LE RADIAZIONI PERICOLOSE
Agostino Maiello, febbraio 2005

E' una domanda che ci viene posta spesso: è vero che esistono ottiche radioattive? In questo articolo cercheremo di fare un po' di luce sulla questione.

Nadir Magazine ©Iniziamo col dire che un obiettivo può risultare radioattivo per due motivi: perché è stato contaminato dall'esterno, o perché è stato costruito utilizzando anche materiale radioattivo. Il primo caso è abbastanza raro, a meno che non si sia soliti rifornirsi di ottiche usate provenienti da basi militari sovietiche o nel Nevada. Il secondo invece è quello che si riscontra più di frequente. Molti produttori, infatti, hanno utilizzato elementi radioattivi - uranio, lantanio, ecc. - nella realizzazione di alcune ottiche, allo scopo di migliorarne le prestazioni.
L'impiego del torio, ad esempio, è iniziato più o meno a partire dagli anni '50, mentre quello del lantanio risale agli anni '30. Entrambi gli elementi modificano il numero di Abbe del vetro a cui sono mescolati, con notevoli benefici per la correzione dell'aberrazione cromatica.
E' stato poi segnalato l'uso di uranio, che è radioattivo di suo, mentre il lantanio ed il cerio (quest'ultimo utilizzato in varie fasi del processo di fabbricazione degli obiettivi) lo sono solo in quanto si trovano spesso mescolati ad isotopi radioattivi, a causa di processi di raffinazione non perfetti (se il lantanio è raffinato adeguatamente, difatti, non risulta radioattivo). Il torio, infine, deve subire un certo processo di decadimento prima di iniziare ad emettere, anche a causa dell'interazione con altre "terre rare" (per la loro definizione si consulti questo articolo), radiazioni pericolose.

Diverse ottiche Kodak d'annata contengono torio e/o lantanio, e lo stesso si può dire per molti obiettivi Leitz, costruiti utilizzando vetri della C.P Goerz, poi assorbita dalla Schott, di proprietà della Fondazione Zeiss. E' nota, ad esempio, la radioattività delle ottiche Kodak Aero-Ektar, pensate per la fotografia aerea ed all'infrarosso (e perciò particolarmente bisognose dei miglioramenti ottici consentiti dall'impiego delle terre rare); trattandosi di obiettivi per uso militare, mai posti in vendita al pubblico, non ve ne sono moltissimi in circolazione.
In casa Leitz (oggi Leica) è stata più volte verificata la radioattività di molti obiettivi prodotti a partire dagli anni '50 (Summicron 50 e 35mm, Summaron 35mm, Summilux 35mm) dovuta all'uso di lantanio od alla contaminazione con residui di torio, sempre a causa di processi di fabbricazione non impeccabili. Per molti anni, com'è noto, la Leitz ha realizzato numerose ottiche in appositi stabilimenti in Canada, e per ottenere gli elevati standard qualitativi richiesti si è fatto uso molto spesso di terre rare. In misura variabile e non definibile in assoluto, la presenza di isotopi radioattivi, direttamente o per colpa di residui dovuti a cattiva raffinazione, è certificata in diversi esemplari prodotti all'epoca.
Un caso particolare è quello del Pentax SMC Takumar 50/1.4 con innesto a vite; la Pentax stessa - all'epoca Asahi - comunicò che la parte posteriore dell'obiettivo era radioattiva e perciò sconsigliava di tenerlo a contatto con il corpo per troppo tempo. Secondo alcuni la radioattività era dovuta all'uso di uranio nel trattamento antiriflesso della lente posteriore.
Altri test effettuati nel corso degli anni hanno certificato una certa radioattività in alcuni obiettivi Canon, Nikon, Voigtlander e Zeiss, soprattutto quando si considerano ottiche Apo, o molto luminose, o che in generale contengono lenti a bassa dispersione.

E quindi?
In generale, al di là delle vicende delle singole marche, si può dire che, una volta assodato che questi materiali consentivano di intervenire sui valori di rifrazione e dispersione dei vetri, così da poter realizzare obiettivi dalle prestazioni molto elevate, praticamente tutti i produttori di pregio li hanno utilizzati per molti anni, nel nome di una continua ricerca verso obiettivi migliori, sempre più corretti e luminosi.
In anni più recenti l'uso delle terre rare ha via via ceduto il passo all'impiego di altri materiali (come ad esempio il fosfato di fluoro o il fluoruro di calcio), anche perché negli anni si è formata una certa coscienza collettiva sui pericoli della contaminazione radioattiva che ha avuto alcuni riscontri in termini legislativi, con conseguenti vincoli imposti alle imprese produttrici, come del resto è accaduto per altri materiali pericolosi (mercurio, piombo, amianto, ecc.).
Oggi, quali obiettivi d'epoca siano radioattivi e quali no - ed in che termini - dipende, in buona sostanza, dalla qualità e dalla costanza dei processi produttivi utilizzati a suo tempo dalle vetrerie. Chi disponga di un certo numero di ottiche d'epoca dai nomi sospetti ("Apo-Lanthar", ad esempio) può, per scrupolo, farsi fare qualche misurazione, o semplicemente evitare di tenerlo a contatto con il corpo per lunghi periodi. Ma temiamo che anche il più cattivo degli Apo-Lanthar in circolazione sia molto più innocuo degli scarichi del SUV diesel del vicino di casa...

Agostino Maiello © 02/2005
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Come riconoscere un obiettivo radioattivo?
Se dopo un bel po' di anni una o più lenti dell'obiettivo ingiallisce, è probabile che ciò sia dovuto alla presenza di torio. Lo stesso dicasi se la colorazione assunta è giallo-verde (sono stati anche segnalati casi di una tonalità marroncina). Ma, ovviamente, il metodo più scientifico è adoperare un contatore Geiger. Chi ne possiede uno - presumibilmente ciò avviene per motivi professionali: Università, laboratori di analisi, istituti, e così via - potrebbe aiutarvi ad effettuare una lettura dei vostri obiettivi per verificare se emettono radiazioni, ed in che misura. E' consigliabile misurare sia la lente anteriore che quella posteriore.