HASSELBLAD 503CW: LA FINE DI UN MITO
Michele Vacchiano, maggio 2013

Hasselblad ha annunciato la dismissione dell'ultimo modello ancora prodotto della serie V, la Hasselblad 503CW.

La Hasselblad 503CW con il Planar da 80 millimetri e il dorso a pellicola da 12 fotogrammi (per rulli formato 120).

Valmianaz (Valle di Cogne, gruppo del Gran paradiso). Hasselblad 503CW con dorso digitale e Zeiss Planar 100mm f/3,5.

Lepidottero licenide su fiori di Senecio. Hasselblad 503CW con soffietto e Zeiss Makro-Planar 135mm f/5,6 "bellows". Dorso digitale V96C.

Il ghiacciaio della Mer de Glace dal Montenvers (Alta Savoia, gruppo del Monte Bianco) fotografato con la 503CW e dorso digitale V96C.

Larry Hansen, presidente e amministratore delegato di Hasselblad, ha dichiarato: “C’è una stagione per tutto. La veterana 503CW, combinata all’ampia gamma di obiettivi ed accessori intercambiabili del Sistema V, è stata per diciassette anni la fotocamera preferita di fotografi professionisti e dilettanti ambiziosi. Ma c’è stato un calo sostanziale di richieste per questa fotocamera negli ultimi cinque anni e per noi ora è venuto il momento di consegnare a malincuore il Sistema V alla storia".

I pezzi di ricambio saranno disponibili fino ad esaurimento scorte.

Aggiungiamo che la 503CW era riuscita a sopravvivere all'avvento del digitale grazie alla possibilità di montare dorsi tanto originali quanto di terze parti, garantendo (esperienza personale di chi scrive) risultati eccellenti anche grazie alla qualità degli obiettivi Zeiss.
Poi resterà in produzione solo il sistema H, interamente digitale.

Fin qui la notizia.

Come "vecchio" fotografo, nato con la pellicola, utilizzatore di Hasselblad e da sempre fedele al marchio Zeiss, posso dirmi dispiaciuto ma non troppo. Ho usato spesso la mia 503CW tanto con magazzini a pellicola quanto con dorsi digitali.

Di sicuro, fino a qualche anno fa avrei detto che si trattava di una gran bella comodità: bastava sostituire il dorso e collegare/scollegare un cavetto per passare dalla pellicola al digitale e viceversa.

Adesso un vantaggio del genere non avrebbe più senso: a parte il fatto che il mercato è ormai totalmente digitale (gli editori e le riviste che stampano da pellicola si contano sulle dita di una mano e sono quasi tutti concentrati negli Stati Uniti), rimane lo svantaggio rappresentato dalle dimensioni della superficie di acquisizione: il sensore digitale è notevolmente più piccolo del fotogramma 6x6, il che rende di fatto inutilizzabili gli obiettivi grandangolari.

Ad esempio il Distagon da 40 millimetri, che sul pieno formato Hasselblad era un "signor" grandangolo, usato sul dorso digitale diventa un grandangolo alquanto moderato, spesso insufficiente in interni o nelle strette vie delle nostre città d'arte.

Per non parlare del leggendario Biogon da 38 millimetri (non retrofocus) montato sulla SWC: inutilizzabile con dorsi digitali a causa dell'angolo di proiezione, che penalizzava drasticamente i bordi dell'immagine.
Se digitale deve essere che digitale sia, nato e progettato intorno al sensore e alle sue caratteristiche (non solo dimensionali).

Ha ragione il CEO Hasselblad, c'è una stagione per tutto, e per quanto dispiaccia separarsi dai miti dobbiamo decidere se la fotografia è una questione di idee o di strumenti: come collezionista sono affezionatissimo alla stilografica con carica a pompetta lasciatami da zia Maria, ma per scrivere preferisco Word.

Per quanto riguarda gli obiettivi Zeiss, da quelli non mi separo, almeno per ora: un semplice anello adattatore mi permette di montarli sulla Phase One 645DF, mantenendo tra l'altro la messa a fuoco assistita.

Grazie 503CW, abbiamo fatto un gran bel pezzo di strada insieme.

Michele Vacchiano © 05/2013
Riproduzione Riservata

Nota alle foto che accompagnano l'articolo.
Pioniere dei dorsi digitali, il V96C (con i suoi - per l'epoca imponenti - 16 milioni di pixel) aveva una caratteristica interessante: allo scopo di ridurre il surriscaldamento e il conseguente aumento del rumore elettronico, le immagini non venivano immagazzinate in una unità di memoria residente nel dorso stesso, ma in un hard disk esterno collegato al dorso mediante un cavo. L'idea fu abbandonata a causa della sua scomodità: portarsi un hard disk a tracolla appariva eccessivo a molti fotografi, anche perché l'unità non si poteva definire piccola e leggera. Personalmente, lavorando soprattutto in montagna, non ho mai avvertito un particolare disagio: l'hard disk stava comodo nello zaino o in una delle capienti tasche della giacca a vento.