LA FOTOGRAFIA DI ARCHITETTURA
Tecnica, obiettivi ed attrezzatura
Rino Giardiello, febbraio 1998

Fotografare bene un'opera architettonica sembra la cosa più facile del mondo: si inquadra e si scatta "cercando di prendere tutto", magari utilizzando una reflex molto costosa anziché una compattina da poche lire.

Un po' di attenzione nell'inquadratura (magari aiutati da un mirino reticolato) e la foto, anche se scattata a mano libera come questa sopra, sembrerà più rigorosa e professionale.

Il problema non è tutto qui, non si tratta di "prendere tutto" o "non prendere tutto", avere una buona reflex con un obiettivo costosissimo o una compatta di poche pretese.

Se per il turista domenicale l'esigenza prioritaria è quella di portare a casa la foto in cui "si vede" il monumento, già lo studente di architettura ha il problema di dover capire il soggetto fotografato e raccontarlo in maniera corretta a chi vedrà le foto, a partire dal docente del corso, riuscendo a mostrare nel migliore dei modi i volumi che compongono l'edificio, far capire la disposizione e le dimensioni degli spazi interni ed esterni.

Logicamente anche la qualità tecnica ha il suo peso: un obiettivo economico avrà una bassa risoluzione e/o una evidente distorsione (linee dritte che vengono riprodotte curve). Questo causerà la perdita di alcuni dettagli (il muro era in granito, in cemento o intonacato?) e seri dubbi su altri (la parete era davvero curva?). Non confondiamo però la distorsione con le linee cadenti: la prima è l'incapacità di un obiettivo di riprodurre una linea retta come tale (ed è un difetto dell'obiettivo non dipendente da noi né eliminabile in alcun modo), le seconde sono le caratteristiche linee in fuga prospettica che avvengono quando, per esempio fotografando un grattacielo, si inclina la fotocamera verso l'alto. Le linee cadenti dipendono da noi e possiamo evitarle avendo cura di mantenere la fotocamera parallela al piano del soggetto da fotografare, adoperando specifici e costosi obiettivi in grado di basculare e decentrare o salendo di formato (e costi!) per arrivare al banco ottico, lo strumento fotografico perfetto per la fotografia di architettura da tutti i punti di vista.

Non confondete la distorsione con le linee cadenti o con le fughe prospettiche, quelle che si ottengono inclinando verso l'alto o verso il basso la macchina fotografica. Basta un po' di attenzione per evitarle, a meno che non sia proprio l'effetto che volevate!

LA GIUSTA ATTREZZATURA
Lasciando da parte le esigenze del professionista e dell'editoria (entriamo in un mondo completamente diverso, quello legato al Grande Formato ed agli apparecchi in grado di basculare e decentrare), vediamo cosa occorre per fare delle foto buone senza spendere un capitale:

Una reflex 35mm di buona qualità con il controllo manuale dell'esposizione. Le fotocamere reflex mostrano nel mirino ciò che verrà sulla foto, quindi l'inquadratura sarà molto più precisa e si possono evitare con facilità le linee cadenti. L'esposizione manuale permette di misurare la luce sulle zone che più ci interessano escludendo le altre. Le foto di architettura sono sempre piene di forti scompensi di illuminazione (finestre e lampade) o di altri elementi che possono ingannare l'esposimetro (pareti bianche o nere, superfici riflettenti). Se la fotocamera lo permette, è bene sostituire il vetrino standard con quello reticolato: diventa molto più facile comporre l'inquadratura e, soprattutto, mantenere le linee dritte.

Un buon obiettivo grandangolare, possibilmente ben corretto per la distorsione, ed un teleobiettivo anche moderato per riprendere i dettagli architettonici. Quali lunghezze focali servono? Gli obiettivi non bastano mai, bisognerebbe averli tutti, ed in campo architettonico ci si trova spesso con le spalle al muro desiderando un grandangolare più spinto. Per un uso generico la terna 24, 35 e 135 mm è più che adatta. Con dei costi accettabili si possono acquistare obiettivi luminosi e di buona qualità. Scartate gli zoom: anche spendendo il doppio delle tre lunghezze focali appena citate, si avrà una qualità nettamente inferiore, maggiore distorsione e minore luminosità. Gli zoom hanno gli indiscutibili pregi della velocità (ma gli edifici non scappano) e leggerezza, ma salvo i più blasonati e costosi non offrono mai una resa accettabile a tutta apertura e nella distorsione.

Un treppiedi stabile. All'interno la luce è sempre poca per lavorare a mano libera ed anche una moderna pellicola sensibile non avrà mai la resa qualitativa e la resa cromatica di una buona invertibile da 100 ISO. Inoltre, per avere a fuoco dal primo piano allo sfondo occorre chiudere il diaframma ed i tempi si allungano sensibilmente.

Pellicole di buona qualità (non mirate al risparmio a tutti i costi) e, se possibile, di tipo invertibile (le diapositive). Logicamente se pensate di dover fare molte ristampe, utilizzate una normale negativa a colori: costeranno molto meno. Usate le negative anche se avete dei dubbi sull'esposizione: perdonano molti errori, le diapositive no.

La distorsione (grafico a lato): se le linee rette delle vostre foto vengono riprodotte come raffigurato non è colpa vostra ma dell'obiettivo.

La distorsione dell'esempio in alto si chiama "a cuscinetto", quella dell'esempio in basso "a barilotto". Come appena detto, dipendono esclusivamente dall'obiettivo e non da voi. Questi difetti ottici, al contrario di tanti altri, non diminuiscono o scompaiono chiudendo il diaframma.

Evitate i grandangolari molto economici perché il risparmio, di solito, avviene proprio nella pessima correzione della distorsione.

Rino Giardiello © 02/1998
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