UN BANK PER TUTTI
La morbida luce dei bank è stupenda in mille occasioni ed in particolare nel ritratto, ma non serve per forza una sala di posa ben attrezzata per avere questa luce
Rino Giardiello, dicembre 2001

Spesso sento dire dai miei amici fotoamatori che non possono realizzare buone foto perché privi di una sala di posa con i flash o altri illuminatori di tipo professionale.

La sala d'ingresso e ricezione del mio studio: oltre allo stile d'epoca, simile a quello degli atelier fotografici d'inizio secolo, è possibile notare gli ampi lucernai del soffitto che, anche nella sala di posa sul retro, permettono il controllo di un'ampia luce di tipo naturale (in realtà dietro il plexiglas opalino, solo sul retro, ci sono dei potenti neon a luce bianca).

Foto in alto: stato di fatto con flash. Foto in basso: stato di fatto senza flash. Ecco il set (casa mia) così com'è. Nella foto con senza flash si nota già come la finestra sia un potente bank in grado di fornire una luce morbida e gradevole.

La cosa non è del tutto vera: basta ingegnarsi un po' per ottenere il controllo della luce o per sfruttare al meglio quella esistente. In esterni, per esempio, ho fatto ottimi ritratti ambientati fotografando il soggetto nelle zone d'ombra degli edifici (a volte vado in spiaggia e sfrutto il lato in ombra dei casotti): perché cercare tanta luce a tutti i costi soprattutto oggi che una pellicola negativa da 400 ISO è quasi indistinguibile da una da 100? E perché desiderare ardentemente tante luci da controllare (spesso male) quando si può lavorare benissimo con una sola?

Ma torniamo alle foto in studio ed al nostro bank...

Durante i miei corsi di fotografia, costringo spesso gli allievi a fotografare con una sola luce o ad uscire con un solo obiettivo: è un ottimo metodo per imparare ad usare maggiormente il cervello ed i piedi, e a non adagiarsi sulla comodità delle tante luci e delle infinite focali degli zoom. L'esperienza mi ha insegnato infatti che troppe comodità portano spesso a risultati banali e poco personali.
E poi, perché dover ricorrere per forza agli illuminatori esterni? Ricordiamoci gli atelier fotografici di inizio secolo: le sale di posa vere e proprie venivano realizzate nei sottotetti, sempre dotati di ampie finestre per ottenere la maggiore quantità di luce possibile. Questa luce veniva gestita grazie ad ampi tendaggi, la stessa cosa che ho fatto io nel mio studio, una ricostruzione abbastanza fedele degli atelier d'inizio secolo con tanto di salotto all'ingresso dove ricevere i clienti (vedi foto). Senza ricorrere a soluzioni eccessivamente complicate (io ho fatto in modo da poter controllare la luce da tutte le direzioni ed in tutti i modi possibili ed immaginabili, ma si può vivere anche senza), possiamo adoperare la luce della finestra di casa che ha il grosso vantaggio di essere a disposizione di tutti.

La luce naturale che entra dalla finestra, però, varia enormemente a seconda dell'esposizione della finestra, delle stagioni e delle ore del giorno. A parte la diversa intensità, varia anche come temperatura cromatica e come grado di diffusione (quando il sole è di fronte alla finestra la luce è forte e dura, se è al lato opposto è molto morbida).

Io ho preferito eliminare queste variabili utilizzando una pellicola in bianconero (quindi la diversa temperatura colore nelle diverse ore della giornata non è più un problema, ma non è neanche - all'occorrenza - una comoda opzione in più: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca), e filtrando la luce con una tenda bianca: in tal modo il grado di diffusione è costante e ricorda tanto quello di un bank di grosse dimensioni (la finestra di casa mia è alta più di tre metri e larga altrettanto: non oso pensare a quanto costerebbe un bank così!). L'unica variabile che resta, quindi, è quella dell'intensità luminosa, ma lavorando con una pellicola da 400 ISO si rientra sempre in valori più che accettabili anche con obiettivi non troppo luminosi.

Il vero problema è lo sfondo: non sempre è sgombro o facilmente sgombrabile, cosa logica trattandosi della casa dove si abita di solito, quindi con librerie, mobili, la gabbia col criceto ed i quadri alle pareti.

Io ho aggirato questo problema in questi modi:

L'ESPOSIZIONE
Il soggetto sarà sempre diviso abbastanza nettamente tra luce ed ombra. Nel caso del ritratto, un corretto approccio fotografico consiglierebbe di effettuare una misurazione spot sul viso del soggetto decidendo a priori se esporre per le luci o per le ombre, ma all'atto pratico la cosa è molto più semplice e, se non s'inquadra la fonte luminosa, ci si può fidare della misurazione media della maggior parte degli esposimetri incorporati nelle reflex: eventuali piccoli errori verranno senz'altro compensati dall'ampia latitudine di posa delle pellicole negative. L'utilizzo di pellicole bianconero da 400 ISO ammorbidirà ulteriormente l'eccessivo contrasto: le foto che vedete in queste pagine sono state realizzate tutte con una normale HP5 Plus esposta alla sensibilità nominale e sviluppata in Microphen. L'esposizione è stata effettuata sempre in automatico (ho lavorato a priorità dei diaframmi con l'obiettivo a tutta apertura), lettura media e senza alcuna compensazione. Riguardo a questa (la solita lettura media), pensavo che andasse peggio ed ho lavorato così quasi per sfida: invece i negativi sono stati tutti molto uniformi ed i tempi di stampa variavano tra i 18 ed i 20 secondi per una stampa 24x30, quindi con differenze davvero minime.

Il conoscere bene la risposta dell'esposimetro incorporato nella propria reflex, comunque, è fondamentale: molte persone mi scrivono lamentandosi che l'esposimetro a lettura media della propria reflex è guasto o sbaglia spesso, ma il più delle volte si trattava solo di ragionare un po' di più sul tipo di luce (gli errori più frequenti sono nelle situazioni di controluce non troppo evidenti: anche uno sfondo bianco può portare a delle decise sottoesposizioni). Non date la colpa alla fotocamera: le letture dell'esposimetro vanno interpretate e non si può pretendere di inquadrare e scattare!

I RISULTATI
Davvero buoni, non c'è che dire, grazie anche alla pazienza ed alla disponibilità della modella: quando ho detto ad Isma che dovevamo andare a fare delle foto davanti alla tenda di casa pensava che la stessi prendendo in giro ("Come, non le facciamo in studio?"). Poi si è prestata di buon grado ("Tu sei tutto matto!") e parte delle foto scattate sono qui in questa pagina.
Il limite maggiore di questa soluzione è proprio nello sfondo di casa, spesso difficile da coprire, ma - se si è fortunati - può diventare parte integrante della foto.

Rino Giardiello © 12/2001
Riproduzione Riservata

Pubblicato su REFLEX di giugno 2001
Modella: Isma Di Lallo.