LA GRANDE MOSCHEA. UN NOCTILUX IN AFRICA
Leica M4-2 con Noctilux f/1. Prova sul campo
Pierpaolo Ghisetti, ottobre 2009

Il rovente pomeriggio africano mi avvolge totalmente, immergendomi in un sudario di calore misto a sabbia, che il vento caldo del Sahel non contribuisce certo a mitigare. Faticosamente arrivo allo spiazzo antistante la Grande Moschea di Touba in Senegal che incombe con i suoi altissimi minareti: numerose persone chiacchierano amabilmente e offrono merci, come se la temperatura fosse fresca e piacevole, e il variopinto colore delle loro vesti contrasta col giallo della luce abbagliante che mi circonda.
Di fronte alla Moschea, un robusto e minaccioso guardiano, armato di frusta, scaccia ripetutamente, come noiosi moscerini, gruppi di ragazzini urlanti che inseguono un pallone, avvicinandosi talvolta troppo, ed in modo irriverente, allo spiazzo sacro.
Di fronte alla mia richiesta di visitare il luogo, il Guardiano si fa premuroso e gentile, ed in un ottimo francese, mi invita ad entrare, dopo avermi fatto togliere le scarpe, naturalmente.

Mi affaccio e di colpo entro in un altro mondo: la frescura, imprevista e tonificante, mi arriva direttamente alla testa, svegliandomi di colpo da quel torpore che mi stordiva quando ero nel mondo esterno.
L’interno della Moschea è costituito da una serie di grandi ambienti, con ampi colonnati che contribuiscono a dissipare il calore e favoriscono la circolazione dell’aria, mentre le porte sono decorate con tipiche geometrie in stile arabo.
Il silenzio è totale.

Chiedo il permesso di fotografare e il Guardiano acconsente compiaciuto: dalla borsa tiro fuori la Leica M4-2 su cui innesto il grosso Noctilux f/1, portato proprio per occasioni come questa.
Certo il Noctilux, con i suoi 630 grammi, non è certo un’ottica da viaggio in senso stretto, visto che in queste occasioni abitualmente si tende ad alleggerire la borsa fotografica, ma, d’altra parte, proprio durante un viaggio, s’incontrano occasioni straordinarie ed imprevedibili che fanno rimpiangere un’ottica speciale ed unica.
In effetti mi trovo proprio in un’occasione particolare: la luce filtra debolmente negli ambienti spogli e suggestivi, in cui mi muovo silenzioso e rispettoso, aguzzando gli occhi per cercare di superare l’oscurità. La Leica, con il suo proverbiale scatto discreto, non viene neanche notata dai fedeli, che passeggiano come fantasmi o che siedono in un angolo leggendo assorti il Corano.

Scatto ripetutamente ad f/1 o al massimo a f/1,4, cercando di centrare la giusta esposizione, visti i continui sbalzi di luminosità, tra le colonne e la luce filtrante. Solo un Noctilux può sentirsi a proprio agio in una situazione come questa, ove la luce disponibile è pochissima e occorre leggermente sovraesporre per poter compensare le lame di luce laterale. Poiché sono a fine scala diaframmi, sovraespongo scegliendo tempi sempre più lenti, sino al fatidico 1/8 di secondo, appoggiandomi alle colonne, cercando di stabilizzare macchine ed obiettivo.

Poiché le ottiche molto luminose, come il Noctilux, soffrono di aberrazione sferica che, specie alle brevi distanze, provoca un leggero slittamento di fuoco, maggiormente accentuato dalla grande apertura relativa, scatto inoltre diversi fotogrammi allo stesso soggetto, mettendo a fuoco alternativamente sul primo e secondo piano.
Mi soffermo anche sulle complesse decorazioni che adornano i portali e le gallerie che convogliano l’aria esterna, raffreddandola in modo mirabile e trasformando l’interno in una fresca oasi di pace e di meditazione.
Il Guardiano pare soddisfatto dal mio interesse e quando dopo un’ora o forse più riemergo nella dura realtà del Sahel mi sembra di varcare la mitica porta del tempo e dello spazio.
Il Noctilux non mi ha fatto rimpiangere il suo peso e l’ingombro nella borsa: quelle che ho riportato a casa sono foto di vita del Senegal molto lontane dalle solite cartoline ipercolorate da paese africano.
Anche in Africa, pur con tutta la luce abbagliante a disposizione, può essere utile un’ottica superluminosa.

Pierpaolo Ghisetti © 10/2009
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