IBRIDI. Ovvero: strani incroci tra vetri e corpi
Soluzioni alternative per la macrofotografia su corpi Canon
Michele Vacchiano, febbraio 2007

Con tutto il rispetto e l'apprezzamento per gli obiettivi originali, proseguono i nostri esperimenti non proprio ortodossi sull'ibridazione tra lenti Zeiss/Contax e corpi Canon. Con risultati da non disprezzare. Michele Vacchiano ha provato a montare sulla Eos 5D il soffietto Contax Auto PC (capace - raro caso nel piccolo formato - di basculaggio per il controllo della prospettiva) e l'eccellente ma ormai introvabile S-Planar "bellows" 100mm f/4. Ecco il resoconto e le immagini della sua prova su strada.

Fu all'inizio degli anni Ottanta che acquistai il soffietto Contax Auto PC (qui l'articolo che ne illustra le caratteristiche) e il macro da 100mm "bellows" (qui il relativo articolo). L'acquisto era dettato non solo dalla mia passione per la macro, ma anche dalla necessità di elaborare immagini di buona qualità per il libro Macrofotografia, che all'epoca stavo preparando e che fu poi pubblicato da Hoepli nel 1985. Usai poi soffietto e obiettivo anche per altre pubblicazioni, come Pipe da collezione (Cuneo, L'Arciere, 1987) e La riproduzione fotografica di documenti (Bologna, Zanichelli, 1987) oltre che per diversi altri lavori. Fui sempre molto soddisfatto della resa eccellente dell'obiettivo alle brevi distanze (all'infinito o a distanze medio-lunghe la resa è un po' "piatta"), ed anche delle possibilità di controllo della prospettiva garantite dal soffietto basculabile.

Poi, soffietto e obiettivo restarono inutilizzati per molti anni. Se si esclude qualche piccolo lavoro per l'editoria specializzata, non mi occupai più - se non saltuariamente - di macrofotografia sul campo. L'approdo al grande formato e il conseguente cambio di mentalità che questo comporta mi costrinsero a dedicarmi alle riprese statiche di paesaggio e di architettura: con un banco ottico da cinque chili non è così agevole inseguire le farfalle tra i fiori!

La configurazione che utilizzavo per la macrofotografia "vagante" era frutto di lunghe prove e aveva raggiunto un notevole grado di efficienza. Il corpo macchina (Contax 137 MD Quartz con winder incorporato o RTS-II equipaggiata con Real Time Winder) era fissato al soffietto e su questo era montato l'obiettivo. La scelta del soffietto in luogo dei tubi di prolunga (che molti consigliano perché "più robusti") era dettata da due semplici ragioni.
La prima era che l'allungamento graduale e costante del soffietto permette di scegliere con continuità il rapporto di riproduzione più adatto al soggetto, senza dover montare e smontare tubi alla ricerca dell'ingrandimento voluto (attività scomoda e rischiosa per l'attrezzatura, specialmente sul campo). La presunta maggior delicatezza del soffietto non è un problema, basta avere un po' di cura e attenzione.
La seconda era dettata dalla caratteristica più interessante del Contax Auto PC, e cioè la capacità di ruotare il corpo anteriore di 360 gradi. Questo non solo consentiva un controllo quasi ottimale della prospettiva, paragonabile (anche se con i dovuti limiti) a quello ottenibile con un apparecchio a corpi mobili, ma - vantaggio apprezzabile specialmente sul campo - rendeva agevole il capovolgimento dell'ottica (consigliabile per rapporti di ingrandimento pari o superiori a 1:1) senza bisogno di ricorrere ad anelli di inversione. In questo modo si manteneva anche l'automatismo del diaframma.
Un automatismo sui generis, a dire il vero, perché la capacità di basculaggio del corpo anteriore non permetteva di utilizzare i meccanismi classici di trasmissione. I tecnici della Contax avevano brillantemente risolto il problema grazie ad un cavetto elettrico esterno, che collegava il soffietto al corpo macchina. Uno scatto flessibile meccanico, collegato alla piastra portaottica, provvedeva a chiudere il diaframma al valore di lavoro e contemporaneamente faceva partire un segnale elettrico che - attraverso il cavetto - faceva scattare l'otturatore. Ovviamente tutto funzionava anche con l'obiettivo invertito. Semplice e geniale.

Montavo poi macchina, soffietto e obiettivo su una staffa a due bracci orientabili, appositamente prodotta da Manfrotto, che permette di posizionare due flash tanto in orizzontale, ai lati della camera, quanto in verticale, grazie a una base che può essere ruotata di 90 gradi.


Il tutto era sorretto da un'impugnatura a pistola con cavetto di scatto flessibile. All'insieme, piuttosto pesante ma stabile, venivano aggiunti due flash laterali montati sulla staffa e un flash TTL (il "mitico" TLA-30) sulla slitta a contatto caldo, con la funzione di equilibrare i contrasti e illuminare lo sfondo, che nella ripresa di insetti diurni deve apparire sfocato ma non nero. Il flash TTL si autoregolava in base alla luce emessa dai due piccoli flash manuali e alla luce ambiente (di fatto irrilevante). I due flash laterali erano collegati a sincrocellule che ne comandavano l'accensione in contemporanea al flash TTL ed evitavano il proliferare di fili e cavetti.
In alternativa, usavo un flash anulare Sunpak come luce di schiarita generale e un flash TTL laterale come luce principale.

Recentemente, dovendo produrre alcune immagini di fiori, ho provato a rispolverare la mia attrezzatura sostituendo alle Contax un corpo Eos 5D. Ovviamente si sono resi necessari diversi adattamenti.
Prima di tutto è stato necessario rinunciare all'intelligente soluzione Contax per la trasmissione dell'automatismo del diaframma: il Planar e la Eos "non si parlano", naturalmente, per cui diventa necessario lavorare in stop-down. Questo allunga i tempi operativi e può rivelarsi un impiccio quando si lavora sul campo. Per fortuna il cavetto flessibile che chiude il diaframma dell'obiettivo al valore preimpostato funziona sempre, per cui è possibile effettuare inquadratura e messa a fuoco a tutta apertura e poi premere il pulsante del cavetto: in questo modo il diaframma si chiude più rapidamente di quanto avverrebbe ruotando la ghiera, il che consente di scattare con una certa rapidità.
Il secondo problema è costituito dal fatto che il Sunpak deve essere usato in manuale e il diaframma di lavoro va deciso in base all'esperienza. Fortunatamente, la possibilità di verificare l'esposizione corretta subito dopo lo scatto minimizza l'inconveniente: basta una prova per essere ragionevolmente sicuri che i risultati resteranno costanti anche negli scatti successivi, a patto di non variare in modo significativo il rapporto di riproduzione.
Per il resto la configurazione non cambia: macchina, obiettivo e soffietto su staffa Manfrotto (fissata sotto il soffietto in corrispondenza del baricentro del sistema), impugnatura a pistola con flessibile per chiudere manualmente il diaframma, flash anulare Sunpak e flash manuale (collegato a sincrocellula) su una delle staffe laterali.

Per essere perfetti bisognerebbe avere tre mani: la sinistra per sostenere la pistola e azionare il flessibile che governa la chiusura del diaframma; la destra sul pulsante di scatto della Canon, da azionare subito dopo avere chiuso manualmente il diaframma; la terza (anche questa a destra) per regolare il rapporto di ingrandimento mediante allungamento del soffietto. Ma quest'ultima operazione può essere eseguita preliminarmente: con una certa esperienza si riesce ad intuire (anche senza inquadrare) il valore di R necessario per ogni specifico soggetto.

Il flash Sunpak, aggiunto al flash principale, determina una "potenza di fuoco" piuttosto elevata. Questo è di fatto un vantaggio, in quanto permette di usare diaframmi chiusi ottimizzando la profondità di campo, sempre critica alle brevi distanze. Il Planar 100mm f/4 arriva a f/32: quando si fotografano insetti questo è il valore di lavoro più usato!

Talvolta, nonostante il diaframma chiuso, la luce è ancora troppa. Questo si verifica quando il rapporto di riproduzione non è elevato (e pertanto non si determina una significativa caduta di luce). E' soprattutto la fotografia di fiori (mediamente più grossi degli insetti) a porre questo problema. In questo caso è bene poter utilizzare lampeggiatori dotati della possibilità di ridurre l'emissione luminosa. Il Sunpak permette di lavorare fino a un sedicesimo della potenza totale. In alternativa, è raccomandabile schermare la parabola con pannelli o filtri grigio-neutro.

A questo punto non resta che pubblicare e commentare alcune immagini.


Rapporto di riproduzione modesto per questa immagine scattata al mercato di Cherasco. Un solo flash con diffusore posizionato a sinistra in alto.


Hibiscus rosa-sinensis (fam. Malvaceae). Il flash laterale è stato decentrato a sinistra, con effetto di parziale controluce, per esaltare la lucentezza perlacea dei petali illuminati anche per trasparenza.


Melograno (Punica granatum, fam. Punicaceae). Contrariamente al solito l'apertura del diaframma è stata mantenuta su valori intermedi per privilegiare la messa a fuoco sul fiore lasciando meno definiti i rami in secondo piano. La luce del flash è stata bilanciata in modo da non escludere quella solare.


Cattleya aurantiaca (fam. Orchidaceae). La necessità era quella di illustrare la specie in modo chiaro e leggibile senza particolari effetti plastici o di luce. Ho lasciato che l'illuminazione avvolgente e uniforme del flash anulare svelasse il soggetto nella sua interezza. Ne risulta un'immagine forse un po' piatta ma leggibile in ogni sua parte.


Vanda coerulea (fam. Orchidaceae). Volevo che la bellezza delle orchidee non fosse disturbata da uno sfondo leggibile. Ho scattato con un diaframma molto chiuso illuminando col flash a piena potenza. In questo modo lo sfondo è apparso nero, cioè non esposto.


Rana esculenta. La ranocchia immersa nell'acqua limpida di un laghetto alpino è illuminata dalla luce solare. Il rapporto di ingrandimento non elevato e il diaframma chiuso a valori intermedi hanno permesso un tempo di otturazione compatibile con l'uso a mano libera.


Mantis religiosa (fam. Mantoidei) su tronco di pino domestico (Pinus pinea) nella pineta di Cervia (Ravenna). Lo sfondo, sottoesposto e sfocato ma non nero, contestualizza il soggetto nel suo ambiente naturale.


Un dittero (fam. Syrphidae) si nutre su un fiore di tarassaco (Taraxacum officinalis).

Michele Vacchiano © 02/2007
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