FED TSVVS: IL SIMBOLO DELLA SCONFITTA
Pierpaolo Ghisetti, marzo 2013

Verso la metà degli anni settanta mi trovavo per lavoro alla Fiera di Lipsia, allora nella Deutsche Demokratische Republik: decisi di visitare finalmente la città di Dresda, che dista solo un centinaio di chilometri.

Feci l'apposito visto e presi il treno dalla grande stazione di Lipsia, allora ancora piena di locomotive a vapore.
Il primo impatto con quella che era un tempo la magnifica città, definita prima della guerra la 'Firenze sull'Elba' per l'incredibile concentrazione di tesori d'arte e monumenti, fu sconvolgente: a trent'anni di distanza dalla tragica notte del febbraio del '45, quando i bombardieri inglesi e poi il giorno successivo quelli americani avevano scatenato la terrificante 'tempesta di fuoco', causando decine di migliaia di morti in un sol giorno, sembrava fossero passati solo pochi anni.

Immensi spazi pieni di macerie, statue bruciate, scheletri vuoti di palazzi giganteschi: tutto sembrava ancora ricordare la tragica notte in cui la vita della città si era fermata e l'Apocalisse si era manifestata con il gigantesco rogo durato una settimana.
Dopo aver visitato la famosa Gemaelde Galerie, una delle principali pinacoteche d'Europa e lo Zwinger, il famoso palazzo barocco, appena restaurato, mi diressi verso Schandauer Strasse, là dove la sopravvissuta Torre Ernemann, simbolo del consorzio fotografico Pentacon, mostrava con orgoglio che Dresda era sempre la capitale della fotografia tedesca, sede di decine di prestigiose ditte che avevano fatto la storia, come Zeiss Ikon, Exakta, Altissa, Beier, Balda, sino a Praktina e Praktica. In una stradina laterale trovai un piccolo negozio di fotografia, con una serie di carabattole, o almeno così mi parevano allora, in vetrina. Tra Werra, Beirette e Pentona mi parve di scorgere una macchina strana e particolare: entrai e iniziai a chiedere spiegazioni al burbero proprietario che, in un tedesco dal forte accento sassone, mi spiegò con aria di sufficienza che la macchina in questione, con un particolare fregio sul carter, era un apparecchio dedicato agli alti ufficiali sovietici. Alla mia richiesta di spiegazioni sull'obiettivo marcato Carl Zeiss Jena, montato sull'apparecchio grazie ad un innesto Contax non a vite, mi fu risposto che rappresentava la preda di guerra più ambita dai sovietici, in altre parole la dichiarata sconfitta tedesca, potendo montare la popolare FED russa la prestigiosa ottica dell'industria di Jena, vero simbolo della tecnologia del passato regime.

Allora le mie conoscenze storiche e fotografiche erano alquanto primitive, ma mi feci convincere della particolarità della TSVVS, ovvero macchina dedicata ai servizi topografici sovietici, in cirillico, e acquistai lo strano apparecchio.
Mi aggirai ancora per qualche ora, in attesa del treno di ritorno, per la grande città mutilata: al di là del fiume Elba si scorgevano immensi palazzoni, in stile brutalista socialista, uno sfregio (intenzionale?) di rara bruttezza. Il centro storico, sventrato e annerito dagli incendi, provocava un senso di angoscia che non scorderò più, la sensazione di osservare un mondo irrimediabilmente perduto, il ricordo perenne della punizione divina per tutte le colpe tedesche. O forse era proprio l'umiliazione che i vincitori sovietici volevano che i cittadini di Dresda provassero quotidianamente alla vista sconciata della loro città.

Dopo quella prima, indimenticabile visita, sono tornato diverse volte a Dresda: dopo l'unificazione delle due Germanie il grande centro storico è stato ricostruito filologicamente, ovvero come era prima del bombardamento. Il paragone con le foto scattate negli anni settanta è sconvolgente: si tratta in effetti di due differenti città, profondamente diverse non solo nella struttura fisica ma soprattutto nello spirito. Per rendersene conto basta confrontare le foto sottostanti: si tratta dello stesso palazzo da me fotografato nel 1975 e nel 2002. Pare impossibile, ma il miracolo è avvenuto: la bellezza non è solamente un fatto estetico ma anche una sensazione dello spirito, il piacere di ritrovarsi tra cose belle e uniche.
Dresda è tornata a essere la magnifica città sull'Elba, scrigno di tesori meravigliosi.

SCHEDA TECNICA
La fotocamera FED denominata in caratteri latini TSVVS, ma in realtà con un'incisione in cirillico TCBCB, è una macchina speciale, la cui sigla significa Servizio Topografico per le Forze Aeree, con le lettere incise intorno ad una stella a cinque punte con all'interno il simbolo della falce e martello. Accanto c'è l'anno di produzione ed il numero di matricola. Pertanto la fotocamera illustrata è la nr469, risalente al 1950.
La vera particolarità tuttavia risiede nell'innesto ottiche che è mutuato da quello per fotocamere Contax a telemetro, invece del classico passo a vite 39x1mm. Tuttavia la baionetta Contax è stata semplificata, montandola su un cilindro rotondo lavorato a pieno, su una piastra fermata da quattro viti. La semplificazione costruttiva, che ha eliminato il complesso accoppiamento telemetrico, permette di montare solo Sonnar 5cm di luminosità f/2 o f/1.5, evidentemente preda bellica presso la fabbrica di Jena, occupata dai sovietici dopo il ritiro delle truppe americane nel maggio 1945.

La produzione di queste fotocamere, probabilmente costruite a Kharkov in Ucraina nella fabbrica FED, si situa tra il 1949 e il 1950 in circa 1000 esemplari, infatti a tutt'oggi non si conoscono esemplari con numero di serie superiore al mille. Da notare che l'ottica CZJ possiede un numero di serie relativo al 1948 e pertanto perfettamente coeva e logicamente accoppiata alla TSVVS. La macchina pesa circa 150g più di una normale FED, a causa della pesante baionetta e del carter in ottone, e possiede la posa B al posto della Z sulla ghiera dei tempi. Inoltre gli oculari del mirino e del telemetro risultano più spessi rispetto a quelli di una FED di normale produzione.

La TSVVS era stata concepita per gli alti ufficiali sovietici e, stranamente, non è citata nelle pubblicazioni russe, forse perché appunto frutto di un assemblaggio esterno e postproduttivo.
Un affascinante connubio: preda bellica e simbolo della sconfitta.

Pierpaolo Ghisetti © 03/2013
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