TOTOFOTO
Michele Vacchiano, luglio 2001

Come trasformare in giochino le domande cretine degli spettatori ficcanaso.

Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: fotografare in esterni in grande formato è una faccenda complicata non solo per la complessità delle procedure, il peso delle attrezzature e quant'altro, ma anche a causa dell'inevitabile capannello di curiosi che si materializzano intorno al fotografo non appena questi inizia ad aprire le zampe del cavalletto.

Già ho manifestato il mio personale fastidio di fronte a questa abitudine, non tanto perché io non tolleri la presenza dei miei simili (ci mancherebbe) quanto piuttosto per via di certi loro commenti, ineluttabili e puntuali come la cometa Nemesi, ai quali risulta impossibile non rispondere, vuoi perché a volte si tratta di domande tutto sommato sensate e meritevoli di attenzione (soprattutto per uno come me che va in brodo di giuggiole quando gli è data la possibilità di insegnare qualcosa), vuoi perché - al contrario - ci si trova talvolta di fronte ad osservazioni talmente bislacche da rendere inevitabile la reazione del fotografo. Il tono e le modalità di questa reazione dipendono poi da infinite variabili individuali (il temperamento di ciascuno, l'umore del momento, l'equilibrio emotivo, lo stato della digestione, l'appagamento sessuale…), ma la necessitas della reazione resta comunque un fatto incontrovertibile. L'alternativa (afferrare il banco ottico e rotearlo a mo' di mazza ferrata) è poco praticabile, se non altro per le inevitabili conseguenze penali che questo - peraltro giustificatissimo - comportamento trascinerebbe con sé (senza contare il rischio di rovinare l'attrezzatura).

Mi rendo conto di parlare da persona emotiva e caratterialmente passionale. Il fotografo perfetto dovrebbe esser capace di raggiungere un tale stato di concentrazione da non avvertire neppure un bisbiglio, da non vedere null'altro intorno a sé che non sia il soggetto inquadrato, foss'anche in mezzo alla pugna. Verissimo, non lo nego, ma il fatto è che per giungere a un sì sublime stato di meditazione io personalmente, Michele Vacchiano, necessito di un minimo di tranquillità iniziale, di quel briciolino di silenzio capace di fungere da primo gradino sul quale salire per intraprendere l'ascesa verso la sublimità del fotografare zen.

Mi è accaduto raramente. L'ultima volta fu nell'ormai lontano millenovecentonovantotto. Lo scorso secolo.

Perciò, giusto per prenderla sul ridere, ho raccolto nel corso degli anni le battute più diverse, da quelle ragionevoli alle più stolide che possiate immaginare. Stampatevi la tabella e portatela con voi, insieme alle tabelle Schneider della profondità di campo. Ogni volta che sentirete pronunciare una di queste battute, dovrete compiere due operazioni successive:

  1. Scegliete una delle tre risposte, a seconda del vostro stato d'animo del momento, e usatela per replicare all'interlocutore;
  2. Fate una crocetta accanto al punteggio relativo. Ho assegnato un punto alla risposta "professionale", zero punti alla risposta aggressiva e tre punti alla risposta creativa. Dopo tutto, siamo o non siamo degli artisti? Quando avrete raggiunto i cento punti, inviatemi una mail di solidarietà. Non si vince niente, ma condividere con qualcuno il proprio sconforto può essere un sollievo. Ah, a proposito, le tabelle in bianco al fondo di ogni gruppo servono a registrare le battute inedite, quelle che io non ho ancora avuto il piacere di sentire.

Ecco la prima serie di tabelle. Garantisco che ciascuna delle battute che vi sono registrate è rigorosamente autentica.

Battute

Risposte possibili

Punti

Ma è una macchina a lastre?

a. Sì

1

b. Non faccia domande ovvie

0

c. No, è un lacantoscopio omeostatico asincrono

3

State girando un film?

a. No, sto fotografando

1

b. Perché, questa le sembra una cinepresa?

0

c. Non lo dica a nessuno, ma stiamo girando un documentario in coproduzione BBC-KGB sulla gente che fa domande cretine

3

Ma perché fotografa con una macchina vecchia?

a. Non è vecchia, è un banco ottico professionale: è vero che apparentemente non sono cambiati negli ultimi cento anni, ma la tecnologia che c'è dentro è molto avanzata

1

b. E lei perché va in giro con quel rudere fatiscente ostinandosi a chiamarlo moglie?

0

c. Possiamo affermare, senza tema di essere smentiti, che, considerato da un certo qual punto di vista oserei dire filosofico (ma potrei anche definirlo strettamente semiotico), il sentimento delle cose passate tende in realtà ad infuturarsi in archetipi universali che sequenzialmente sbocciano alla soglia della coscienza addivenendo - in modo graduale (ma non certo inavvertibile) - alla dignità di oggetti per così dire immaterici, ma ben presenti nel vissuto individuale e nondimeno collettivo dell'umanità

3

Ao', quello ci mette un'ora a fare una foto che io ci metto tre secondi

a. Questo è un apparecchio professionale, le procedure sono più complesse che con la sua compatta, ma il risultato è superiore.

1

 

b. E' per questo che le mie foto io le vendo a trecentomila l'una. E tu le tue a quanto le vendi, idiota?

0

 

c. Io in tre secondi impartisco lezioni di grammatica italiana. Prezzi modici.

3

Filippo, vieni via, ché da lì escono i raggi!

a. Ma no, signora, non si preoccupi: è solo una macchina fotografica.

1

b. Vieni qui Filippo, vieni anche tu a sparare, così proviamo a incenerire qualcuno di questi balenghi.

0

c. Non dite niente, ma sbloccate il fermo della testa del cavalletto e ruotate improvvisamente l'apparecchio, puntando l'obiettivo contro Filippo e sibilando: "Fsssssssst!"

3

 

 

Ma perché mette la testa sotto quella specie di sacco nero?

a. Il vetro smerigliato non è molto luminoso, così bisogna osservarlo al buio.

1

b. Perché, vuoi vedere anche tu le donne nude?

0

c. Soffro d'asma, e ogni tanto ho bisogno di respirare dentro questa macchina.

3

Ma con quella si può fotografare di tutto?

a. Certamente, e con una qualità molto superiore.

1

b. No, se cerco di fotografare tua sorella si spacca l'obiettivo: è automatico, non posso farci nulla.

0

c. Fotografare? Lei crede veramente che questa macchina serva a fotografare?

3

Che cos'è quella macchinetta più piccola?

a. E' un esposimetro spot. Serve a misurare la luce.

1

b. E' una pistola a raggi paralizzanti e tra un secondo te la punto sulla lingua.

0

c. Questa è la vera macchina fotografica. L'altra è una casetta per criceti estensibile.

3

Uh, ma guarda quanto s'allunga!

a. L'allungamento del soffietto è necessario per fotografare da vicino o per usare lunghe focali.

1

b. Invidia del pene, eh?

0

c. E' che devo lasciare un po' di spazio per consentire ai criceti di sgranchirsi le zampe.

3

Ma lei fa la pubblicità?

a. No.

1

b. Sì, alla dentiera de tu' nonno.

0

c. Lei crede davvero che i miei criceti si presterebbero a simili bassezze?

3

Mamma, perché quel signore adopera quel cavo lungo col bottone?

a. Lo scatto flessibile evita di imprimere vibrazioni alla piastra portaottica.

1

b. Signora, se non lo fa stare zitto glielo dico io dove lo metto il cavo lungo col bottone.

0

c. Ssssst, sto facendo l'iniezione a un criceto.

3

Ed ecco le tabelle bianche a vostra disposizione:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Queste erano le domande dei profani, quelli che incontri nei pressi dell'albergo e che capiscono di fotografia giusto quello che serve a sapere che c'è un bottone da qualche parte e che lo devi premere se no non viene niente. Poi ci sono gli "esperti", i fotoamatori "evoluti" che vanno in giro con la "combat photo vest", il giubbotto milletasche rigonfio di zoom Tamron, filtri Cokin e flash Nikon dedicati, senza dimenticare l'anello di inversione per capovolgere l'obiettivo e fare la macro. Tengono anche un taccuino e una biro su cui annotano scrupolosamente soggetto, ora e luogo delle riprese, tempo e diaframma usati, nel caso un giorno potesse servire. Scattano sempre tre foto per ogni soggetto: una giusta e due sbagliate, rispettivamente sottoesposta e sovraesposta di un diaframma. Chiamano questa cosa "bracketing", non sanno perché la fanno ma pensano sia giusto. Li incontri lungo i sentieri di montagna, lungo le piste più frequentate dagli escursionisti domenicali, sembra che si diano appuntamento nei luoghi appena descritti dall'ultimo numero di qualche rivista alla moda. Intorno al collo, una larga cinghia di nylon nero sorregge il corpo macchina, dotato dello zoom più lungo che si possa reperire in commercio. Un aggeggio talmente pesante che ti chiedi perché non lo ripongano in una delle tasche del loro strepitoso giubbotto paramilitare. La risposta va cercata nella forte simbologia fallica dello zoom: sorreggere con mano ferma un obiettivo di tal fatta, rigorosamente rivolto in avanti (guai a lasciarlo andare, si sbilancerebbe e punterebbe verso il basso, provocando un clamoroso calo di autostima), ti mette alla pari di Rambo quando imbraccia il suo bazooka portatile: un segno di potenza virile a cui nessun trentenne dotato di cervello rinuncerebbe, soprattutto quando si percorrono i sentieri di montagna in compagnia della moglie/fidanzata, costretta, povera, a portare lei lo zaino con le cibarie e gli abiti di ricambio, perché il maschietto rampante già deve accollarsi l'attrezzatura foto. Un appello alle case costruttrici: piantatela di fare zoom compatti, tanto non ve li compra nessuno.

Ebbene, gli esemplari fin qui descritti sono invero i più pericolosi, perché loro fanno le domande "da esperti", e non si accontentano di una spiegazione qualunque, nooo, loro vogliono una risposta degna del loro livello di conoscenza. In cuor loro sono dibattuti fra due sentimenti contrastanti: da un lato ti giudicano un idiota, perché pensano ma chi glielo fa fare di portarsi in giro un aggeggio del genere quando c'è la mia Nikon/Leica/Canon che fa le foto migliori del mondo che quando le proietto bucano lo schermo; dall'altro capiscono che tu appartieni a un mondo diverso (l'agognato, sospirato, favoleggiato mondo dei "pro", come li chiamano loro) e ti credono depositario di conoscenze a loro negate, di segreti e trucchi del mestiere trasmissibili solo da bocca di druido a orecchio di druido, di un sapere circonfuso di mistero. Scatta così il complesso di Prometeo, l'ansia di carpire il fuoco degli dèi per distribuirlo ai comuni mortali. Le loro domande hanno sempre un secondo fine, come quelle del tizio che interroga insistentemente i parenti affranti intorno alle circostanze di una morte improvvisa, impaurito dal sapere che il proprio amico e collega è venuto a mancare per un subitaneo infarto, ma consolato e rassicurato dal fatto che sì, effettivamente fumava molto. E aveva pure la pressione alta. Allo stesso modo con le loro domande essi cercano maliziosamente di "rubare" quelli che credono segreti professionali, consolati e rassicurati poi dalla constatazione che di segreti non si tratta e che nessuno sa cose che non possano essere imparate.

E così, proprio mentre stai lavorando e avresti bisogno di concentrazione, eccoti costretto a rispondere a domande-trabocchetto, a furbesche inquisizioni, a questioni il cui scopo recondito (anche se malcelato) è quello di coglierti in fallo.

Anche le domande che seguono sono state raccolte sul campo e sono tutte autentiche

Domande

Risposte possibili

Punti

Che obiettivo sta usando?

a. Un normale da 150 millimetri

1

b. Uno che tu non ti potresti mai permettere

0

c. Quello giusto

3

Ma come, un 150 millimetri lei me lo chiama normale? Ma non è un tele?

a. Tutto dipende dal formato: convenzionalmente si considera normale un obiettivo la cui focale è più o meno pari alla diagonale del fotogramma: nel piccolo formato circa 50 mm, nel medio formato 80 e nel formato 4x5" 150 mm. Lo stesso vale per tutte le altre focali: un obiettivo da 90 mm è un tele corto per il piccolo formato, un normale nel medio formato e un grandangolare piuttosto spinto nel grande formato.

1

b. Lo chiamo come mi pare.

0

c. Eeeh, caro amico, il concetto di normalità si basa su parametri del tutto arbitrari e convenzionali che potrebbero costituire l'oggetto di un serio ed approfondito dibattito, malauguratamente improponibile in questa sede. Se tuttavia fosse così cortese da lasciarmi il suo indirizzo di posta elettronica, le manderò una mail.

3

Non riesco a capire il principio dei movimenti dei corpi: come fa la luce a incurvarsi all'interno del soffietto?

a. Vi lanciate in una dotta disquisizione sulla teoria dei punti coniugati e sulla regola di Scheimpflug. Disegnate in terra il cono di raggi, lo schema ottico dell'obiettivo e cercate di far capire al vostro interlocutore come funziona il cerchio di copertura. In un empito di generosità (del quale sicuramente vi pentirete) lo invitate sotto il panno nero per mostrargli come si spostano gli oggetti sul vetro smerigliato e come cambia la prospettiva muovendo le standarte. Dopo venti minuti quello non avrà capito niente lo stesso (non perché sia un idiota ma perché nell'ansia di spiegargli tutto in cinque minuti lo avrete completamente frastornato) ma la vostra coscienza, forse, sarà appagata.

1

b. La luce non si incurva, imbecille.

0

c. In fondo, che cos'è la luce? Un mistero per noi mortali, un dono ineffabile degli dèi, un'entità impalpabile la cui intima struttura ci è ignota. Fotoni che danzano la loro danza primordiale? Onde armoniose che si propagano nell'etere? Che altro? Luce, principio di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono.

3

Certo che gli obiettivi per il grande formato sono poco luminosi, eh? Delle vere ciofeche!

a. La luminosità, o apertura relativa massima, è il risultato del rapporto tra la lunghezza focale e il diametro dell'apertura effettiva. Un'apertura relativa massima superiore a f/4,5 imporrebbe la realizzazione di lenti esageratamente grandi e pertanto costosissime, oltre che del tutto inutili: il diaframma di lavoro normale, nel grande formato, si aggira intorno a f/22 e talvolta è anche più chiuso. Per osservare il vetro smerigliato, poi, le aperture normalmente usate sono più che sufficienti (a patto di usare il panno nero).

1

b. Già, solo che queste "ciofeche" tu te le sogni, bello.

0

c. La luminosità non è tutto: pensa a quante cose si possono immaginare nella penombra, alla poesia del crepuscolo, alla nostalgia sottile delle ore che precedono l'alba. Immagina…

3

f/45, f/90… da cosa sono giustificati diaframmi così chiusi?

a. Le ottiche per il grande formato sono caratterizzate da una lunghezza focale piuttosto elevata (il normale è pari a 150 mm nel formato 4x5"), da cui consegue una profondità di campo critica. Per questo i diaframmi di lavoro sono più chiusi di quelli tipici del piccolo e del medio formato. Il problema del tempo di otturazione non si pone, dal momento che la macchina viene sempre montata sul cavalletto.

1

b. Mai sentito parlare di nitidezza, pivello?

0

c. Non percepisci la bellezza di un foro infinitesimale, di una rosa di lamelle che si chiudono come un fiore notturno, pudico e sensuale al tempo stesso?

3

Lei applica il sistema zonale, vero?

a. Vi lanciate in un'interminabile disquisizione sul sistema zonale e sulle sue applicazioni. Alla fine il malcapitato butterà via la sua copia del Negativo di Ansel Adams, acquistata a metà prezzo sulle bancarelle e mai aperta, perché ormai sa tutto.

1

b. Se non chiudi il becco applico il sistema Mike Tyson: due diretti destri e un gancio sinistro in rapida successione.

0

c. Sì, ma l'ho migliorato (e non dite altro).

3

Naturalmente lei sviluppa e stampa da solo le sue fotografie...

a. Rispondete sì, oppure no, precisando in entrambi i casi le ragioni della vostra scelta. Ad esempio, "sì perché così applico pienamente il sistema zonale ed esercito il completo controllo sull'immagine"; "no perché lavoro prevalentemente su pellicola invertibile" e così via...

1

b. E tu cosa ti fai da solo, eh?

0

c. In effetti la fase del trattamento è importante (risposta che non dice nulla e che lascia il vostro interlocutore a macerarsi nel dubbio).

3

Lei ha un sito internet?

a. Rispondete sì cercate disperatamente un foglietto e una matita ci scrivete sopra l'indirizzo che naturalmente non sta tutto in una riga e allora spiegate che dev'essere comunque scritto tutto attaccato e senza spazi anche se siete andati a capo perché ha visto non stava su una sola riga poi spiegate che avete messo i frames il suo browser supporta i frames vero? ma non i Java perché non sono sempre facilmente leggibili solo aspetti qualche minuto perché sa com'è ci sono molte immagini e quelle si caricano lentamente forse è meglio che si colleghi alla sera guardi tra le undici e mezzanotte ho constatato che è l'ora migliore poi mi scriva che cose ne pensa eh?
1

b. Sì, ma non sperare di trovarci le tette, guardone.

0

c. Qualche volta anche più di uno.

3

Ma con quella macchina si può fare la macro?

a. Certamente, basta allungare il soffietto. Solo che scendere al di sotto del rapporto di 1:1 pone alcuni problemi ottici, comuni del resto a tutti i sistemi di ripresa.

1

b. Con questa io ci faccio qualunque cosa, occhei?

0

c. Da un punto di vista strettamente ottico, considerato il rapporto t/f, la risposta non è difficile. Considerando tuttavia la variabile f come strettamente connessa alla determinazione del valore di R, non si può non constatare quanto le cose si complichino e in un certo senso vadano ad obliterare quanto sostenuto in precedenza. Detto in altre parole…

3

Ma non c'è proprio nessun controllo elettronico che faciliti il lavoro? Proprio una roba primitiva, eh?

a. L'unico ausilio elettronico che io adopero in esterni è un esposimetro piuttosto sofisticato: la macchina in se stessa è totalmente meccanica. Esistono tuttavia molti accorgimenti elettronici dedicati soprattutto alla fotografia in studio. C'è anche la possibilità di montare otturatori controllati elettronicamente, ma hanno applicazioni particolari e non sono poi così indispensabili nell'uso normale.

1

b. No, ma c'è la sedia elettrica per i rompiballe.

0

c. Esiste tutta una serie di microcircuiti neuronali, invisibili al profano, che collegano il terminale uomo alla macchina. Ma si tratta di un segreto del mestiere noto soltanto ai fotografi professionisti. Faccia conto che io non le abbia detto nulla.

 

E' un panno nero particolare quello che lei usa?

a. Qualunque pezzo di stoffa nera va bene. Tuttavia esistono accorgimenti che ne facilitano l'uso e ne migliorano le prestazioni, quali l'esterno argentato, l'elastico per assicurarlo alla standarta posteriore, il velcro per impedire infiltrazioni di luce...

1

b. No, è un pezzo del cappotto di tua nonna.

0

c. Sarebbe difficile non sostenere che non sia vero il contrario di quanto lei ha appena affermato, anche se personalmente vivo la sua domanda come un messaggio denso di non detti che mi stimolano a formulare una risposta variegata e oserei dire provocatoria, anche se in verità meno articolata di quanto forse lei si aspetterebbe

3

Che cosa succede quando si raggiunge il limite di estensione del soffietto?

a. Succede che il rapporto di riproduzione non è più incrementabile, e che per fotografare all'infinito non possono essere montate ottiche la cui lunghezza focale superi il valore del tiraggio (tranne nel caso degli schemi a teleobiettivo)

1

b. Che se tiro ancora lo strappo

0

c. Succede che i criceti devono tornare indietro

3

Anche per questa seconda tipologia di domande, ecco le tabelle bianche che voi potrete riempire a vostro piacimento:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buon lavoro, e... a proposito, ma voi che cosa date da mangiare ai vostri criceti?

Michele Vacchiano © 7/2001
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