TEST CANON TS-E 24MM F/3.5L II
Michele Vacchiano, novembre 2012

Chi ci legge con una certa continuità si sarà senz'altro imbattuto nei nostri articoli sugli apparecchi a corpi mobili e sulla descrizione dei movimenti di decentramento (shift) e basculaggio (tilt/swing).

Torino. Parco Dora, area Vitali. Qui sorgevano i giganteschi capannoni per la lavorazione dell'acciaio, le famose (e famigerate) "Ferriere" della Fiat. Per volontà dei progettisti, le tracce del passato industriale sono ora inglobate nell'area verde, insieme a murales dedicati ai centocinquant'anni dell'unità d'Italia e ai personaggi - politici e intellettuali - che la realizzarono. Il murale dedicato a Cavour, accanto a un altro raffigurante il monumento a Vittorio Emanuele II, era situato troppo in alto rispetto al punto di ripresa: con la macchina in asse sarebbe apparso tagliato nella parte superiore. In compenso sarebbe stata ripresa un'inutile parte di selciato in primo piano.

Inclinando la macchina verso l'alto si sarebbe ottenuta un'immagine come quella illustrata qui: il soggetto sarebbe stato ripreso nella sua interezza, ma deformato dalla convergenza delle linee verticali.

Il decentramento verso l'alto dell'obiettivo ha consentito di riprendere per intero il murale, mantenendo però il piano focale parallelo al piano del soggetto ed evitando così l'insorgere delle verticali convergenti. Un'eventuale correzione effettuata in postproduzione sarebbe ovviamente stata possibile, ma avrebbe alterato le proporzioni dell'immagine alterandone oltretutto la qualità.

Il basculaggio in avanti permette di applicare la regola di Scheimpflug e di mantenere a fuoco tanto il primissimo piano quanto lo sfondo. Purtroppo il piccolo mirino delle reflex (contrariamente al generoso vetro smerigliato degli apparecchi a banco ottico) non permette di verificare con la dovuta precisione la messa a fuoco dei piani, per cui è necessario aiutarsi "a occhio" e chiudere il diaframma per compensare eventuali inesattezze.

Anche in questo caso un leggero basculaggio verso destra ha permesso di mettere a fuoco il primo piano mantenendo nitido anche lo sfondo. Qui però è stato necessario chiudere molto il diaframma, per evitare che il portone a sinistra finisse fuori fuoco: la regola di Scheimpflug vale se applicata a un piano del soggetto (due piani se si usa un apparecchio a corpi mobili, a patto che i piani abbiano una retta in comune), non a tutti!

Volendo riassumere e semplificare in modo quasi irresponsabile, ricorderemo che per "decentramento" si intende lo spostamento dell'asse di ripresa ottenuto mediante uno scivolamento reciproco dell'obiettivo e del piano focale, che rimangono sempre e comunque paralleli fra loro. Negli apparecchi a corpi mobili il decentramento (tanto verticale quanto orizzontale) può interessare solo il corpo anteriore (quello con la piastra portaottica), solo il corpo posteriore (quello con il dorso portapellicola o digitale), oppure entrambi. In ogni caso l'effetto finale è sempre lo stesso.

Il decentramento permette, tra le altre cose, di mantenere il piano focale parallelo al piano verticale del soggetto, evitando così l'insorgere del fenomeno delle verticali convergenti anche se si riprende un edificio di notevole altezza. E' noto, infatti, che decentrando verso l'alto il corpo anteriore diventa possibile inquadrare un edificio nella sua interezza senza dover inclinare verso l'alto la macchina, cosa che normalmente si è obbligati a fare con le macchine a corpi fissi ma che induce, appunto, la convergenza delle linee verticali.

Analogamente, il decentramento verticale verso il basso consente la ripresa di soggetti con lati paralleli (boccette di profumo, bottiglie, scatole) mantenendone le corrette proporzioni ed evitando, anche in questo caso, il convergere delle verticali verso il basso, come invece avverrebbe inclinando la camera.
Un altro vantaggio del decentramento (sul piano orizzontale, questa volta) è dato dalla possibilità di riprendere superfici riflettenti restando laterali rispetto ad esse: in questo modo è possibile fotografare uno specchio o una vetrina senza che il fotografo e la macchina ne risultino riflessi.

Per "basculaggio" si intende lo spostamento angolare dell'asse di ripresa, in modo che esso risulti non più perpendicolare al piano focale, ma lo intersechi secondo un angolo più o meno ampio. Il basculaggio può avvenire ruotando il corpo lungo l'asse verticale (basculaggio destra/sinistra o swing) oppure lungo l'asse orizzontale (basculaggio avanti/indietro o tilt). L'asse di rotazione dei corpi può essere centrale rispetto al corpo stesso oppure variamente decentrato, allo scopo di facilitare la messa a fuoco anche quando il corpo è basculato.
Il basculaggio permette di applicare la regola di Scheimpflug, in base alla quale quando il piano del soggetto, il piano dell'ottica e il piano focale si incontrano generando un'unica retta, tutto appare a fuoco indipendentemente dal diaframma utilizzato e dall'ingrandimento al quale si sottoporrà il negativo.
Al contrario, il basculaggio può essere utilizzato per sfocare tutti i piani dell'immagine (disapplicando la regola di Scheimpflug) tranne uno, allo scopo di concentrare su un elemento specifico l'attenzione dello spettatore: ad esempio permette di mettere a fuoco un orecchino sfocando il resto del volto della modella.

I principi del decentramento e del basculaggio sono applicati al pieno delle loro possibilità negli apparecchi a corpi mobili, ma anche (con maggiori limitazioni) negli obiettivi decentrabili e basculabili, contrassegnati - a seconda delle case produttrici - dalla sigla PC (perspective control) o dalla sigla TS (tilt and shift).

Il Canon TS-E 24mm f/3.5 L esiste in due versioni: con e senza la notazione II. Ovviamente questa è la versione più recente, decisamente migliorata rispetto alla precedente, non solo dal punto di vista ottico, ma anche per quel che riguarda le possibilità di movimento.

La costruzione di un obiettivo capace di spostare lateralmente e angolarmente un intero gruppo ottico porta con sé alcuni effetti collaterali di non poco conto.
Il primo è rappresentato dall'impossibilità di messa a fuoco automatica. Pur essendo uno svantaggio trascurabile in un grandangolare, di questo deve tenere conto chi è abituato a lavorare sempre e comunque con l'autofocus inserito.
Il secondo è rappresentato da un costo maggiore rispetto a obiettivi tradizionali di analoga focale. Bisogna tuttavia tenere conto che la progettazione di un'ottica del genere richiede - oltre a un cerchio di copertura più ampio - la risoluzione di importanti problemi relativi alla resa ai bordi, soprattutto quando il gruppo ottico anteriore è fortemente decentrato.
Infine occorre mettere in conto un peso decisamente maggiore di quello che si avrebbe utilizzando un'ottica tradizionale di pari lunghezza focale: questo è dovuto non solo alla presenza dei meccanismi che rendono possibili gli spostamenti, ma anche alle maggiori dimensioni delle lenti (che - come già detto - devono assicurare un cerchio di copertura maggiore della diagonale del fotogramma).

In un obiettivo del genere la precisione e l'affidabilità sono fondamentali: il Canon 24 TS è costruito molto bene, con corpo in metallo e tolleranze molto strette.
Lo schema ottico consta di 16 lenti in 11 gruppi e include un elemento asferico e tre elementi a bassa dispersione. La distanza minima di messa a fuoco è pari a 21 centimetri. Il decentramento massimo è pari a 12 millimetri, mentre il basculaggio raggiunge gli 8,5 gradi. Misure che possono far sorridere chi è abituato agli ampi spostamenti garantiti dai corpi mobili, ma non dimentichiamo che si sta parlando di formati molto più piccoli, sui quali anche un minimo spostamento ha effetti importanti.

L'obiettivo può ruotare in ogni direzione per definire il senso dei movimenti (a seconda che si fotografi con la macchina in orizzontale o in verticale). Una manopola di blocco consente di fissare lo spostamento nella posizione voluta.

Il paraluce fornito in dotazione ha uno spessore molto inferiore a quanto sarebbe necessario per una focale di questo genere, ma bisogna considerare che un paraluce più "regolare" rischierebbe di causare forti vignettature quando l'obiettivo è dislocato (come ben sa chi lavora con i corpi mobili e che usa complicati paraluce a soffietto capaci di seguire i movimenti dei corpi).
La risposta dell'obiettivo alle situazioni di forte controluce è quella che ci si aspetta da uno schema ottico così complesso, per cui è consigliabile evitare di inquadrare direttamente le fonti di luce.

Il livello di distorsione è molto contenuto (circa 0,9%), il che è semplicemente doveroso in un obiettivo pensato per l'architettura.
La vignettatura è anch'essa estremamente contenuta, anche grazie all'ampio angolo di copertura dell'ottica, e in ogni caso diviene inconsistente a f/5,6. Se l'obiettivo viene decentrato, è consigliabile utilizzare diaframmi più chiusi (da f/8 in avanti) per ridurre la caduta di luce ai bordi (correggibile comunque in postproduzione).

Gli spostamenti estremi causano - come è naturale - un proporzionale peggioramento dell'immagine ai bordi, soprattutto alle aperture maggiori. Il migliore compromesso si raggiunge a f/8, mentre chiudendo ulteriormente il diaframma tutta l'immagine diventa più "morbida" a causa degli effetti della diffrazione. Ma poiché per fotografare l'architettura si utilizza obbligatoriamente il cavalletto, diventa facile usare il diaframma al quale l'obiettivo lavora meglio, senza curarsi del tempo di otturazione.

Nel complesso, possiamo dire che l'obiettivo si comporta in modo eccelso tra f/5,6 e f/11 quando il grado di spostamento è contenuto. Quando è decentrato al massimo la qualità di immagine del bordo più estremo appare visibilmente inferiore della qualità al centro, ma fortunatamente è abbastanza raro dover fare ricorso a spostamenti esasperati.

Michele Vacchiano © 11/2012
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