QUALE FORMATO FILE UTILIZZARE?
Saperne di più sui formati fotografici

Paolo Limoncelli, febbraio 2008

Nell'ambito del trattamento delle immagini digitali sono presenti molti formati file, alcuni specifici e strettamente legati ad un utilizzo mirato, altri più atti ad un uso generico. Questo articolo non ha il fine di spiegarne le specifiche tecniche, ma vuole semplicemente tracciare delle linee guida per l'uso corretto di quelli dedicati alla fotografia: il JPEG, il TIFF ed il RAW valutandone i pro ed i contro.
Tutte le fotocamere digitali, come ben noto, memorizzano le immagini nel formato JPEG, ma alcune permettono anche di selezionare i formati TIFF e/o RAW. Vediamo insieme i tre formati in dettaglio, per comprenderne pro e contro.

Cosa sono i bit per canale?

I bit per canale stanno ad indicare il numero di sfumature supportate da uno specifico formato file. L'immagine digitale è costituita da tre canali: Rosso Verde e Blu (in anglosassone RGB). Ogni canale ha una sua "profondità" di colore, ovvero un numero discreto di sfumature. Essendo la base di calcolo binaria, per conoscere il numero di colori corrispondenti ad un certo valore in bit basta calcolarne la rispettiva potenza del 2, quindi:

8bit = 2^8 = 256 colori
16bit = 2^16 = 65536 colori

La profondità del singolo canale moltiplicata per 3 (numero di canali) ci da la profondità di colore per il file. Ad esempio un file a 8bit per canale ha in totale una profondità di colore di 24bit che corrispondono a 16,7 milioni di colori.

Il JPEG è un formato di compressione per le immagini oramai consolidato ed affermato da molti anni. Progettato e scritto dal Joint Photographic Experts Group, è diventato in breve tempo il formato universale per la diffusione delle fotografie in rete. La sua caratteristica peculiare è proprio quella di essere stato scritto per la fotografia, in tempi in cui avere un modem a 56kbps era un lusso. Proprio questo aspetto è al tempo stesso croce e delizia.
Questo formato comprime l'immagine eliminando dati non percepiti dall'occhio umano. L'algoritmo che ne è alla base è abbastanza complesso e non ha senso in questa sede affrontare le specifiche dei rapporti di compressione e codici vari. Basti sapere che, in linea di massima, il suo funzionamento è legato all'accomunamento di aree di colore simili; in sostanza vengono appiattiti i passaggi tonali fornendo un’immagine percettivamente identica a quella non compressa, ma nella realtà priva di tantissimi dati.
La praticità del JPEG è innegabile e oggettiva. Nel caso in cui la foto debba essere sottoposta ad interventi importanti di post-produzione, l'uso di questo formato è sconsigliato. Infatti la compressione in questione è irreversibile; i dati eliminati dal salvataggio sono persi proprozionalmente al livello di compressione scelto. Ogni volta che si salva un file JPEG e lo si chiude, l'immagine subisce un degrado progressivo molto alto. Inoltre la codifica di questi dati è possibile solo a 8bit per canale che, in particolare per le immagini monocromatiche, sono veramente pochi.

Quindi, se successivamente alla ripresa pensiamo di intervenire sul file e vogliamo la massima qualità possibile, è meglio evitare di affidarsi al JPEG. Se proprio è necessario intervenire è opportuno seguire la seguente procedura:
  • aprite l'immagine JPEG;
  • salvatela in un formato senza perdita come il TIFF;
  • riaprite il TIFF per l'editing nel vostro software di fotoritocco.
Le reflex digitali e molte compatte prosumer offrono la possibilità di sfruttare il formato RAW (grezzo) anche detto negativo digitale. Tra gli innegabili vantaggi di questo formato sta appunto la possibilità di ottenere (in seguito alla sua conversione) file TIFF non compressi a 16bit per canale. Lo svantaggio principale è nel peso del file stesso, oltre che nella necessaria conversione via computer.
La mole di dati è considerevole (un sensore da 6Mpx produce file TIFF a 16bit di circa 40Mb) ma offre un "supporto" veramente affidabile per qualsiasi tipo di intervento.
E' bene precisare che il RAW è un formato "contenitore" la cui interpretazione è necessaria prima di fare qualsiasi ritocco.
Ogni casa fotografica ha il suo formato RAW proprietario, caratterizzato da un'estensione particolare. Di seguito una breve tabella con i principali produttori e relativi file grezzi.

*.CRW Canon
*.ARW Sony
*.NEF Nikon
*.PEF Pentax
*.ORF Olympus


In realtà il sensore della fotocamera "mediamente" acquisisce file a 12bit(*) per canale, che vengono poi convertiti a 16 nella scrittura del TIFF. La cosa importante da ricordare è che, a differenza della scrittura del JPEG, in questa fase non c'è perdita di dati. Per notare queste differenze è possibile fare un semplice test riportato di seguito. L'immagine 1 è un semplice gradiente da nero a bianco.



Immagine 1 - File di origine



Immagine 2
- File elaborato

L'immagine 2 evidenzia il degrado del file a cui è applicato lo stesso intervento (regolazione dei livelli) in formato TIFF a 8bit, a 16bit, e JPEG con qualità medio-alta. La regolazione è stata abbastanza aggressiva, proprio per portare alla luce la tenuta delle tre impostazioni.
Come si può notare la perdita di dati più alta si ha proprio nel JPEG. In particolare sono molto evidenti i caratteristici "blocchi" tipici di questo tipo di compressione.

In conclusione, per l'acquisizione di immagini senza particolari pretese, il JPEG è ancora la migliore scelta proprio per il compromesso qualità/velocità offerto. Per avere immagini di alta qualità, da riprodurre o da stampare, è bene preferire il formato TIFF. Un flusso di lavoro efficiente prevede lo scatto in RAW, la successiva conversione ed elaborazione in TIFF a 16bit (se sono necessari ritocchi), ed infine il salvataggio in JPEG al massimo della qualità (o minimo della compressione). Il file così creato offre un ottimo compromesso tra livello qualitativo e portabilità.

(*) Attualmente alcune reflex digitali di ultima generazione come le Nikon D3 e D300, insieme alle Canon 40D 1DMkIII e 1DsMkIII, offrono RAW a 14bit per canale.

Paolo Limoncelli © 02/2008
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