IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE
Michele Vacchiano, dicembre 2001

Finalmente una cena a casa, con Claudia e Giorgio. Una videocassetta noleggiata da Blockbuster e i fusilli alle melanzane nel piatto...
DRIIIIIN...
Che faccio? Lascio andare la segreteria? Mannò, va, rispondo...

Lunedì sera, ora di cena. Mi telefona un tale che ha un'impresa piccola ma ben avviata che fa accessori per bagno un po' sfiziosi. Mi tiene al telefono tre quarti d'ora parlandomi degli affari suoi mentre i miei fusilli con le melanzane si raffreddano. Non è colpa sua, non può sapere che detesto essere chiamato al telefono mentre mangio (accidenti, la cena è l'unico momento della giornata in cui la famiglia si riunisce!), ma io sto facendo uno sforzo disperato per non odiarlo.

Lui continua a decantarmi i suoi prodotti e il coraggio con cui ha tirato su la sua azienda. Sono felice che le cose gli girino bene ma taglio corto e gli chiedo - con la maggior gentilezza di cui sono capace - che cosa posso fare per lui.

Vuole una fotografia. Ha appena ideato una nuova linea di accessori (portasapone, portaspazzolino e quant'altro, compreso lo scopettino per il cesso) e vuole una foto di gruppo per metterla su un pieghevole pubblicitario.
"Perché si è rivolto a me?" gli domando incuriosito.
"Veramente avevo chiesto al fotografo che ha il negozio sotto casa mia, ma lui mi ha detto che una foto del genere andrebbe fatta in grande formato, boh... Ad ogni modo lui dice che non è in grado e mi ha dato il suo numero..."
Ma guarda, devo andarlo a trovare questo simpatico collega che mi procura il lavoro. Ce ne fossero tanti come lui!
Comunque il cliente vuole che le riprese vengano fatte nella sede della sua azienda. Per me non ci sono problemi.
"Quanto costa?"
Faccio un rapido calcolo mentale. Un lavoro in location dovendomi portare tutto dietro, almeno una mezza giornata tra andare, fare il lavoro e tornare... E' un nuovo cliente, se lo tratto bene magari mi chiama ancora... Insomma, gli butto lì una cifra scandalosamente onesta, ben sapendo quanto la gente si spaventi quando sente i costi propri del grande formato.
Dall'altra parte del filo cala un silenzio di gelo. Il mio logorroico cliente sembra aver perso la favella.
"Pronto... è ancora lì?"
"Ehm... così caro?"

Ormai ho fatto l'abitudine a queste domande, più che giustificate se fatte da persone che non sanno (né sono tenute a sapere) che cosa comporta un lavoro professionale di questo genere. Evito pertanto di arrabbiarmi (sarebbe sciocco da parte mia) e gli racconto, pazientemente, come stanno le cose, senza dimenticare di spiegargli perché certe riprese si fanno con una macchina a corpi mobili.

Lui ci pensa sopra un poco (nel frattempo i miei fusilli hanno raggiunto la temperatura della banchisa polare), poi conclude: "No, guardi, facciamo così: mio figlio si diletta un po' di fotografia, ha una bella macchinetta di quelle Cannon, o Canno, non so... Ci mette dentro una pellicola da dodici, fa qualche scatto, sa, lui è bravino, e una buona verrà fuori, no? Così io ci perdo al massimo trentamila lire e lo faccio contento perché stampa una foto sua sul mio déplian (dice così, déplian, con l'accento sulla prima e)".

Che faccio? Gli dico che è un imbecille? Gli tiro giù il telefono? Lo investo di improperi perché mi ha fatto perdere un'ora in chiacchiere vuote di cui non mi poteva fregare di meno? No, niente di tutto questo, accidenti alla mia ferrea educazione sabauda! Lo saluto gentilmente, sarà per un'altra volta, grazie per essersi rivolto a me.

Dopo tutto ha ragione lui. Che cosa deve saperne il cliente di grande formato, di decentramento, di lavoro in location? Un idraulico, quello sì che lo si paga volentieri: lui ci mette i tubi, l'arista, le guarnizioni... Solo per la chiamata ti chiede trentamila, quando va bene, ma sono soldi ben spesi, perché lui fa un lavoro che nessun altro sa fare.

Ma una foto, vivaddio, la sappiamo fare tutti, e allora perché questi cosiddetti professionisti se la tirano tanto? Che ci vorrà a fotografare uno scopettino per il cesso? Voi dite: vedrà i risultati e ti ritelefonerà. Ma nemmeno per idea! Vedrà i risultati e gli andranno benissimo, perché ormai non sappiamo più distinguere una foto ben fatta da una schifezza. Se è vero, come è vero, che l'educazione al bello passa attraverso il bello, allora siamo fritti e panati, perché da televisione e pubblicità ormai non ci viene altro che spazzatura.

E a chi vive immerso nella spazzatura io vado a parlare di corpi mobili? Ma va là, va!

Michele Vacchiano © 12/2001
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