contrastate e leggibili nei particolari in ombra. Ottima la manovrabilità delle due ghiere, molto ben frizionate e molto buona la minima distanza di messa a fuoco (si pensi che il leggendario Leitz Apo Telyt arriva a 2,5 metri mentre qui si può arrivare a 80cm), caratteristica che mi ha permesso di ottenere dei particolari notevoli nei soggetti ripresi nelle campagne birmane, riducendo altresì la profondità di campo (che, come è noto, diminuisce con il diminuire della distanza), e quindi staccando completamente il soggetto dallo sfondo, isolandolo ulteriormente con una focale quasi sempre compresa tra 150 e 210mm.

Naturalmente per ottenere una più che buona incisione occorre una precisa messa a fuoco, visto che per ottenere tempi di otturazione elevati, intorno al 1/250 di sec, occorre lavorare tra f/3,5 e f/4.
Tra i difetti strutturali di questo tipo di obiettivo ricordo il fatto che talvolta il policarbonato tende a creparsi e le vitine della struttura ottica sono delicatissime una volta tolte. Inoltre, purtroppo, il paraluce, che personalmente uso sempre nei viaggi come protezione contro i riflessi e della lente frontale, è separato e non facilmente reperibile; a questo proposito forse era migliorabile il trattamento antiriflessi. La luminosità, comparata con un esposimetro esterno, è leggermente più chiusa del dichiarato, ed arriva sino a f/4 alla focale di 210mm.
La collaborazione delle persone incontrate nel lungo itinerario on the road, la loro disponibilità e gentilezza, tipicamente asiatica, mi ha altresì aiutato a comporre diverse immagini dello stesso soggetto e poi a scegliere quella, a mio parere, più riuscita. Tutte le foto a corredo cono state scattate con Nikon FE2 e zoom Angenieux: un’accoppiata robusta e maneggevole, per di più agevolata dall’automatismo della Nikon, che anche in unione col suo motore, non ha mai sbagliato un colpo.

Pierpaolo Ghisetti © 09/2012
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