L'ESPOSIMETRO COME DENSITOMETRO PER NEGATIVI BIANCONERO
Romano Sansone, marzo 2003

Nella ricerca, sviluppo e controllo di qualità dei materiali fotosensibili è d'uso convertire la misura dell'energia luminosa trasmessa dalle pellicole, o riflessa dalle carte fotografiche, in valori della densità D, unità che definiremo più avanti. Questo è l'oggetto della densitometria.

Mettendo in relazione i valori di D con i corrispondenti valori di esposizione ai quali i materiali fotografici sono stati sottoposti, questi vengono caratterizzati in termini della loro sensibilità alla luce, e si parla allora di sensitometria.

Un comune esposimetro misura l'energia luminosa emessa o riflessa da un oggetto e la traduce in segnali che, trasmessi al sistema di esposizione automatica o letti ed impostati manualmente, consentono l'esposizione corretta del negativo.

Sono le caratteristiche costruttive a distinguere i diversi strumenti che misurano l'energia luminosa, ma in linea di principio il risultato è lo stesso, ed un buon esposimetro o una fotocamera ad esposizione automatica possono essere egregiamente utilizzati per misurare la luce trasmessa da un negativo BN e per conoscere più a fondo il comportamento della pellicola in diverse condizioni di impiego. Pensiamo che questo possa essere apprezzato da tutti quelli che sperimentano con pellicole, rivelatori e cicli di sviluppo, e che cercano la conferma nei risultati di stampa. Può infatti essere utile quantificare una volta per sempre il comportamento di una pellicola, leggendo nella curva sensitometrica

L'esempio che presentiamo prevede l'uso di un Sekonic L-508 con spot da 1° a 4° per la luce riflessa e con una comoda variante del sistema di misura della luce incidente, con la calotta del diffusore che può essere retratta in un apposito alloggiamento. In entrambi i casi l'esposimetro può essere appoggiato al negativo, a sua volta appoggiato su una superficie piana trasparente attraverso la quale viene illuminato. Ogni luce parassita viene così schermata, a tutto vantaggio della precisione di lettura. Per le sue dimensioni il diffusore è più adatto per i negativi di medio formato.
In teoria la lettura può essere effettuata in termini di tempi di otturazione o di diaframmi, in pratica si ottiene una maggior precisione fissando il tempo di otturazione e leggendo i diaframmi, perché la scala dei tempi del Sekonic L-508 è divisa in intervalli di mezzo stop, mentre l'intervallo tra due valori del diaframma è diviso in dieci parti, indicate da un numero da 1 a 9, affisso a destra del diaframma inferiore. Ad esempio, <4.0 3> ( Fig.1).

Fig. 1
Il numero 3 indica che il diaframma cade tra f/4.0 ed f/5.6; in particolare, poiché la luce si dimezza da f/4.0 ad f/5.6, essa viene ridotta di 3/10 di 1/2, cioè di circa 1/7.

È una precisione eccessiva per l'esposizione, ma è utile per l'uso del Sekonic L-508 come densitometro. Se però si dispone di esposimetri che suddividono gli intervalli tra diaframmi in mezzi o in terzi di stop si può procedere allo stesso modo. La tabella 2, prevede anche questi casi.
Per chi non disponesse di un esposimetro esterno l'uso di una macchina ad esposizione è ugualmente possibile se si ha cura di coprire l'obiettivo con un coperchio forato. Il diametro del foro non deve superare la dimensione del lato corto del fotogramma, per evitare infiltrazioni di luce che falserebbero la lettura.

La conversione delle letture dell'esposimetro in densità richiede la conversione dei valori del diaframma dalla forma "ibrida", nella quale essi vengono forniti dal Sekonic, ai loro valori reali. Questi calcoli sono stati eseguiti ed incorporati nella tabella 2, tuttavia la tabella 1 ed una breve spiegazione possono essere utili per la loro comprensione.

Tabella 1

Si tratta ora di trasformare i valori dei diaframmi calcolati come sopra in valori della densità D, che viene definita come segue:


dove Ts è la misura della luce trasmessa dal supporto non esposto del negativo, e Te è la misura della luce trasmessa dal negativo esposto.

Chi non sa o non ricorda che cos'è un logaritmo non deve preoccuparsi, nella tabella 2 sono stati eseguiti, a meno di una semplice divisione, i calcoli necessari. Tutto si riduce a misurare Ts e Te. (Per la precisione, la densità D così calcolata è la densità dello strato sensibile, la cosiddetta densità al di sopra di base+velo. La densità totale del negativo è composta da quella dello strato sensibile e da quella del supporto, e richiederebbe, al posto di Ts, la misura di Ti, cioè della luce incidente sul negativo, ma per il nostro scopo questa densità non è interessante, perché ciò che la carta registra in fase di stampa sono le differenze di densità tra strato sensibile e supporto).

Preparazione dei negativi
Per tracciare una curva che dia informazioni affidabili occorre esporre una serie di fotogrammi che coprano una gamma di esposizione più larga rispetto a quella normalmente considerata utile per la stampa, e
con esposizioni ravvicinate nella sezione delle ombre.

Con il formato 35mm questo può essere fatto agevolmente con 13 fotogrammi, più uno non esposto. Con il 6x6 si può saltare uno stop nella zona medio alta della curva ed utilizzare la testa o la coda della pellicola come negativo non esposto. Con il 6x7 è necessario dividere l'esperimento su due rullini. Più precisamente, detta E l'esposizione indicata dall'esposimetro, i fotogrammi saranno esposti come segue:

E - 5

E - 4.5 E - 4 E - 3.5 E - 3 E - 2 E -1
E            
E + 1 E + 2 E + 3 E + 4 E + 5    

Il modo più sicuro per ottenere fotogrammi esposti in maniera uniforme su tutta la loro area consiste nel puntare verso una zona alta del cielo con l'obiettivo focheggiato su infinito e coperto con un diffusore come un vetro opalino o smerigliato.

La sensibilità della pellicola va impostata sul valore al quale si intende utilizzarla in pratica, e naturalmente i negativi devono essere sviluppati in conseguenza.

Misura e calcolo delle densità
La misura delle densità è semplicissima, basta appoggiare il negativo su una superficie piana trasparente ed illuminata in maniera uniforme.
Se non vi sono passaggi nuvolosi a far variare la luce, il vetro di una finestra va più che bene, altrimenti non ci sono limiti alla fantasia: un tavolo luminoso per visionare le diapositive sarebbe ideale, ma può essere sostituito da un tubo fluorescente protetto da una copertura opalina. Usando sorgenti luminose a distanza ravvicinata, effettuare la misura sempre nella stessa posizione per evitare errori dovuti a scarsa uniformità di illuminazione.

Appoggiare l'esposimetro contro il negativo non esposto regolando il tempo di otturazione ed eventualmente la sensibilità in modo che effettuando la lettura il diaframma cada tra f/11 ed f/16.
Annotare la lettura e continuare con gli altri fotogrammi mantenendo lo stesso tempo di otturazione.

Rimangono da convertire i valori del diaframma letti sull'esposimetro in valori rappresentativi della luce trasmessa. Assegniamo, come già fatto più sopra il valore di 1 alla quantità di luce passa attraverso il diaframma f/1. Le quantità di luce corrispondenti ai valori successivi del diaframma saranno

Inversamente, se l'esposimetro leggendo due aree diversamente illuminate ci dice che ad esse corrispondono i diaframmi 32 ed 1, vuol dire che la luminosità della prima è 1024 volte più grande. Analogamente, se alla luce trasmessa dal fotogramma non esposto corrisponde f/22 ed a quella trasmessa da un fotogramma esposto corrisponde f/2, le rispettive luminosità staranno tra loro come 512 e 4, ed il rapporto 512/4 = 128 è proprio Ts/Te. La densità D del negativo esposto è il logaritmo di 128, cioè 2.107 al di sopra di quella del supporto.

Nadir Magazine © Romano Sansone

Tabella 2

Come usare la tabella 2

Interpretazione dei dati
Nel diagramma in Fig.2:

In Fig.3 le curve superiore ed inferiore, con diversa inclinazione rispetto alla curva centrale, sono indicative di un maggiore o minor contrasto, dovuto a maggiore o minor sviluppo. Poiché la sensibilità varia con lo sviluppo, la variazione del contrasto è accompagnata da un'effettiva sovra- o sottoesposizione. Se ciò che interessa è il contrasto le curve indicano di quanto correggere l'esposizione, e più precisamente

Fig.3

Al contrario, se ciò che interessa è la sensibilità, come nel caso in cui si "tira" la pellicola, le curve indicano con esattezza l'efficacia dello sviluppo ed al tempo stesso forniscono utili informazioni sul contrasto.

Fig. 4

Infine, la Fig. 4 presenta una tipica curva sensitometrica "ad S", la cui curvatura è stata volutamente accentuata per evidenziarne le caratteristiche. La pendenza della curva passa da un minimo nella sezione bassa (piede) ad un altro minimo nella sezione alta (spalla), attraverso un massimo nella sezione centrale. A parità di densità delle zone I ed VIII, e quindi a parità di contrasto totale, la separazione nelle ombre e nelle alte luci è ridotta in favore di un miglior contrasto nei toni medi. In casi estremi questo fenomeno può condurre alla totale chiusura delle ombre o al cosiddetto bloccaggio delle luci.

Conclusione
Dato per scontato che la stragrande maggioranza di fotografi riesce a trovare attraverso l'esperienza la propria strada nel labirinto delle variabili del processo fotografico, riteniamo che un semplice metodo come quello qui presentato possa interessare quanti si divertono ad affrontare i probemi in maniera sistematica ed a conoscere un poco più a fondo i materiali con cui lavorano.

Romano Sansone © 03/2003
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