RITRATTI DI FOTOGRAFI E FOTOCAMERE
Dipinti con spirito irriverente da Fabio Santini, marzo 2000

Il Nikonista

...I' ve got a Nikon camera, I love to take photographs... (*)

Che Nikon sia riuscita a mitizzare i suoi prodotti, è fuori dubbio.

Il nikonista ne è convinto: le Nikon sono le fotocamere più robuste, più affidabili, più convenienti, insomma le migliori. Le apparizioni cinematografiche delle fotocamere Nikon lo confermano (I ponti di Madison County, Jurassic Park II, Heat e tanti altri). Qualche dubbio il nikonista l'ha avuto cercando di lavorare in manuale con la F50, o cercando di capire il display raffigurante la miniatura della piazza di Siena sulla F70, o ancora cercando di passare rapidamente da 1/500 a 1/30, a passi di 1/3 di diaframma, sulla F90, e a volte, alla sera, sotto le coperte, con il profumo del Lasonil per aver camminato tutto il giorno con in spalla la sua nuova F5 ed un paio di ottiche...

...I've got a Nikon camera, I love to take photographs... (*)

(*) Kodachrome - Simon & Gartfunkel

Il Canonista

Ci sono due modelli di canonisti: gli assoluti ed i nikonisti delusi.

I nikonisti delusi sono ex utenti Nikon che, stufi della lentezza dell'autofocus Nikon, sono passati a Canon. Si accorgono che Canon è più veloce, espone meglio, è più ergonomica, ma non gli va giù di maneggiare un pezzo di plastica che non sbarluccica di metallo in nessun angolo; sono diventati quindi un po' tristi, la loro espressione più comune è "...si, Canon va molto bene, ma quando c'erano le Nikon F e F2, quelle sì che erano macchine...", e comprano lo stabilizzato.

Gli assoluti nascono Canon e muoiono Canon. Non c'è una ragione precisa, ma per loro le macchine fotografiche sono solo Canon, il resto è tecnologia paleozoica; anche se loro usano la F1.

Se qualcuno gli dice che le prime Canon a telemetro, del '38/'39, montavano ottiche Nikon, entrano in uno stato di nervosismo isterico e, quasi, vorrebbero piangere.

Il Minoltista

"Guarda che Minolta è meno plasticosa di Canon, impegna meno di Nikon, e costa meno di tutte e due."

Il problema di Minolta è questo: è "meno". Non nel senso della qualità, ci mancherebbe; è una di questione di immagine: Minolta in Italia ha un immagine "cheap". Non è "professionale". Il minoltista lo sa, ma sa anche che le qualità della macchina e delle ottiche sono indiscutibili; ma quell'immagine "cheap" pesa come un macigno. Deve essere per questo che il minoltista è sempre un po' triste e rassegnato, e se scatta 36 foto senza aver caricato il rullo non dà di matto come il canonista o il nikonista, alza le spalle e pensa che forse, comunque, le foto gliele avrebbe rovinate il laboratorio.

Se fosse un po' più orgoglioso le quotazioni dell'usato Minolta sarebbero superiori.

Il Pentaxista

È una razza in via di estinzione, si trovano in buona salute alcuni utenti LX, MX, e pochi autofocus. Consci della grande qualità del trattamento multistrato Takumar hanno il distacco e la sicurezza di chi riconosce e apprezza l'alta qualità. Fortunatamente il loro distacco dal mondo salva gli altri fotografi: è risaputo che le ottiche Takumar Star ad alta luminosità sono più radioattive delle ottiche russe al lantanio, per cui il pentaxista è spesso un fotografo attivo e radioattivo.

Il Leicista

Esiste il leicista R e il leicista M, e si guardano in cagnesco. Il leicista R invidia al rivale la silenziosità e l'aplomb delle telemetro, il leicista M invidia all'R i teleobiettivi e il mirino reflex con schermo quadrettato per i grandangolari. Qualche leicista M rimprovera ai corrispondenti R il fatto che le varie R4, R5, ecc. sono state costruite sulla base delle Minolta degli anni '70.

Quell'accrocchio di plastica che costa mezzo milione e serve per inquadrare col 21 non viene ben digerito da chi conosce le qualità meccaniche di cui sono capaci a Wetzlar e Solms.

Comunque, sia i leicisti R che M disprezzano e dileggiano il volgo che si rivolge a burini assemblatori giapponesi.

La disputa R-M serve a questa elite che altrimenti sarebbe priva del binomio antagonista-protagonista.

Il Contaxista

Si dibatte, vorrebbe tutte le ottiche Made in Germany, ma non se le può permettere, e poi cosa se ne fa di un 15, un 300 f/2,8, un Mirotar a specchi? È in genere pignolo, e la cosa che lo fa più incazzare è vedere che su fotocamere da due milioni e mezzo, la fintapelle si sfoglia come sulle Yashica da duecentomila lire.

La categoria si pone spesso come antagonista al leicismo classico, ma basta i leicisti citino le tre parole infanganti (Made in Japan), che tutto si risolve.

Esiste anche una nuova categoria dei contaxisti, i contaxisti-G. Sono personaggi un po' particolari, il cui profilo incomincia a delinearsi in questi anni; sostanzialmente sono dei leicisti razionali. Sarebbero potuti essere leicisti M, ma il mirino a cornici, il telemetro, la leva di carica, il fondello asportabile, e quattro milioni ad ottica li ha resi dubbiosi. Si sono trovati sul mercato una telemetrina che telemetro non è, ma è una autofocus con il fascino del telemetro, con il mirino zoom, il motorino d'avanzamento e l'automatismo d'esposizione: l'hanno comprata. E sono stati contenti di verificare che le ottiche hanno una resa simile a quella delle ottiche Zeiss d'annata. Ormai lanciatissimi, sono divenuti fermi sostenitori della razionalità di progetto del "gioiellino". Si incazzano solo nel vedere che le quotazioni dell'usato non sono altissime, ma da razionali, anziché vendere l'usato, lo comprano. Tuttavia in alcune grigie e fredde giornate d'inverno, quando un vento sferzante sembra tagliare la pelle e la neve punge come fosse di cristallo, quando il mercurio del termometro se ne sta rintanato nel bulbo e non segna nulla di positivo, quando le batterie danno forfait, le tre parole infanganti tornano nella mente del contaxista-G: Made in Japan...

Il Medioformatistista

Raggruppo in questa categoria tutti gli utenti del medioformato, dividendoli in due parti: i nobili, e i poveri.

I nobili sono i felici possessori di Hasselblad o Rollei, i nomi blasonati del gotha della fotografia; i poveri usano le Zenza Bronica (dai nobili dileggiati storpiando il nome in zenza cronica, zenza comica, zenza cosmica etc etc), le Mamiya, le Yashica Mat, le Kiev e le Pentacon Six. Tuttavia, a parte un certo senso di superiorità mostrato dai possessori di fotocamere plurimilionarie, non c'è l'antagonismo che esiste tra gli utilizzatori del piccolo formato.

Il Collezionista

Ha comprato un centinaio di fotocamere nella sua vita, e sei rullini. Tre li deve ancora sviluppare, uno l'ha perso, e due li ha usati per provare una fotocamera acquistata usata, ma che sembrava nuova.

La sua borsa fotografica ha le dimensioni e la forma di un portachiavi, anzi, è un portachiavi, con attaccata la chiave della cassetta di sicurezza della banca.

L' Olympussista

L'olympussista è un ex nikonista/canonista di età non giovanissima. Aveva comprato Olympus per scrollarsi dalle spalle i sette/otto etti al pezzo dei sistemi F1, F2, F3.

Ha gioito come un bambino quando si è accorto che nella vecchia borsa, al posto della F2 e della Nikkormat con tre obiettivi, ci stavano due corpi OM, sei ottiche, i rullini per tre settimane, filtri, accessori, e anche due panini con la mortadella. Ha pianto come un bambino quando, qualche anno dopo, telefonando in Polyphoto e chiedendo come mai non riusciva più a trovare un certo accessorio, si è sentito rispondere che Olympus aveva scelto altri mercati (medicale) a scapito della fotografia "consumer". Tradotto, era "non c'è più trippa per gatti".

Per cui l'olympussista è un disilluso, non capisce come mai non riesca a separarsi dalla OM che possiede, e come mai dopo vent'anni di polvere, pioggia, colpi, e viaggi nel bauletto della moto, la fotocamera continui a funzionare. Però sa che un giorno, con uno schianto secco, le tendine si attorciglieranno ai feltri di scorrimento, e sarà un ora triste nella sua vita.

P.S. Ovviamente sapete tutti che alla Olympus sono nel frattempo impazziti e propongono un corpo OM3 a più di tre milioni e il cinquantino F/1,8 a quasi mezzo milione.

Gli Yashicisti

Come i contaxisti (ma in questo caso un po' più "bricoleur") ovviano al problema delle pelli sfogliate con interventi di sostituzione utilizzando fintapelle da borsette, jeans, tessuti per casse acustiche, cartapecora o similcocco Luìvitton. Contenti di essere stati per anni i cugini poveri di Contax (ma tutto sommato con qualità più che rapportata al prezzo) coi quali condividevano ottiche ed accessori, sono stati traditi dalle nuove generazioni autofocus.

I Topconisti

Sono in genere personaggi raffinati, di mezza età. Hanno acquistato ai loro tempi Topcon principalmente per la qualità ottica degli obiettivi. La resa di certe ottiche luminose tra i 50 e i 135mm resta come un peso nel cuore dei topconisti. Non sono rimasti in molti, per cui è difficile tracciarne un identikit preciso, si farebbe prima a chiedere loro di presentarsi. Il tratto principale che li distingue dagli altri fotografi sta nel fatto che, quando caricano la loro Topcon, lo fanno come se fosse un atto religioso, con un cerimoniale che li rende simili ad inziati alchimisti. Anche lo scattare fotografie con la Topcon non è cosa comune, scattano come assaggerebbero un Napoleon del 1877 ritrovato in una cantina di Rouillac.

Sono sostanzialmente gastrofili della fotografia. Immaginatevi come si sono sentiti quando la Topcon è diventata americana. Come portare Gualtiero Marchesi da MacDonald's!

I Prakticisti

Praktica è stato un blasone. Oggi è un cifone.

Le vecchie Praktica, per quanto spartane, erano fotocamere interessanti, acquistate da chi voleva il Made in Germany, senza con questo svuotare il portafogli. Ormai in pochi, i prakticisti hanno tra gli ottanta e i novant'anni, a parte una minoranza di giovanotti che ha acquistato la BX 20S, esteticamente pregevole come l'architettura popolare bulgara. Tendenza del prakticista è quella di rovistare nei mercatini, alla ricerca di qualche accessorio originale Praktica; sa di poterli trovare solo lì.

Dato che non so cosa dire dello zenitista, vi parlerò della Zenit.

Zenit

L'importatore non ufficiale (ma quello che "fa i numeri") è quello che importa, oltre alla fotocamera, anche i polacchi che la vendono. La fotocamera è stata progettata e costruita in Russia per la Russia (vabbe', i modelli vecchi in CCCP). Le tolleranze meccaniche sono progettate per la temperatura media di -20, per cui in italia gli ingranaggi quasi non si toccano, e la fotocamera è mezzo centimetro più larga delle misure di progetto. La famosa Zenit E, una delle prime disponibili, montava l'altrettanto famoso Industriar 50 f/3,5, un obiettivo talmente compatto che per regolare i diaframmi o la messa a fuoco bisognava chiamare l'orologiaio. L'ultima versione disponibile oggi è sostanzialmente la stessa con la meccanica ricarrozzata in plastica in forgia di R8 (ma una volta copiavano meglio). Il mirino mostra il sette per cento del campo inquadrato, ed ha un telemetro a microprismi che definire "micro" è un vero eufemismo, visto che sono grandi come mattoncini Lego.

Il top dell'ergonomia lo raggiunge il pulsantino di sblocco del riavvolgimento, coassiale al pulsante di scatto, che va ruotato, premuto, e bloccato in posizione. La manovella del riavvolgimento è progettata per sfuggire di mano ad ogni giro. Vera nave scuola per decine di fotoamatori sgranati, ha una tal serie di difetti che chi impara a fotografare con una Zenit è in grado di scattare con qualsiasi cosa. Paladina dell'"understatment" è apprezzata anche dai nostalgici dell'Unione Sovietica, che nel leggere il manuale di istruzioni in cirillico si commuovono pensando a quanto faceva lo stato russo per diffondere la cultura fotografica.

Gli obiettivi. Si è sempre detto che le ottiche russe sono di ottima qualità, ed è vero; a patto che non siano state prodotte di lunedì o di sabato, nel qual caso è bene controllare che almeno il numero delle lenti indicato nelle specifiche corrisponda al numero di lenti montate sul nostro esemplare. Episodi di radioattività sono stati rilevati su ottiche luminose (in tutti i sensi!), e, più tardi (dopo Chernobyl), anche su corpi macchina e barilotti degli obiettivi. In conclusione le Zenit sono macchine rozze, mal costruite, mal progettate, costano una zucca di latte e danno grandi soddisfazioni a chi le possiede (vai a capire la fotografia...).

Ed ora altre fotocamere che hanno fatto la storia della fotografia.

Nikon F2

Entriamo con questa fotocamera nella Storia. Progettata e costruita senza economie è diventata il breve LA fotocamera. Le prestazioni, per l'epoca, sono mozzafiato. Tempi da 1" a 1/2000, pentaprisma intercambiabile, dorso intercambiabile, un catalogo di accessori che sembra il catalogo delle parti di un Boeing 737: oculari, temporizzatori, radiocomandi, accessori medicali e per astronomia, custodie subacquee e antirumore.

Purtroppo per Nikon, chi comprava la F2 si portava appresso solo tre o quattro obiettivi e un pacco di rulli. Ha contribuito assieme alla F a creare il mito Nikon. Un fotografo americano ha dichiarato "...la F2 è talmente robusta che puoi usarla come martello per piantare chiodi tutto il giorno, e alla sera uscire a fare un po' di reportage..."; questo fotografo è diventato famoso il giorno in cui, dopo anni di fotografia sportiva al football, un giocatore gli strappò di mano F2 con obiettivo e monopiede, e con quella incominciò a picchiare un suo avversario. L'unico vero difetto della F2, ereditato dalla F, è una certa "debolezza" negli agganci del pentaprisma, per cui molti fotografi di guerra o di reportage "duro" usavano passare un paio di giri di nastro isolante per fermare bene il tutto.

Canon F1

Antagonista della Nikon F2, a differenza di questa si è evoluta ed è rimasta in produzione fino a qualche anno fa. Una strana politica di Canon faceva sì che la macchina da sola fosse manuale, con un pentaprisma particolare diventasse a priorità di diaframmi, e con il motore a priorità di tempi. Totale tre chili (quasi come la F5).

È immortalata nel film "Crocodile Dundee" (potendo scegliere avrei preferito la fotografa alla fotocamera). Inesistente in versione cromata, rimane una sorta di mito per quei pochi fotografi che possiedono ancora le ottime ottiche FD.

Minolta XM

Prima che Minolta buttasse al vento un mercato, una fotocamera professionale la faceva veramente. La XM era robustissima, a sistema, con pentaprisma e dorsi intercambiabili, un parco accessori e ottiche da far invidia a Canon e Nikon (soprattutto per quello che riguarda le ottiche luminose), la possibilità di montare i lunghi fuochi Telyt fabbricati a Wetzlar.

Ancora oggi un corpo XM vale oro. Che Minolta e i minoltisti ci pensino.

Olympus OM

Ha sgomentato tutti, fotocamere così piccole non si erano mai viste. Fior di professionisti abbandonarono corredi Canon o Nikon e guadagnarono agilità negli spostamenti. Gli ingegneri Olympus riuscirono a concepire un corpo macchina estremamente compatto e funzionale, e con il tempo riuscirono a stiparci dentro anche un esposimetro multispot (OM4), clonato da una parte del cervello di Ansel Adams; purtroppo dalla parte priva del ragionamento. Le quindici persone al mondo che sono riuscite a sfruttare l'esposimetro della OM4 dicono che sia il migliore mai messo in una fotocamera 35mm. Gli altri si domandano come fare per variare il tempo di sviluppo su ogni singolo fotogramma del rullino.

Quello che i leicisti non dicono

La M6 è sicuramente ben costruita, ha un corpo macchina compatto, rende nelle mani (e sugli avambracci) la sensazione di un oggetto compatto, robusto, materico. Ti rendi subito conto che quella forma elegante permette poca presa, la Mgrip ti aspetta in negozio per 150,000 lire. Appena guardi nel mirino ti rendi conto che non è dove sei abituato a trovarlo. Cavolo, è a telemetro, il mirino è a sinistra. Guardi dentro ed è luminoso, privo di distorsioni, provi a mettere a fuoco e vedi che la precisione è assoluta. Fai un'inquadratura verticale e ti inquadri la mano sinistra (naturalmente solo nel mirino). Ti guardi un po' in giro, come fai con le reflex, ti avvicini a un soggetto e non riesci a metterlo a fuoco... distanza minima: settanta centimetri.

Decidi di scattare qualche foto, e cerchi di caricare la macchina. Barnack, oltre che di molte altre cose, fu l'inventore dello scherzo detto: "E adesso questo dove lo metto?"; infatti, con una mano sorreggi la fotocamera, con un altra hai aperto e tieni il fondello staccabile, con un'altra tieni il rullino, e con l'ultima estrai la coda quanto serve per raggiungere il rocchetto automatico. Fa un totale di quattro mani. Se hai la fidanzata sei a posto (lo stesso scherzo lo ha fatto per anni Victor Hasselblad con il volet dei suoi magazzini).

Provi a cambiare obiettivo e non sai come mettere le mani, perché il modo giusto è: tenere la fotocamera con la mano destra e contemporaneamente con un dito della stessa mano premere il pulsante di sblocco, e con la sinistra ruotare, quel poco che serve, l'obiettivo ed estrarlo dalla baionetta. Ora hai quattro milioni nella mano destra e quattro nella sinistra. La borsa e i tappi sono a portata delle altre mani optional. Dopo aver imparato, ecco, scattate una foto e vi sembra che non sia scattato niente, nessuna vibrazione, poco rumore, nessun motore.

A questo punto ti rendi conto che la Leica M6 è un altro pianeta, bisogna ricominciare tutto daccapo. E forse è questo il bello di Leica, vi mette alla prova, se siete rincoglioniti dovete rimettere in moto il cervello, almeno quel tanto che basta per capire che delle standardizzazioni giapponesi ai tedeschi non gliene frega niente.

Ci vuole qualche anno per imparare ad usare una Leica a telemetro ma già dopo il primo rullo vi sarete beccati quel virus che è composto in parti uguali da feticismo, ludicità, appagatezza. Un cocktail mortale (per le vostre tasche) che vi accompagnerà fino alla morte (o fino al banco dei pegni se vi trovate sul lastrico).

Le medio formato della storia

Le Rolleiflex

Nate in Germania, si sono rapidamente diffuse in tutto il mondo. La ragione per cui le Rolleiflex hanno significato così tanto nella storia della fotografia è che non c'era niente di meglio.

E per certi versi ancora oggi sono insuperate.

Immortalate durante la dolce vita, hanno rappresentato il mondo dei paparazzi in modo egregio. Probabilmente a Roma in quei tempi viaggiavano più Rolleiflex sulle lambrette che pellegrini sui pullman.

L'uso della Rolleiflex e molteplice, si può usare dopo pranzo, ciondolante appoggiata all'altezza dello stomaco, ed inquadrando con nonchalance dall'alto del pozzetto, oppure tenendola addossata al viso, assumendo la tipica postura della scimmia curiosa che guarda nella scatola trovata, o ancora alla paparazzi, con il mirino "sportivo" e la messa a fuoco a stima. Usata da famosi fotografi, per esempio Doisneau, un grande, o Helmut Newton, che usa Rolleiflex perché gli permette di tenere fuori la lingua durante l'inquadratura (con una visione a pentaprisma non è possibile).

Le Hasselblad

Per capire il concetto di qualità con cui sono costruite le Hasselblad, cito le parole con cui V.H. (Victor Hasselblad, non Victor Hugo) commentò la perdita nello spazio, da parte di un astonauta americano, di una fotocamera Hasselblad: "Non siamo noi i responsabili né del progetto, né della costruzione della tracolla". E i giornali sulla stessa notizia titolarono: "È un'Hasselblad il primo satellite artificiale svedese intorno alla Terra".

Prima o poi cadrà, vedremo dove.

Non cadranno invece le varie ottiche e corpi abbandonati sulla luna dalle missioni Apollo (io, al ritorno degli astronauti, gli avrei dato un sonoro ceffone e detto "adesso tornate su, e le riportate a casa!").

Sono fotocamere diffuse anche tra i comuni mortali (purchè dotati di cospicui conti bancari), un po' lente operativamente, ma compattissime in rapporto al formato.

Non si capisce come mai, Victor, progettista di altissimo livello, non abbia previsto, se non dopo metà degli anni novanta, un vano, una taschina, un gancetto ove riporre il volet quando si fotografa.

Nata spartana, ora esiste in una versione con esposimetro incorporato multilettura con possibilità di valutare il contrasto, e con magazzini impostabili per tempi variati -1, N, +1 ecc. Purtroppo costa come una media cilindrata, o se preferite come un paio di Super Wide.

La Super Wide è un sogno, per tredici milioni ve la portate a casa con anche il mirino! Non è reflex, non ha telemetro, in compenso nel mirino avete una bolla, che vi indica l'orizzontalità della fotocamera e vi fa pensare all'acqua alla gola che avete, ora che vi siete spesi tutto per comprarla. Il Biogon è talmente corretto che potete usarla per riprodurre quadri. Gli spiritosi di Goteborg hanno in listino una versione "speciale" della swc con un superbiogon ultracorretto. Uno scherzo da far tremare le vene nei polsi quando si firma l'assegno per impossessarsene.

Le Speed Graphic

Se avete meno di quarant'anni o non avete visto il film "occhio indiscreto", non sapete di cosa parlo. Sono le fotocamere da reportage (chiamate appunto "press") degli anni trenta, quaranta. Senza compromessi: 4x5" (pollici, non cm!) il formato, due chili abbondanti il peso senza accessori, flash separato a lampade in magnesio.

In confronto una Zenit ha una tecnologia extraterrestre. Weegee è diventato famoso fotografando New York con una macchina così. E con due palle così.

Fabio Santini © 03/2000
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