IL CLIENTE ROMPISCATOLE
Michele Vacchiano, febbraio 2000

A contar balle per la paura di perdere una vendita si ottiene soltanto l'effetto opposto...

Scena prima

Rinomato centro turistico delle Alpi. Negozietto elegante con minilab. Un fotografo entra.

"Buongiorno. Desidera?"

"Buongiorno. Avete l'Ektachrome 64 Professional formato 120?"

L'uomo dietro il banco si gira, dà un'occhiata distratta allo scaffale e poi mi comunica quello che già avevo capito nel momento stesso in cui formulavo la domanda:

"No, mi spiace."

"Non importa, mi dia una pellicola invertibile da 100 ISO."

"Invertibile non ce l'ho."

"Come sarebbe? Vedo lì dietro la Elite."

"Ah, ma lei vuole diapositive!"

Si gira e afferra lo scatolino della Elite, formato 135. Il primo passo l'abbiamo compiuto. Adesso rimane il secondo.

"Ecco, soltanto che io la vorrei in formato 120, non 135."

"Ah... ma quelle non le fanno più."

Subisco un attimo di raggelante sconcerto. Sono indeciso se scoppiargli a ridere in faccia o dargli dell'imbecille. Invece, essendo stato educato al rispetto dei miei simili, mi limito a spiegargli, con la pazienza di un infermiere psichiatrico, che le pellicole formato 120 sono tuttora prodotte, che si trovano normalmente in commercio e che verranno prodotte per parecchi anni a venire, dal momento che non sono molti i fotografi disposti a gettare nella pattumiera le loro Hasselblad o le loro Pentax 67. Mi risponde, con il candore di un'educanda sorpresa a divorare con gli occhi il poster centrale di "Body building", che quella è roba superata, "io ormai vendo solo APS."

Scena seconda

Rinomato centro turistico della Liguria. Laboratorio di sviluppo e stampa per dilettanti. Un fotografo entra.

"Buongiorno. Desidera?"

"Buongiorno. Vorrei sviluppare questi due rullini e fare delle stampe standard 10x15."

"Lucide o opache? Abbiamo una lavorazione semimatt molto bella, anche se costa un pò di più."

"Guardi, in realtà le stampe mi servono solo come provini, per vedere il risultato. Poi sceglierò le migliori e le farò ingrandire in un formato maggiore. Per cui me le faccia lucide che va benissimo."

Un po' seccato prende la busta e ci ficca dentro i due rullini.

"Com'è il nome?"

"Aspetti, non li metta insieme."

"E perché?"

"Perché di uno bisogna fare lo sviluppo variato."

"Prego?"

"Uno dei due rullini, quello da 400 ISO, è stato esposto a 1600 ISO, perciò necessita di un prolungamento dello sviluppo."

"Ma nessun laboratorio fa più queste cose."

Sto perdendo la pazienza, ma sono un gentleman e mi trattengo. Gli spiego che cosa intendo per sviluppo variato e gli dico che il laboratorio sotto casa mia lo fa senza problemi.

"Non è vero" mi risponde: "lo dicono per accontentare i clienti ma in realtà non lo fanno."

"E quando uno tira la pellicola perché non gli basta la luce, come si regola poi in fase di sviluppo?" La domanda è posta con tono pacato. A volte mi sorprendo per la mia capacità di autocontrollo.

"Il negativo si sviluppa normalmente, poi io controllo sul monitor e se la foto è troppo scura la tiro su e la stampo." Sì, penso io, così le zone in ombra vanno a puttane."

Mi sta benissimo che lui proceda in questo modo: ha un'attrezzatura che gli permette di intervenire sull'immagine finale e sono convinto che i risultati che ottiene siano adeguati alle esigenze della sua clientela; ma non ammetto che un professionista che lavora con la fotografia pretenda di raccontarmi che un procedimento (o un prodotto) non esiste soltanto perché lui non è in grado di fornirlo.

La fotografia è meravigliosa perché ci si può lavorare a diversi livelli, restando tutti contenti e senza pestarci i piedi l'uno con l'altro. Il mondo è grande, c'è posto per tutti, per il principiante che fotografa i figli in vacanza con la compatta APS quanto per il professionista specializzato in food. Entrambe queste figure, pur lontane tra loro come le stelle del cielo, sono tuttavia accomunate da un fondamentale bisogno: poter contare su fornitori di servizi competenti ed efficienti; su strutture che - pur operando a diversi livelli - sappiano l'una dell'altra e siano in grado di indirizzare il cliente là dove questi potrà riconoscersi pienamente soddisfatto. Senza avere paura di perdere un cliente ma certi - al contrario - che così facendo lo si è guadagnato.

"Mi dispiace: non ho pellicole formato 120 perché la richiesta sarebbe praticamente nulla... Io non faccio lo sviluppo variato perché ho ottimizzato il lavoro in base alle richieste dei clienti abituali: per averlo dovrà rivolgersi a un laboratorio più grande."

Queste sono le cose che vorremmo sentirci dire, le cose che non ci farebbero perdere tempo inutilmente; le cose che saprebbero instaurare tra il cliente e il fornitore di prodotti e servizi un'atmosfera di serena collaborazione, di chiarezza e di onestà.

A contar balle per la paura di perdere una vendita si ottiene soltanto l'effetto opposto.

Michele Vacchiano © 02/2000
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