NIKON F PHOTOMIC
Pierpaolo Ghisetti, settembre 2015

Dopo la lunga esperienza con le macchine a telemetro, iniziata nel 1948 con la Nikon I e si concluderà nel 1960 con la Nikon S3M, la Nippon Kogaku decide verso la metà degli anni Cinquanta che è giunto il momento per inserirsi nel mercato degli apparecchi reflex. Del resto tutti i segnali indirizzavano verso questa direzione: la comparsa della Exakta Varex nel 1950 con i mirini intercambiabili, la Asahiflex del 1952, prima reflex nipponica modellata sulla Praktiflex, la Praktina FX del 1953, prima reflex a sistema, la Contax E, la prima reflex mono ottica dotata di esposimetro oltre alla Orion Miranda T del 1955, prima reflex nipponica a mirini intercambiabili, mostravano in modo inequivocabile che l'apparecchio reflex si stava rapidamente evolvendo, con una tecnologia in perenne movimento.

Vi erano tuttavia diverse controindicazioni: la tecnologia del movimento dello specchio era molto primitiva e, fatto ancor più grave, a quel tempo non esistevano obiettivi grandangolari per gli apparecchi reflex (al massimo 40mm) in quanto gli schemi simmetrici di allora erano adatti agli apparecchi a telemetro ma, una volta montati su quelli reflex, lo specchio doveva essere alzato per farli entrare completamente nel corpo macchina, dovendo di conseguenza essere usati con un mirino supplementare, vanificando pertanto la visione reflex. Un bel passo indietro per l'apparecchio del futuro!

Con la presentazione nel 1953 da parte dell'azienda francese Angenieux del primo grandangolare da 28mm retrofocus e pertanto adatto a essere montato correttamente sugli apparecchi reflex, anche per questi apparecchi si apre la visione grandangolare, visibile nel mirino.
L'idea iniziale del nuovo apparecchio reflex è la discendenza diretta dai precedenti apparecchi a telemetro: la Nikon SP viene privata del complesso mirino e al suo posto viene posta la scatola dello specchio sormontata da un pentaprisma, intercambiabile con altri mirini. Da questa idea iniziale discende la modularità che pone il corpo macchina al centro di un più vasto sistema di accessori, dai dorsi al motore. L'idea non era del tutto nuova, essendo già stata creata e sviluppata dalla tedesca orientale Praktina FX, ma il totale boicottaggio di quest'ultima e la sua costruzione abbastanza povera, frutto delle rigide idee socialiste del tempo, che vedevano inoltre nella ricchezza funzionale della Praktina una pericolosa tentazione di stampo capitalistico e pertanto automaticamente da evitare, posero questa macchina in un limbo praticamente sconosciuto sui mercati occidentali, soprattutto quello americano, ben attento a non agevolare un prodotto di area sovietica.
La Nikon F, che nel suo nome è un omaggio all'ingegner Fuketa, capo progettista, si pone come punto terminale delle macchine a telemetro da cui deriva, dall'otturatore al titanio, la leva di carica, il contafotogrammi e il bottone di scatto, e apre un nuovo capitolo progettuale, dalle conseguenze imprevedibili.
La Nikon F viene presentata in Giappone nel marzo 1960 al primo Japan Camera Show e poi nel settembre alla Photokina di Colonia.

Nella F tutto può essere scelto dal fotografo, che è pertanto in grado di costruirsi un apparecchio su misura: mirini, vetrini, dorsi, motore e naturalmente una gamma di obiettivi in continua evoluzione. La meccanica, composta da 918 pezzi accuratamente assemblati, è sovradimensionata, adatta a qualunque uso professionale, e si distacca totalmente da quella “povera” della Praktina. Il numero iniziale è 6400001, mentre l'apparecchio sarà prodotto sino al 1970/71, sostituito dalla nuova Nikon F2, che ne ribadiva le caratteristiche di modularità.
La flessibilità della concezione modulare, che nel tempo ha rappresentato il vero punto di forza del sistema, è sicuramente costituita dai sistemi di visione che equipaggiavano la F e ne costituivano una delle principali caratteristiche: tra questi, oltre i classici a pozzetto ed a pentaprisma, si trovano i mirini esposimetrici Photomic, vero simbolo iconico del sistema, che permettono di adeguare il sistema esposimetro nell'arco del tempo, pur mantenendo inalterato il corpo macchina.
Occorre precisare che inizialmente era anche disponibile uno speciale aggiuntivo da montare sul pentaprisma, con esposimetro al selenio, disponibile in tre varianti e accoppiabile alla ghiera dei tempi. Questo è stato il primo esposimetro disponibile per Nikon F.

Nell'arco di sette anni i Photomic disponibili furono:

Caratteristica dei Photomic era la visione pari al 100% del campo inquadrato e l'alimentazione tramite due batterie al mercurio da 1,35V.
Da notare che le ultime Nikon Photomic FTn del 1971 presentano già alcune caratteristiche della F2 come la leva di carica rivestita in plastica e il diverso autoscatto.
Nel 1963 vengono raggiunte le prima centomila fotocamere prodotte, mentre alla fine della produzione si arriverà a novecentomila esemplari.
In conclusione se la Nikon F dotata di pentaprisma rappresenta sicuramente una delle macchine dal design più pulito ed essenziale della storia, la F equipaggiata dai Photomic, pur dotati di un design che appesantiva la linea essenziale dell'apparecchio, rappresenta l'oggetto del desiderio, caratteristico ed inconfondibile, di un'intera generazione di fotografi.

Pierpaolo Ghisetti © 09/2015
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