RÊVE LA FOTOGRAFIA COME SOGNO
Carlo Riggi, gennaio 2013

La fotografia possiede la qualità del sogno. Sognare è una funzione ininterrotta, un flusso costante, notturno e diurno, frutto della capacità della mente di rielaborare e simbolizzare l’infinità di stimoli grezzi che assediano i nostri apparati percettivi. Quello che comunemente intendiamo come sogno notturno presuppone un passaggio in più, una curata regia in grado di montare insieme sequenze di elementi pittografici fino a costituire una trama narrativa rappresentabile.
Il sogno dunque è un evento sofisticato e, per certi versi, raro nell’economia globale della psiche.

Ci sono strumenti che consentono di intercettare la struttura del nostro flusso onirico, penetrando interstizi dello spazio tempo altrimenti inesplorabili o silenti. La fotocamera è uno di questi, tra i più potenti. Essa, quando non utilizzata per vidimare il già noto, permette di coordinare l’incontro tra le nostre preconcezioni e le strutture fisiche della realtà, supportando la funzionalità narrativa dell’autore, organizzando in una struttura coerente il sogno, che è l’immagine finita, pubblicata (divenuta pubblica/azione), fruibile e condivisibile. Così la fotografia ci aiuta a conoscere e a raccontare storie nuove, assai più reali ed emozionanti di quelle che emergono da visioni iper-realistiche, che, non essendo sufficientemente elaborate a livello simbolico, non possono consentire conoscenza ma solo riproduzione, che della conoscenza è mera succedanea.

Non si tratta dunque di trasporre in immagini i nostri sogni notturni, utilizzando la fotocamera come la tavolozza del pittore. A farsi sogno è la stessa fotografia, divenuta parte di quel sofisticato apparato mentale di transcodifica simbolica, che supporta e amplifica la capacità di bonificare il reale, donandogli pieno significato.

Scorie sensoriali, elementi grezzi, stimoli inelaborati si accalcano nella nostra mente e intasano il pensiero. La fotografia, se intesa in senso autoriale e interpretativo, se capace di resistere alla tentazione del perfettismo formale, se in grado di accogliere in sé quote di insaturo, può rappresentare uno straordinario ausilio nell’organizzazione delle nostre visioni allucinate, dando narrabilità immaginifica alle emozioni, così da poterne esplorare le infinite sfumature, dare spazio alle storie possibili, scardinare la disperante tautologia dell’esistenza, e provare ad affrontare l’angoscia, tutta umana, del limite e della fine.

Carlo Riggi © 01/2013
Riproduzione Riservata

Le foto sono tratte da “Rêve”, un lavoro di Mauro Ruscelli e Carlo Riggi in corso di pubblicazione, proposto per la selezione dell’edizione 2013 dei Rencontres di Arles.