I CORPI MOBILI E IL DIGITALE

Chi non voglia rinunciare agli innegabili vantaggi della fotografia a corpi mobili
pur usando supporti digitali, ha oggi a disposizione diverse opzioni.

Diverse possibilità
La prima – nonché la più ovvia – consiste nel continuare a fotografare con apparecchi di grande formato, utilizzando gli obiettivi al loro angolo di campo nominale, per poi scandire la diapositiva di grande formato, ottenendo oltretutto un file di dimensioni tali da permettere, senza interpolazione, stampe di dimensioni davvero esagerate.

La seconda consiste nell’applicare all'apparecchio a corpi mobili di grande formato un dorso digitale a scansione, quali ad esempio i modelli prodotti e commercializzati da Better Light, che raggiungono l'incredibile (almeno per gli standard attuali) risoluzione di 384 milioni di pixel. I problemi connessi con usa simile soluzione sono essenzialmente tre.
Il primo sta - com'è intuitivo - nel prezzo esorbitante.
Il secondo è rappresentato dal fatto che questi dorsi lavorano sul principio della scansione: tre passaggi del dispositivo di scansione (uno per ogni canale RGB) richiedono, per il modello più performante regolato sulla qualità massima, fino a duemila secondi di esposizione: poco più di mezz'ora. E' evidente che questo limita pesantemente i campi di applicazione, escludendo qualunque ripresa di soggetti in movimento (ivi compreso il paesaggio in presenza di vegetazione mossa dal vento).
Il terzo deriva dalle dimensioni del sensore, leggermente più piccolo di un negativo 4x5 pollici: le sue dimensioni effettive (72x96 millimetri, circa 3x4 pollici) impongono un fattore di moltiplicazione dell'ottica pari a 1,25. In pratica, un obiettivo da 120 millimetri si comporta, in termini di campo inquadrato, come un 150 millimetri.

La terza possibilità è quella di applicare al banco ottico i dorsi digitali per il medio formato. Questi dorsi, proposti da diversi fabbricanti, permettono di raggiungere una risoluzione che va (per ora) da 22 milioni di pixel ai 60 milioni di pixel del Phase One P65 Plus.
In questo caso il fattore di moltiplicazione dell'ottica si fa importante, al punto da vanificare del tutto l'uso degli obiettivi grandangolari. Dal momento che l'uso dei corpi mobili trova la sua applicazione peculiare nella fotografia di architettura, il fotografo finisce per trovarsi fra le mani un sistema di fatto inutile.
A questo va aggiunto quanto più volte abbiamo ormai detto: l'uso di obiettivi progettati per coprire un formato superiore a quello che si sta usando genera un abbassamento della qualità dovuto (fra l'altro) al minor potere risolvente che caratterizza le ottiche di grande formato rispetto a quelle per il medio formato: una differenza dovuta non a inferiorità qualitativa (ci mancherebbe!), ma ai minori ingrandimenti necessari a parità di formato di stampa.

Da sinistra a destra e dall'alto in basso:
Silvestri FlexiCam, Linhof M769, Linhof Techno
Silvestri S5 Micro, Sinar P3, Horseman VCC Pro.

Il fenomeno si rende ancora più evidente quando al dorso digitale di medio formato si sostituisce un corpo reflex, applicato alla standarta posteriore mediante apposita piastra di raccordo: le dimensioni ancora inferiori del sensore (la metà di quelle di un sensore di medio formato se si usa una reflex full-frame; ancora peggio nell'APS-C) non fanno che esasperare i limiti prima descritti.

A tutto questo va aggiunto il fatto che un apparecchio a banco ottico tradizionale (ma anche una ben più maneggevole folding) si rivela sovradimensionato rispetto alle reali esigenze di chi utilizza una superficie di acquisizione così piccola, non soltanto a causa di un ingombro e di un peso sproporzionati, ma anche perché la gamma dei movimenti disponibili finirebbe per rivelarsi inutilmente ampia.

Questo ha indotto alcuni fabbricanti a proporre apparecchi a corpi mobili di dimensioni adeguate alla ridotta superficie di acquisizione dei sensori digitali. Questi "banchi ottici in miniatura" possono spesso essere utilizzati anche con dorsi per pellicola in rullo, oltre che con sensori digitali di medio formato e con corpi reflex.

Il problema del fattore di moltiplicazione dell'ottica e quello del limitato potere risolvente degli obiettivi per il grande formato sono stati risolti dall'avvento degli obiettivi "digital", caratterizzati da una lunghezza focale limitata, da un cerchio di copertura adeguato ai formati inferiori, da un potere risolvente incrementato.

Sembrerebbe quindi la quadratura del cerchio: il fotografo di architettura, orfano della fotografia su lastra e costretto dal mercato a utilizzare il digitale, ha finalmente trovato quello che gli serviva: un sistema versatile quanto il banco ottico e di certo più performante degli obiettivi "tilt & shift", che spesso si rivelano limitati rispetto alle reali esigenze della fotografia architettonica.

In realtà le cose non stanno sempre in questo modo. Alcuni di questi sofisticati apparecchi non permettono l'uso di obiettivi davvero grandangolari. Le standarte possono avvicinarsi l'una all'altra fino a un certo punto e il soffietto non può comprimersi più di tanto: si tratta di limiti fisici dovuti alla stessa struttura meccanica dell'apparecchio. Occorre pertanto effettuare una scelta oculata fra i diversi modelli che il mercato propone.

La Rollei X-Act 2, ad esempio, ha un soffietto che si estende fra i 59 e i 194 millimetri, misurati dal punto nodale dell'ottica al piano focale. Questo significa che, con piastra normale, non si può scendere al di sotto dei 60 millimetri di focale, mentre con piastra rientrante si possono montare ottiche di focale inferiore, che tuttavia rimangono nell'ambito dei grandangolari medi. La soluzione, in questo caso, è costituita dall'uso di un obiettivo grandangolare a schema retrofocus, la cui lunghezza focale nominale è inferiore alla distanza tra il punto nodale posteriore e il piano focale. L'unico per ora in commercio è lo Schneider Digitar L 28mm f/2,8, che con il suo tiraggio di circa 70 millimetri può essere usato anche quando la distanza tra le standarte non consente l'uso di grandangolari a schema simmetrico. Tuttavia i problemi, scacciati dalla porta, rientrano dalla finestra, dal momento che lo spostamento del punto nodale derivante dallo schema retrofocus rende complicata l'attuazione dei movimenti di basculaggio, dal momento che il punto nodale non giace più sul piano del diaframma (e quindi sull'asse di rotazione del corpo anteriore), ma in posizione più arretrata, il che trasforma quella che dovrebbe essere una semplice rotazione sul proprio asse in una traslazione lungo un arco di cerchio, mandando a pallino tutti i calcoli del fotografo.

Silvestri propone due prodotti interessanti.
La Flexicam è un piccolo banco ottico estremamente compatto, dotato di basculaggio (15 gradi su entrambi gli assi) sul solo corpo anteriore e con un'estensione del soffietto limitata a 90 millimetri. Per contro può montare obiettivi di focale davvero corta (24 millimetri), rivelandosi ideale per la fotografia di architettura soprattutto se unita a dorsi di medio formato.
La S5 Micro è un vero banco ottico in miniatura, dotato di movimenti su entrambi i corpi e di un soffietto che si estende da 0 ai 200 millimetri. La versatilità - in termini di ottiche utilizzabili - è massima.

La Horseman VCC è appositamente progettata per lavorare insieme alle reflex (viene venduta con attacchi per Canon e Nikon), ma la sua destinazione primaria è la macrofotografia con controllo della prospettiva, dal momento che non consente l'uso di obiettivi inferiori ai 60 millimetri di focale.

La Linhof Techno (presentata alla Photokina 2008) possiede movimenti sulla sola piastra anteriore e un soffietto che raggiunge i 240 millimetri. Può montare obiettivi a partire dai 20 millimetri di focale con piastra rientrante.
La stessa casa propone (da ormai diversi anni) la M769, nata per i dorsi per pellicola in rullo ed oggi adattabile ai dorsi digitali. Possono essere usati obiettivi grandangolari fino alla focale di 35 millimetri, ma solo se si utilizza una "triple recessed lensboard". In compenso l'estensione massima del soffietto è di 326 millimetri. Queste caratteristiche rendono l'apparecchio più indicato per le riprese macro che per l'architettura.

La Sinar P3 ha movimenti su entrambi i corpi e un soffietto che si estende dai 20 ai 150 millimetri, rivelandosi uno dei modelli più versatili della categoria.

Come si vede l'offerta è ampia e la scelta può essere limitata soltanto dai costi, che in questo campo sono davvero significativi.

Michele Vacchiano © 06/2010