CONTAX NO NAME
ovvero: come trasformare una Kiev in...
Pierpaolo Ghisetti, maggio 2010

Come nel mondo delle copie Leica, con richiami e falsificazioni che si rincorrono nel tempo e nello spazio, dal Giappone all'Italia, attraverso l'Inghilterra, anche nel mondo Contax esistono continui rimandi a copie, come le Kiev o a rifacimenti originali, come le Nikon.

Tra questi estremi, a metà strada tra il falso e l’invenzione insolita, si colloca la Contax No Name, misteriosa filiazione di un mondo Oltre Cortina, che gioca sull’ambiguità di una macchina singolare, più nella provenienza che per le sue caratteristiche tecniche.
Se infatti la tecnologia è dichiaratamente di derivazione Zeiss Ikon, ovvero si tratta di una Contax II degli anni Trenta, senza il marchio sulla piastra frontale (appunto Senza Nome) la sua comparsa nel mercato degli anni Sessanta solletica la curiosità del collezionista di oggetti strani e misteriosi, giocando più sulla reale provenienza e sul particolare passato, che sulla tecnica, ormai assimilata e acquisita. Perché il vero interrogativo che la macchina pone non è nella fotocamera in sé ma nella contemporanea presenza dell’ottica originale Sonnar della Carl Zeiss Jena.
In definitiva è proprio questa commistione a spiazzare l’acquirente e a rappresentare il fascino della combinazione.
Infatti la vera domanda che si pone chi si avvicina alla Contax No Name è da dove provenga la misteriosa fotocamera: si tratta di una vera Contax costruita a Dresda e dotata di normali ottiche Zeiss, obbligata ad assumere un anonimato perfettamente riconoscibile per cause dovute all’occupazione sovietica, pur di essere commercializzata sul mercato USA, oppure si tratta, come nelle false Leica, di una furba copia, che sfrutta l’ambigua situazione del mistero produttivo della Cortina di Ferro?
Del resto la denominazione con cui era conosciuta la fotocamera favoriva più una derivazione di marca tedesca che una nascita sovietica, e già in questo incanalava un’aspettativa che cercava una spiegazione a Dresda piuttosto che in Ucraina.

Una Kiev No Name non avrebbe certo attirato l’attenzione, ma il furbo, e in fondo truffaldino, riferimento al famosissimo marchio tedesco, alimentava vicende oscure e misteriose.
Oggi sappiamo che la pseudo Contax/Kiev No Name è frutto di una collaborazione URSS/DDR che, tramite fotocamere Kiev senza marchio, ha tentato di smerciare ottiche Carl Zeiss Jena rimaste invendute nella città della DDR, dopo la chiusura nel 1960 della linea Contax, da parte della Zeiss Ikon di Stoccarda, nella Germania Federale.
L’idea di creare un mercato, indubbiamente di nicchia ma evidentemente importante, per una linea di obiettivi rimasti invenduti a causa della cessazione della produzione delle fotocamera Contax, è sicuramente originale e accattivante, poiché si serve di uno degli elementi caratterizzanti del mondo Oltre Cortina, in altre parole il Mistero.
Infatti, è proprio sull’ambiguità che si basa il fascino della Contax No Name: si sa che le prime Kiev furono costruite a Jena tra il 1947 e il 1948 sulla base di autentiche Contax ma con il marchio Kiev, in attesa che la produzione, bloccata da mille impedimenti, si trasferisse negli stabilimenti della città ucraina, ancora distrutti dalla guerra. Chi acquistava la No Name sperava pertanto di impossessarsi del mitico Anello Mancante: una Contax che stava diventando Kiev e di una Kiev che era ancora una Contax. E proprio per questo riconoscibile in tutto ma senza marchio, in quanto massimo esempio di doppia personalità.
Insomma, la No Name avrebbe dovuto rappresentare il passaggio epocale tra la tecnologia elitaria tedesca e la produzione di massa sovietica, il momento storico in cui l’URSS, grazie alla vittoria militare, s’impossessava dei segreti della manifattura industriale della Zeiss Ikon, ma anche il momento in cui la storia di questa fotocamera, che sembrava seppellita sotto le macerie del terrificante bombardamento di Dresda del febbraio del 1945, trovava una continuazione insospettata, anche se sotto altro marchio. Inoltre in alcuni esemplari compariva la famosa incisione URSS occupied Germany, che faceva credere si trattasse di una fotocamera del primo dopoguerra, quando la Germania era ancora sotto occupazione Sovietica, facendo il verso al made in Occupied Japan delle Nikon del dopoguerra, effettivamente costruite nel Giappone occupato. Pochi all’epoca notarono che se la scritta sulle Nikon in lingua inglese aveva un senso. in quanto il Giappone era stato occupato dagli USA, meno ne aveva quella della Contax No Name, che, a rigor di logica, avrebbe dovuto essere in cirillico.

Questo complesso sistema d’intrecci, tra storia, caos del dopoguerra, e manifattura fotografica particolare ha provocato un piccolo mito che ha fatto schizzare il prezzo di queste fotocamera alle stelle, specie negli USA, ove la No Name negli anni Settanta ha rappresentato un vero must to have per molti collezionisti, che inseguivano e strapagavano questa fotocamera più che una Contax autentica.
Alla fin fine l’idea semplice e geniale venuta a qualcuno a Jena (o a Kiev?) di creare ex novo una nuova fotocamera con fondi di magazzino che presentasse Mistero (senza marchio), ottiche originali (i Sonnar invenduti) e ambiguità storiche (Occupied....) si è concretizzata in una realizzazione venduta ad un prezzo che era dieci volte quello di una normale Kiev!
Così termina la piccola storia di una fotocamera che in realtà era nata come una semplice ed anonima Kiev, ma che, una volta abilmente trasformata, evocava avvenimenti storici epocali: una vicenda indicativa di come un’idea ben alimentata può presentare suggestioni molto forti in un mondo sempre alla ricerca del pezzo storico e particolare.

Pierpaolo Ghisetti © 05/2010
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