JAN SAUDEK E JOEL-PETER WITKIN IN MOSTRA A MILANO
L'erotismo di Saudek e il macabro di Witkin si incontrano al PAC di Milano, grazie a due mostre allestite in contemporanea e visitabili fino al 27 aprile 2008

Aprono al PAC Padiglione di Arte Contemporanea di Milano due antologiche dedicate a due grandi nomi della fotografia contemporanea internazionale.
La prima, intitolata "L'universo in una camera", presenta oltre ottanta opere fotografiche di Jan Saudek, in bianco e nero e poi colorate a mano: una vera e propria antologica dell'artista ceco accompagnata da un ricco catalogo, pubblicato da Federico Motta Editore, che ne presenta il lavoro al pubblico italiano.

Nato a Praga nel 1935, Jan Saudek coltiva il sogno di diventare fotografo sin dall'adolescenza, quando nel 1950 il padre gli regala una macchina fotografica, con cui ritrae per prima cosa il fratello gemello. Autodidatta, visceralmente indipendente, osteggiato dal regime comunista, per anni fotografa nella cantina di casa (quel muro umido e scrostato che fa da sfondo diventerà in seguito la sua cifra stilistica), vincendo le norme morali e le regole sociali in vigore per seguire la sua passione. Ed è attraverso la fotografia che riesce a liberare le sue indignazioni, i suoi desideri, i suoi deliri e le sue emozioni: un grido della mente, del cuore, del sesso.

Ciò che interessa a Saudek, sia come autore e regista che come truccatore e talvolta scenografo, è l'essere umano e le sue relazioni. Crea immagini che esplorano più i sogni che la realtà, sebbene fortemente caratterizzate dalla sanguigna personalità sempre espressa dalla persona ritratta e che sono contemporaneamente un pugno nello stomaco e un gioioso inno alla vita. Attraverso gli scatti in bianco e nero (che dal 1977 inizia a colorare a mano) il suo potere di trasformazione del mondo reale scava nell'animo umano. Egli crea delle fantasie teatralizzate per dire la sua verità e per renderla fuori dal tempo. I suoi nudi focalizzano, con tecnica ruvida, un erotismo grottesco e intrigante, sia nella forma che nel contenuto.

Grazie all'umorismo, all'ironia, al kitsch e alla forza del desiderio che sempre si rinnova, egli instaura una visione caratterizzata tanto dal suo fervore quanto dalla sua estetica e dalla sua coerenza. Ossessionato dal tempo, dall'invecchiamento, dalla perdita della bellezza, Saudek si mette a nudo fino a far sanguinare il suo intimo. Lucido, impulsivo, eccessivo, ha infuso la sua anima nelle sue opere che esprimono l'impossibilità della felicità nel segreto della famiglia umana. Creatore underground a lungo condannato alla marginalità dalle autorità, politiche e di altro genere, Saudek è ormai riconosciuto non solamente come un protagonista emblematico della sfida ceca, ma un artista da annoverare a pieno titolo nella storia della fotografia.

L'altra mostra è dedicata a Joel-Peter Witkin, fotografo e artista completo: stampa il negativo in camera oscura ma poi lo graffia, usa il collage, il colore diventando così anche pittore, scultore e performer. In mostra circa quaranta opere vintage e recenti, in bianco e nero, ripercorrono il lavoro del fotografo americano che affronta tematiche forti ma quotidiane.
Nato a Brooklyn nel 1939, figlio di madre italiana cattolica e padre russo ebreo, Witkin ha vissuto un fortissimo e contrastante rapporto con la Religione, Dio, il concetto di Punizione e Morte.

Simbolica ed esemplare "Man Without a head" del 1993 che ritrae il cadavere di un uomo seduto su una sedia: nudo, senza testa e ai piedi un paio di calzini. L'evidente stato di morte per decapitazione e la posizione, seduto come nell'attesa del suo turno, contrastano fortemente con questi calzini neri che tuttavia diventano il punto più forte di tutta la composizione, traccia di vita che lega il cadavere ancora a questo mondo terreno.
Joel Peter Witkin è riuscito a cogliere il passaggio esatto tra il "qui" e l'aldilà: un limbo dove forse, come si dice, ogni corpo morto perde 21 grammi. Il peso dell'anima? Diversamente dalle apparenze, tuttavia, il suo è un inno alla Vita. Partendo dal buio dell'anima dei suoi soggetti, l'artista squarcia il velo sottile tra il mondo "normale" e il mondo delle altrui perversioni, che indaga con la perizia e la maniacale morbosità di un anatomopatologo d'anime costringendo chi guarda ad affrontare le peggiori paure, il proprio "lato oscuro".

Risale al '56 il lavoro Freaks (approssimativamente tradotto in 'Mostri') dedicato ai personaggi del Circo di Coney Island, un mondo abitato da diversità e ombre sul quale l'artista giovanissimo vuole gettare un raggio di luce e dal quale è al contempo irrimediabilmente attratto – il suo primo rapporto sessuale fu con un transessuale del circo.
Successivamente la guerra in Vietnam, cui prese parte come reporter (1961-64), lo spinge a considerare la morte con una normalità e un'attenta perizia simile a quella di un medico chirurgo. Cade anche l'ultimo tabù: maneggiare cadaveri - corpi di persone sconosciute e mai reclamate per farne soggetti di opere d'arte. Uomini anonimi e soli i quali tornano protagonisti, in un "viaggio a ritroso" dalla morte alla vita, per un attimo.
Il tempo di uno scatto, prima di affidarli all'eterno.

Chi volesse approfondire il discorso sull'opera di Witkin può farlo grazie all'esaustivo dossier pubblicato in passato su Nadir.

INFORMAZIONI PRATICHE
Le due mostre, visitabili con un unico biglietto (intero 6€, ridotto 4€), sono allestite presso il PAC Padiglione di Arte Contemporanea (via Palestro 14 - Milano) dal 28 febbraio al 27 aprile 2008.

Orari: da martedì a domenica 9.30-19.30, giovedì fino alle 22.30, lunedì solo il pomeriggio 14.30-19.30. La biglietteria chiude un'ora prima della chiusura. Per informazioni: www.comune.milano.it/pac.
I cataloghi di ambedue le esposizioni sono pubblicati da Federico Motta Editore.