LE IMMAGINI DI CARLO RIGGI
Agostino Maiello, marzo 2001

Fotografare è innanzitutto voglia di scoprire, e di stupirsi ancora.

Carlo Riggi, siciliano, in arte "Pizia". Sì, come l'oracolo. Ed il fatto che sia siciliano ci fa subito venire in mente uno scenario, un confuso miscuglio di ricordi personali, letture, cinema, luoghi comuni, reminiscenze scolastiche, da Pirandello a Camilleri, dalla luce abbagliante delle estati isolane alla caotica modernità del traffico palermitano, dai paesini dimenticati dell'interno ai monologhi del Principe Fabrizio di gattopardiana memoria. Dopodiché confrontiamo queste nostre immagini con ciò che conosciamo del fotografo Carlo Riggi, e ci diciamo: sì, è un siciliano. Di più: è un siciliano del presente, di quest'epoca. Ancora di più: è un fotografo siciliano, e la fotografia, come la Sicilia, è femmina.

"A mio avviso fotografare è femminile", ha scritto Riggi. "Femminile singolare, per la precisione. Insisto molto spesso sul concetto dell'ascolto di una foto. L'ascoltare è molto meno intrusivo del guardare, meno attivo. A mio avviso fotografare è un'attività passiva (contraddizione in termini, formale ma non sostanziale). L'approccio femminile è accogliente, passivo, concavo. Il maschile è sollecitante, attivo, convesso. Per me una foto va colta, raccolta, non va costruita. Intendo dire che va colta anche quando è costruita in studio! (altra contraddizione...). Va colta un'esperienza di sé elicitata da un fatto esterno in un luogo. Ne scaturisce un tema. L'approccio attivo premette il tema e costruisce un luogo: operazione posticcia. La fotografia è femminile, è materna, è ricettiva."

Vediamo di approfondire questo approccio, questa visione della fotografia: "Ciascuno di noi può essere maschile o femminile nel proprio approccio alle cose, alla vita, alla fotografia. Per questo distinguerei in femminile e maschile, piuttosto che in donne e uomini. Ciascuno può essere passivo, ma è una qualità che richiede un notevole esercizio interiore." E ancora: "Attraverso misteriosi interstizi la fotografia ci svela porzioni di realtà praticamente invisibili. Il fotografo non crea la foto, la raccoglie nel punto stesso dove ha pre-visto di incontrarla. Quando poi la ritrova, sulla carta o sullo schermo da proiezione, egli ne resta stupito, come vedesse per la prima volta qualcosa di finora indefinito della sua realtà interna e di quella esterna."

E allora guardiamole, queste foto. Una cosa ci colpisce: la evidente preferenza per il bianco e nero. "Amo il bianco e nero per la sua capacità di mettere in evidenza le forme, le geometrie, le profondità. Ne apprezzo la naturale insaturità: la proprietà, cioè, di non inondare di contenuti oggettivi la mente del fruitore, ma di consentirgli percorsi di lettura propri e derive emozionali del tutto originali e inedite." Notiamo inoltre una forte coerenza interna delle immagini. Nessun dettaglio superfluo, niente è di troppo. Possono piacere più o meno, ma si ha la precisa sensazione che quella immagine poteva essere solo così, e non altrimenti. Un chiaro indice del risultato raggiunto dall'autore: e cioè voler trasmettere un qualcosa pur attraverso foto non costruite, non volute, ma solo "cercate", beninteso sempre nel senso indicato più sopra. Ed infatti: "L'immagine riuscita è bellezza, è armonia, è il tempo che si ferma per sempre allo scatto dell'otturatore. La fotografia nasce nel silenzio, dall'ascolto, quando ad imprendibili incroci di spazio tempo ed emozioni avviene il collimare di una preconcezione con un evento, e allora, ineluttabile, irrompe il bisogno del clic."

Agostino Maiello © 03/2001
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