IO E GAMBADILEGNO

Cavalletti Berlebach

Mucche al pascolo in alta Val d'Isère (Francia). Wista DX con ob. Schneider Apo-Symmar 210 mm f/5,6. Pellicola: Fuji Provia 100. Filtro polarizzatore. Esposizione: 1/15 sec. con f/22. Cavalletto Berlebach.

Era un giorno di marzo. Uscito dall'ufficio ero passato al supermercato per fare un po' di spesa. Vivevo da solo e la spesa rappresentava un rito quasi quotidiano. Una necessità, ma anche un modo per scaricare le tensioni della giornata, prima di tornare a casa e ricominciare a occuparmi di fotografia.
Quel negozio era a pochi passi, una deviazione quasi obbligata. In vetrina, la solita esposizione di fotocamere usate di tutti i tipi e di tutte le marche: qualche occasione interessante, qualche curiosità, qualche pezzo da collezione. Accanto all'ingresso troneggiava una Wisner Traditional, praticamente nuova, equipaggiata con un Apo-Symmar da 210 mm. Non lo sapevo ancora, ma quell'obiettivo sarebbe diventato mio, anche se mi ci sono voluti due mesi di trattative per convincere il titolare a vendere l'obiettivo separato dalla macchina. La Wisner era montata su un cavalletto di legno. Non uno dei soliti vecchi cavalletti che vedi nei negozi specializzati in fotocamere usate, ma un cavalletto nuovo, di legno chiaro, con la colonna centrale in metallo nero.
Entro e chiedo informazioni. È un Berlebach, viene prodotto in Germania da un'antica e blasonata famiglia che fabbrica stativi per fotografia dal 1898. Il modello che ho davanti è dotato della possibilità di ruotare la colonna in tutte le direzioni, grazie a uno snodo sferico incorporato: in questo modo non è necessario acquistare una testa separata: la fotocamera si avvita direttamente alla colonna ed è questa ad inclinarsi. La giusta posizione viene indicata da una piccola livella a bolla. L'accorgimento si rivela ideale per chi lavora all'aperto su terreni non pianeggianti e non vuole aggiungere al peso del cavalletto il peso (di solito non indifferente) della testa. Incomincio a pensare che in montagna quell'aggeggio può tornarmi utile, senza contare che il legno ha un altro bel vantaggio: lavorando in alta quota (e in condizioni ambientali sfavorevoli) potrò aprire e chiudere il cavalletto senza che la pelle delle dita rimanga appiccicata al metallo gelato, come mi capita sempre con il Manfrotto.

Bastano pochi minuti per convincermi. Il prezzo è un po' alto ma decido di prenderlo. Il problema sta nel fatto che quell'esemplare è già venduto. Okay, allora lo ordino. "È probabile che non ne prendiamo più" mi viene risposto.
Esco dal negozio piuttosto depresso e decido di tentare altre vie. Una rapida incursione nella rete mi permette di stilare un elenco di siti dove è possibile acquistare un Berlebach per corrispondenza, ma i costi (considerato il cambio e le spese di spedizione) sono superiori a quello che avrei pagato al negoziante. Poco male, posso aspettare, e nel frattempo ci penserò un po' su.
I due mesi che seguirono furono una serie infinita di giorni convulsi accomunati sotto l'etichetta "preparativi per il matrimonio", un periodo durante il quale la fotografia non occupava il primo posto nei miei pensieri.
Nel mese di agosto Claudia ed io decidemmo di meritarci un secondo viaggio di nozze (o forse era il terzo, non ricordo) e partimmo per la Foresta Nera. Avevo messo nel bagagliaio dell'Astra la Wista DX e tutti gli accessori utili a fotografare l'eclisse di sole, ma avevo trascurato un piccolo, insignificante particolare: il cavalletto. Voi dite, come fa un fotografo ad essere così distratto da dimenticare proprio il cavalletto? Avete ragione, ma il fatto è che voi non conoscete Claudia e non sapete quanto è facile distrarsi stando con lei. Comunque poco male: alla prima cittadina cerchiamo un negozio di fotografia e lo comperiamo. Anzi, poiché siamo nella patria dei Berlebach, quale occasione migliore per procurarsene uno? Fu una ricerca deludente: spiacente, mein Herr, i Berlebach sono troppo cari e li prendiamo solo su ordinazione. Ci vogliono quindici giorni. Così dovetti accontentarmi di uno Slick (che vendetti, rimettendoci un po', non appena tornato in Italia).

In autunno tornai nel solito negozio, senza troppe speranze, ma fortunatamente la situazione si era sbloccata: erano arrivati due modelli, e uno di questi era quello che desideravo.
Da allora porto con me il Report 8042, ben legato allo zaino. Devo confessare che non è leggerissimo, per via della colonna metallica e della grossa sfera di snodo, però è stabile e assorbe le vibrazioni più efficacemente di un cavalletto in metallo. Il sistema di regolazione è rapidissimo: ruotando una manopola la colonna si sblocca e si inclina in tutte le direzioni.

Le zampe si aprono secondo tre diverse angolazioni (20, 45 o 90 gradi) per riprese a vari livelli e con differenti gradi di stabilità. L'appoggio è garantito da piedini in gomma (ottimi su pavimenti lisci), ma basta un modesto movimento rotatorio per scoprire le punte metalliche: un appoggio ideale sulla neve o sull'erba scivolosa.

Il legno è meno sensibile alle variazioni termiche di quanto non lo siano le superfici metalliche. Un cavalletto in metallo si surriscalda se esposto al sole per lungo tempo (ad esempio, legato allo zaino durante un'escursione) e congela se la temperatura scende sotto lo zero. Il legno no, è sempre piacevole da toccare. C'è anche il discorso della sicurezza: in montagna ci portiamo appresso fin troppo metallo: dall'intelaiatura dello zaino alla picozza, dai ramponi ai moschettoni per la corda… E si sa che in caso di temporale improvviso quanto meno metallo c'è, tanto meglio è. Infine il legno è bello, e questo non guasta quando uno deve tenere lezioni o workshop, occasioni nella quali anche l'immagine ha la sua importanza

Ho provato a montare sul Berlebach non solo la Wista DX (che è piuttosto leggera), ma anche l'Exakta 66 con il supertele da 500 mm: più di quattro chili e mezzo di vetro e metallo su un cavalletto che non pesa più di tre chilogrammi. Un'eresia, secondo i sacri testi. Devo dire tuttavia che Gambadilegno si è comportato benissimo: nessun cedimento, niente vibrazioni; l'immagine è risultata "pulita" e ha mantenuto la sua nitidezza anche dopo un energico ingrandimento.Ho avuto modo di testare le possibilità tecniche del cavalletto Berlebach in condizioni di ripresa non facilissime. Ad esempio ho provato a fotografare sfruttando la presenza di una roccia: per farlo, ho accorciato due zampe del cavalletto per farle poggiare sulla pietra, mentre la terza restava completamente allungata e giungeva fino a terra. Il sistema di sblocco delle zampe non è dei più comodi, dato che si tratta di svitare e riavvitare una manopola anziché ruotare una leva di un quarto di giro, come avviene sul Manfrotto; tuttavia l'operazione non richiede più di qualche secondo, un tempo che non influisce poi molto, in percentuale, sul tempo totale necessario a scattare una foto in grande formato. Il vantaggio invece sta nel fatto che la manopola fissa le zampe in modo morbido e graduale, senza farti venire male alle mani come accade con certe levette un po' dure. L'espediente della colonna che può ruotare grazie a uno snodo sferico costituisce una soluzione semplice e geniale che di fatto rende superflua la testa. Questo vale per il grande formato, nel quale la camera deve sempre e comunque restare in bolla: in tal caso i movimenti della colonna servono a ripristinarne l'orizzontalità quando il terreno non è propriamente pianeggiante. Con le fotocamere di piccolo e medio formato il discorso cambia: la colonna si inclina, è vero, ma non permette certo di passare, ad esempio, dall'inquadratura orizzontale a quella verticale, né di puntare la macchina verso l'alto per fotografare la luna, o verso il basso per riprendere un fiore. In questi casi l'uso di una testa a tre movimenti è irrinunciabile.

Michele Vacchiano © 02/2000

 

I siti internet che vendono i Berlebach per corrispondenza sono abbastanza numerosi. Qui sotto sono elencati i principali.

Europa:

Stati Uniti:

Calumet Photographic (http://www.calumetphoto.com)