BIANCONERO? PARLIAMONE
Dalla ripresa alla stampa, l'analisi della migliore attrezzatura e dei migliori materiali

Simone Bassani, settembre 2000

Ogni qualvolta mi trovo a dover sviluppare una stampa, inserisco il foglio in quella bacinella che contiene il primo bagno, attendo ... attendo...
e poi, come per magia, vedo che qualcosa cambia, appare del grigio, sul bianco della carta, sempre più nero, i toni si estendono...
Nasce la stampa fotografica.

Qualche dissertazione sull'immagine in Bianco e Nero...
L'emozione che ha uno stampatore o un neofita è la medesima, ci si stupisce innanzi alla stampa corretta, ci si emoziona, quando si accende la luce, ci si deprime, quando la carta si asciuga. Il buon vecchio Ansel Adams usava un forno a microonde per asciugare velocemente le provinature e vedere cosa a tutti gli effetti avrebbe ottenuto dalla stampa definitiva. Egli stesso, con anni di esperienza alle spalle, l'ideatore del sistema zonale, non si fidava dell'asciugatura.

L'occhio inganna... La mente in camera oscura naviga tra mille e mille idee, tra i filtri, le carte, il focometro e le bacinelle. Ci si lascia trasportare dalla voglia di evadere, in un ambiente in cui il tempo non presenta problemi, in cui il caldo ed il freddo, i pensieri e le premure sono del tutto catalizzate da un'unica azione.

Stampare! Gioia e dolore del fotografo, tra divertimento e noia, tra immagini ben riuscite e bruttissimi prodotti, si cerca sempre più di risolvere i problemi che si incontrano, talvolta ci si riesce, altre meno. Ma cosa in definitiva distingue il bravo dal cattivo stampatore? La capacità di scelta.
icazioni che ci permettono di finalizzare come vorremo il nostro operato! Per stampare si è soli!

Vero è che in alcuni casi si stampa per altri, ma quando si inizia si è soli! E per comunicare, dobbiamo ragionare con la nostra mente, non con quella altrui, dobbiamo seguire il nostro istinto e non i dettami di chi stampa da anni (perché anch'egli può sbagliare).

Io ho compreso che la camera oscura è un luogo in cui le regole non esistono. Ci vogliono 20°C, NO! Se a 20°C vado nel pallone ed a 24°C tutto mi risulta facile, allora nella MIA camera oscura ci vogliono 24°C. E BASTA! GUAI A CHI MI CONTRADDICE!

Perché?

Perché se debbo passare del tempo al buio, all'umido, al freddo o al caldo debbo sottostare alle regole altrui?
Perché ottieni dei risultati migliori! E chi te lo dice?

Ho provato a stampare a 20°C con una gradazione 3 (ad oggi è la standard) e mi sono ritrovato con degli obbrobri, ho usato una 00 (che è definita squallida) ed ho ottenuto ciò che mi ero prefissato...

La capacità di sintetizzare un discorso, di esprimersi e di comunicare esula dal concetto di tecnica o tecnicismo finalizzato alla buona stampa.

Le qualità di un buono stamp

Non è la conoscenza del sistema zonale, l'attrezzatura, l'esperienza, i chimici e la carta usata, o qualsiasi altra cosa si voglia sfruttare. Certo, possiamo essere agevolati, ma non impariamo a stampare con tecniche altrui, con mezzi sovrumani, con investimenti innaturali. Partiamo dal poco.

Iniziamo pure con poco.
E allora...
Allora, basta una compatta, una pellicola Plus-X, il vecchio D-76, magari diluito 1+1 (finchè non lo sostituiranno del tutto, usiamo ancora il buon vecchio "brodo"!), basta un ingranditore, due bacinelle, sviluppo e fissaggio, acqua, carta e tanta voglia di fare. Ma questa voglia dobbiamo pur incanalarla!

Se non sappiamo accendere l'ingranditore, come facciamo? Semplice: un libercolo, piccolo piccolo, tascabile, economico! Che spieghi come fare i primi passi, ma solo quelli.

E gli amici con Adams? ... Quelli che il sistema zonale lo usano anche sui maccheroni! ... Come fare?
Fregarsene. Lasciare tutto alle spalle, stampare è semplice, divertente e creativo!

Creativo?
Sì, creativo!
Deriva da CREATIVITA': capacità di CREARE.
Ma è anche capacità di plasmare, di esprimersi, di comunicare.

Lasciamo scaturire dalle nostre idee le indatore sono tali se su 50 immagini (che devono descrivere un evento) egli riesce ad ottenere la medesima estensione di toni in ogni fotografia. Ciò non significa che si debbano fare dei capolavori e che sia necessario stampare solo ciò che è "bello". Non servono negativi perfetti, non servono immagini uniche! È fondamentale sapere quando un miglioramento della stampa produce un risultato valido o inutile.

Lo spettatore non deve mai dire: "Ma che bella stampa!!!" Egli deve esprimersi dicendo: "Ma che bella fotografia!!!".
Il concetto di "estetica".
Il connubio tra immagine e prodotto cartaceo è essenziale, non ci si deve minimamente discostare dal comprendere che una fotografia brutta può essere migliorata da una bella stampa, ma una fotografia di per sé bella con una stampa "fantasticamente" corretta, potrebbe diventare asettica.

Allora dove risiede il concetto di estetica? È in natura.

È il connubio risultante tra due prodotti (scatto e stampa) che si uniscono senza prevaricarsi, facendo sì che l'idea venga trasmessa con la maggior semplicità possibile.

Troppo spesso ci si sente dire: "Bella fotografia, ma la stampa è un po' grigia!" Oppure: "Che bella questa stampa!" O meglio: "Se tu avessi usato una carta ... avresti ottenuto un risultato migliore"...

Sono tutte asserzioni inutili e dannose.

Non esiste fotoamatore che disdegni il cimentarsi con le immagini dei professionisti. Ci si stupisce innanzi alle fotografie di Salgado, Adams e Bresson poiché hanno una targhetta che riporta il nome di colui che le ha realizzate, se però il nostro amico ci presenta un bianco e nero privo di bianchi e neri (un unico, delicatissimo passaggio di grigi) lo affossiamo come se avesse prodotto un obbrobrio!

Ma poi, ripensandoci, quell'immagine ci ha dato qualcosa. Ci ha trasmesso una sensazione, un'emozione. Se avesse avuto tutti i toni sarebbe stato lo stesso? Credo di no! Ma generalmente si suppone che l'unico ad avere diritto ad un'interpretazione del reale sia l'artista, il fotografo professionista, colui che dispone di mezzi e possibilità...

Professionisti e dilettanti...
Ma non è vero! Il fotografo e lo stampatore sono dei professionisti poiché si cibano con il proprio lavoro, l'amatore (o fotografo dilettante) lo vive come diletto, uno svago, uno spensierato divertimento.

Quali sono le differenze? Le attrezzature? Non generalizziamo, esistono amatori che hanno fior di sistemi! I luoghi ripresi? No.. oramai sono moltissime le persone che viaggiano! L'occhio allenato? Ma se giudichiamo una fotografia l'occhio l'abbiamo!

Per scattarla dobbiamo essere solo più attenti e concentrati verso ciò che ci interessa.

Il numero di rullini scattati? Certo, per le news, ma se per cinque anni andiamo alla piazza del paese, prima o poi troviamo qualcosa da riprendere, e alla fine, dopo 250 Domeniche ed altrettanti rullini, avremo almeno un'ottima immagine!

No! L'unica differenza tra diletto e professione è la capacità di condensare la fotografia in pochi istanti, risolvendo i problemi con l'esperienza e le competenze dovute.

Il professionista deve necessariamente dare sicurezza e lo si paga proprio per questo!

Cosa significa tutto ciò?
Semplice: volevo fare intendere a chiunque che le mostre vanno viste con un'attenzione differente, non bisogna giudicare l'immagine di Erwitt bella perché nasce da un grande e quella di Claudio brutta perché è dilettante, non bisogna neppure dire che Claudio ha fatto una bella immagine ma se ci fosse stato Erwitt...

Magari il nostro buon E.E. non l'avrebbe neppure vista quell'immagine, magari l'avrebbe sbagliata, magari c'era, l'ha scattata, ma l'ha stampata male (ora premetto che non ho ancora visto fotografie di Erwitt stampate "male") e noi non l'abbiamo notata poiché non ci trasmetteva alcunché.

Farsi capire, trasmettere idee ed emozioni, creare e distruggere. Tutto questo è nelle mani di colui che entra in camera oscura. Una bella responsabilità, vero?

Ma per trasmettere e comunicare, una volta realizzato lo scatto, servono dei mezzi...
Iniziamo con una frase classica:
Forse non tutti sanno che... Le fotocamere, gli obiettivi, gli ingranditori, gli sviluppi, pellicole e carta, gli esposimetri ed accessori vari.. tutto ciò che asserve la fotografia in generale non deve essere l'esasperata concretizzazione delle mode progressiste oggi al mondo.

Zoom, autofocus, program, esposimetri Matrix, carta politenata, pellicole a sviluppo cromogeno... sono solo inutili variazioni sul tema del BN.

Inutili sino ad un certo punto, però, perché comunque esiste gente che necessita di tutto ciò e che cerca di sfruttare i limiti di questi sistemi.

Limiti??? Sì, limiti, limiti immensi. Le nuove attrezzature, unitamente ai nuovi materiali, in ragione di un calo delle qualità del fotografo hanno sopperito a tali mancanze con tecnologie computerizzate finalizzate alla riproduzione di un risultato standardizzato!

Lo zoom è comodo se non possiamo né avvicinarci, né allontanarci dal soggetto, ma se solo ci ritroviamo in un fortissimo controluce, con una situazione di foschia all'orizzonte, forte contrasto e soggetto che si staglia sul bianco, anche la tecnica del fill-in flash, non ci permette di sopperire al notevole calo di qualità rispetto alle ottiche fisse (da questo discorso vengono ovviamente estromesse ottiche come il Leitz Vario APO Elmarit R 70-180 f/2.8, il Contax Vario Sonnar T* MM 35-135 f/3.5-4.5, l'Hasselblad Variogon CF140-280 f/5.6, e pochissime altre di fabbricazione europea che non presentano cali qualitativi di alcun genere, a fronte di un costo proporzionalmente elevato).

I limiti delle nuove tecnologie si presentano anche nel momento dell'esposizione...
L' F-5 ha a disposizione uno dei migliori sistemi esposimetrici che esistono oggi in commercio (Canon dispone dell'autofocus, Minolta del progam intelligente, Leica e Contax delle ottiche). Se vogliamo però sfruttare tutte le nostre qualità di fotografi, dobbiamo malauguratamente affidarci tuttora ad una valutazione visiva della scena!

Qualsiasi necessità dell'individuo può essere semplificata ed asservita dai mezzi tecnici, ma il nostro potere decisionale non deve essere subordinato al TTL-concept.

Ritenere che la fotocamera sappia fotografare meglio di noi, scegliendo quale soggetto è in luce e quale è in ombra, è la più grande idiozia esistente. Prima scrivevo di visualizzazione dell'immagine: scelta del soggetto e dei toni (morbida o contrastata), decisioni personali e determinate dalla nostra volontà, come la scelta della temperatura dei bagni o tante altre variazioni rispetto ai dogmi librari che spesso ci assillano...
Imposizioni?
Non esistono imposizioni che ci possono portare a costruire una bella immagine.

Noi scegliamo in base alle nostre esigenze, volontà e possibilità.

Prima parlavo degli zoom di medio bassa qualità (ivi comprese ottiche definite professionali da tante case).

Il discorso merita un'attenzione particolare:

I migliori obiettivi in ripresa...
I migliori obiettivi per il bianco e nero non vengono più prodotti da diversi anni a causa un maggior interesse per la fotografia a colori. La fotografia in Bianco e Nero necessita di ottiche che riproducano tutte le sfumature del reale e che diano piena leggibilità nelle zone di alta luce e bassa luce. Nel colore gli obiettivi debbono essere ottimizzati per una miglior riproduzione della scena a livello cromatico, nel controluce e nei contorni del soggetto. Tutto ciò ha fatto sì che le aziende abbiano scelto una politica di progresso indiscriminato, introducendo nella maggior parte dei casi lenti che danno la massima definizione a scapito di una miglior riproduzione dei toni della scena. In poche parole riprendere con obiettivi datati, molto spesso gratifica l'immagine in Bianco e Nero (e questo vale anche per le ottime ottiche Zeiss, Leitz, Rodenstock e Schneider).
Viceversa, molte di queste anziane ed ottime ottiche, fantastiche con il bianconero, spesso sono deludenti nella resa col colore.

Le migliori pellicole per il bianconero...
Le migliori pellicole non sono quelle di ultimissima generazione. Le Kodak Plus-x e Tri-X, le Ilford FP-4 ed HP-5 si presentano ad oggi come la miglior soluzione a tutte le esigenze del fotografo medio.

A mio avviso (e ribadisco che come tutti i giudizi espressi sono mie convinzioni, ma surrogate da diversi riscontri tecnici) le Fuji Neopan 400 e 1600 iso (a fronte di un costo molto elevato) offrono l'unica alternativa di ultima generazione alle classiche pellicole usate da decenni.

Le pellicole Kodak T-Max, T-Max CN, Ilford Delta ed XP-2 si presentano come eccellenti soluzioni per i fotoreporter, ma nella maggior parte dei casi mostrano limiti notevoli (conosco fotografi che le sfruttano ed ottengono immagini ineccepibili, ma la loro esperienza nell'utilizzo di queste emulsioni li colloca in una fascia a parte).

Agfa...
La casa tedesca è stata estromessa da questo discorso molto generico sulle pellicole. Offre prodotti eccellenti, in particolar modo la 100 iso che si presenta come un'ottima alternativa a qualsiasi pellicola di vecchia o nuova generazione, ma negli ultimi anni l'azienda ha perso il blasone conquistato tempo fa. Dire se sia la migliore o la peggiore non è compito mio, meritano di essere provate tutte le emulsioni, teniamo però presente che le prime 4 pellicole elencate sono storicamente quelle più utilizzate e più facilmente sviluppabili.

Esistono pellicole EKFE, MACO, PATTERSON, LUCKY, TURA e FOMA, ma dai riscontri ottenuti, a fronte di un costo inferiore, non offrono le stesse garanzie delle emulsioni precedentemente elencate. (eccettuata la Patterson che risulta essere una buona soluzione).

Gli sviluppi per il bianconero...
Gli sviluppi: tutte le marche sono ottime, ma bisognerebbe valutare le esigenze personali.

Uno standard è Kodak D-76 o Ilford ID-11 per le pellicole, Kodak Decktol Pro, Iford Bromophen o Agfa Neutol per le carte baritate ed Ilford Multigrade o Ilfospeed per le politenate.

Discorso valido in generale, non estendibile a dogma, vista la vastità dei prodotti disponibili sul nostro territorio.

Le marche migliori per completezza e qualità dei prodotti sono TETENAL, KODAK e MACO LP, quasi sullo stesso piano AGFA, ILFORD ed ORNANO, inoltre esistono PATTERSON, EFKE e molte altre soluzioni.

Non è possibile né si vuole emettere una classifica, ma qualsiasi giudizio deve necessariamente essere dato in funzione dell'esperienza personale, unita alle considerazioni altrui. In questa ottica esorto i più esperti a provare (se non ancora testati) i prodotti elencati, per meglio comprendere quali siano le differenze tra le varie aziende, ed alla fine (magari scegliendo EFKE) avere una visione più completa del mercato del Bianco e Nero.

La carta...
Per la carta, vista l'uscita di produzione della leggendaria Kodak Elite, sostituita da una non meglio identificata emulsione multicontrasto Fine Art, posso solamente dire che esistono diverse marche, tutte valide, tutte da gustare (AGFA, KODAK, ILFORD, TETENAL, MACO).

Volendo economizzare esiste la EFKE, sfruttabile per i limiti congeniti, ma degna di nota per coloro che non hanno particolari esigenze.

Gli ingranditori...
Gli ingranditori più diffusi sono i Durst i quali, a fronte di una vasta gamma di prodotti, offrono una valida costruzione meccanica ed un prezzo contenuto (il rapporto qualità prezzo non è a mio avviso introducibile in alcun giudizio, la serietà dell'azienda, la validità dei prodotti, la consapevolezza che ogni spesa è commisurata alle esigenze personali, è l'unico metro di giudizio per l'acquisto realizzato).

Marche differenti esistono e si presentano comunque ad un valido livello: LUPO, KAISER,MEOPTA, IFF ed AHEL. Al top troviamo DE VERE, BASELER, LEITZ ed OMEGA, senza dimenticare tutte quelle marche che vengono diffuse e risultano essere difficilmente reperibili, se non sconosciute.

Le ottiche da stampa...
Le ottiche da stampa sono di diverso tipo, le più conosciute sono le Rodenstock e le Schneider, all'interno della gamma esistono diversi valori e diverse finalizzazioni di utilizzo. In base alle esigenze è possibile trovare ciò che si soddisfa, dimenticatevi che gli obiettivi APO siano dedicati al solo colore, anche nel bianco e nero offrono una miglioria rispetto alla media dovuta ad una miglior qualità ottica.

I sistemi di illuminazione per la stampa.
I sistemi di illuminazione per la stampa sono differenti e differenti sono quindi gli ingranditori:

Luce condensata diretta:
la lampadina è posta sopra il condensatore, ottima nitidezza ed eccelsa resa in fase di stampa, è il sistema più vecchio, ma ancora la miglior soluzione per la quasi totalità delle esigenze.

Luce condensata a specchio:
offre le medesime prerogative del sistema precedente, ma il contrasto è lievemente aumentato. (La luce della lampada viene deviata sul condensatore da uno specchio a 45°).

Luce puntiforme:
massimo contrasto, massima definizione, ma la grana permea la stampa. È ormai quasi abbandonato.

Luce diffusa:
generalmente usata per la stampa a colori. Presenta un calo di nitidezza ed un notevole calo di contrasto rispetto ai precedenti sistemi.

Luce multigrade:
per nitidezza e contrasto simile alla condensata diretta, ma permette il pieno sfruttamento delle più moderne emulsioni multigrade.

Luce fredda:
generalmente usata per il grande formato, riduce al minimo la grana e le imperfezioni (oltre al contrasto, sono difatti richiesti sviluppi particolari), ma lascia inalterata la nitidezza a fronte di una eccellente estensione tonale.

Luce flash:
generalmente usata per la stampa a colori, offre la massima nitidezza ed il massimo sfruttamento della carta, senza inflessioni cromatiche.

Tra tutte le soluzioni (e ne esistono tantissime altre) è meglio fermarsi a ciò che si ha, o ciò che si trova, e stampare con serenità.

Conclusioni...
In conclusione: tra mille opportunità, la bella fotografia nasce dall'idea e non dal mezzo, in talune situazioni l'oggetto ci può permettere di sfruttare al meglio le nostre qualità, ma non sempre...

Nella fotografia sportiva si sono sempre ottenute immagini validissime anche senza autofocus.

In questo periodo mi è giusto capitato di sentire un famoso fotografo sportivo che per settimane non ha colto un goal: aveva appena cambiato corredo e tutto sembrava funzionare al meglio, la sua bella EOS 1n, i suoi mega autofocus, le sue ottime qualità, ma ogni volta che una squadra segnava, lui non c'era con la testa. Possiamo avere tutto, ma nulla può sostituire la nostra materia grigia. Quando i suoi problemi finirono, ritornò ai suoi livelli, indipendentemente dal corredo a disposizione.

Il bianco e nero è interpretazione, non si avvale di zoom a quindici lenti e mille riflessi: serve la testa, la capacità di cernita e la volontà di esprimersi. Ritengo che la sperimentazione rientri nella formazione dell'individuo, penso che si debba cercare di trovare un linguaggio che ci permetta di comunicare al prossimo ciò che pensiamo, ciò che abbiamo visto o ciò che ci è piaciuto.

Una volta che siamo soddisfati del nostro risultato, nessuno conta più.

Egoisticamente, dobbiamo rinnovarci per noi stessi, altrimenti ci fossilizziamo per aggradare gli altri. Il bianco e nero è il linguaggio espressivo che ci permette di trasmettere un'emozione, nulla distoglie il soggetto, nulla deve forzarne l'interpretazione. Noi ci esprimiamo senza l'uso del colore, per rendere più chiaramente intuibile ciò che vogliamo comunicare. Non sono io solo a pensarlo, ma è ciò che gente come Henry Cartier-Bresson e W. Eugene Smith ha dichiarato.

Simone Bassani © 09/2000
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