LE REFLEX YASHICA DEGLI ANNI '80
Michele Vacchiano, ottobre 1999

La luna sulle Levanne. Doppia esposizione effettuata con Yashica FX-D Quartz. Il paesaggio è stato ripreso in luce diurna, ma sottoesponendo di 2 diaframmi, con obiettivo Distagon 28 mm f/2. La luna è stata fotografata applicando al corpo Yashica un obiettivo Praktikar 500 mm f/5,6 con anello adattatore. Le doppie esposizioni, teoricamente non consentite dalla FX-D, sono in realtà possibili a patto di avere... tre mani: con la sinistra si tiene ben ferma la manovellina di riavvolgimento sul lato sinistro dell'apparecchio; con la destra si aziona la leva di carica e con un'altra mano ancora (in realtà ci si può riuscire con il mignolo della destra, se si hanno mani da violinista) si tiene schiacciato il bottoncino di sblocco della pellicola che sta sotto il corpo dell'apparecchio, a destra.

Era l'inizio degli anni Ottanta. Tutto ciò che avevo fotografato fino a quel momento erano paesaggi di montagna, soggetti per i quali la biottica e le macchine a telemetro andavano benissimo. Ma adesso che era nato Giorgio sentivo l'esigenza di un sistema reflex: un apparecchio che mi permettesse di lavorare con rapidità e senza bisogno di utilizzare l'esposimetro esterno, unito a obiettivi che mi consentissero di variare l'angolo di ripresa a seconda dei soggetti.

Avevo pochi soldi e accantonai l'idea come un sogno irrealizzabile, ma un'entrata inattesa (proprio al momento giusto) mi permise di rimettere tutto in gioco. Com'è nel mio carattere, incominciai a leggere avidamente tutto ciò che era stato scritto sulle reflex, per affrontare l'acquisto con oculatezza e ponderazione, senza basarmi sulla pubblicità o sui consigli - non sempre disinteressati - delle riviste, degli amici o dei negozianti.

Non so più perché concentrai la mia attenzione sulla Yashica FX-D Quartz. Forse perché poteva montare ottiche Zeiss (ed io non mi potevo ancora permettere le Contax), forse perché a quell'epoca era considerata un apparecchio all'avanguardia sotto molti aspetti, forse perché l'importatore aveva sede nella mia città, il che mi avrebbe consentito di ottenere riparazioni rapide senza dovermi sobbarcare pericolosi invii postali. Fatto sta che quando andai nel negozio di mio cugino Fernando e gli chiesi una Yashica FX-D Quartz lui sgranò tanto d'occhi: "Ma perché proprio quella? Non vuoi che ne parliamo? Non posso consigliarti delle alternative?" No, grazie, risposi, voglio proprio quella. Non ci fu verso: ero sicuro di quello che volevo e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.

La macchina era venduta con l'obiettivo da 50 mm f/2, che io subito sostituii con il più luminoso f/1,4 (marcato Yashica, non Zeiss). In breve tempo acquistai il 28 mm e uno zoom universale 80-200 di cui mi disfai molto presto, data la sua resa scadente. Quando, un anno più tardi, acquistai la Contax MD-Quartz (mi serviva il TTL-flash e non mi dispiaceva il motore incorporato), sostituii tutti gli obiettivi Yashica con gli Zeiss.

Due giorni fa ho regalato a mio figlio la FX-D (che dopo 18 anni e migliaia di scatti funziona perfettamente). Ormai lavoro prevalentemente in medio e grande formato, e di corpi 35 mm me ne basta uno.

La FX-D è leggera ma robusta, un po' rumorosa (lo specchio si solleva con un clack metallico caratteristico) ma estremamente precisa. I comandi sono semplici e l'automatismo con priorità ai diaframmi è tutto ciò che serve per scattare una fotografia priva di errori ma creativa, senza che la macchina intervenga pesantemente nelle decisioni del fotografo. Leggero e piacevole da toccare il grosso pulsante di scatto elettromagnetico, così come il pulsantino più piccolo, posto sul davanti dell'apparecchio, che consente di controllare i dati esposimetrici prima dello scatto. Nel mirino sono visibili i tempi di otturazione e il segnale di pronto flash, più la spia della sovraesposizione accompagnata da un simpatico bip-bip. Purtroppo il mirino non visualizza il diaframma impostato né il contafotogrammi.

Le Yashica di oggi mantengono una filosofia costruttiva che mette al primo piano la semplicità unita al piacere di fotografare. La "vecchia" FX-3, completamente manuale, si è rivelata tutto sommato la più longeva della famiglia, dato che l'attuale FX-3 Super 2000 non presenta, rispetto alla nonna, differenze di rilievo.

La 109 Multi Program rappresenta invece una concessione ai dilettanti pigri che richiedono una macchina che sappia fare da sola. Che "sappia" fare da sola, non che "faccia" da sola. La possibilità di esposizione interamente programmata (due modalità: standard e high-speed) si affianca al modo interamente manuale, nonché all'automatismo con priorità ai diaframmi (per controllare la profondità di campo). Il motore incorporato provvede all'avanzamento e al riavvolgimento della pellicola ed ha possibilità di scatto singolo e continuo. L'apparecchio è compatto e leggero, ha una comoda impugnatura generosamente dimensionata e le sue simpatiche forme arrotondate lo rendono piacevole al tatto.

Michele Vacchiano © 1999
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Nell'articolo si è parlato in particolare di due "cavalli di battaglia" della Yashica negli anni 80: la FX3 (completamente meccanica, ancora in produzione come FX3 Super 2000) e la FXD Quartz (elettronica, manuale ed automatica a priorità di diaframmi). Quest'ultima era un'interessantissima versione "povera" della Contax 139, quindi una reflex molto valida offerta ad un prezzo molto conveniente grazie all'eliminazione di qualche funzione non indispensabile.

Eccone alcune caratteristiche tecniche:

PRINCIPALI CARATTERISTICHE
YASHICA FX3 FXD Quartz
Otturatore Meccanico Elettronico
Tempi 1/1000-1" + B 1/1000-11" + B
EV 2 - 18 1 - 18
Sensibilità ISO 12 - 1600 25- 1600
Sincro X 1/125 1/125
Dimensioni 135x84,5x50 mm 135x86x50 mm
Peso solo corpo 450 grammi 460 grammi