FOTOGRAFARE DI NOTTE
Consigli di fotografia notturna con le digitali

Michele Vacchiano, aprile 2010

La sensibilità
Prima di tutto, quale sensibilità impostare sul sensore?
Risposta: dipende.
Dipende, ovviamente, dal soggetto. Se fotografiamo soggetti in movimento e vogliamo ottenere un’immagine ferma, non ci sono che due soluzioni: aumentare a dismisura la sensibilità e/o usare il flash. Nel primo caso otterremo come sottoprodotto dell’operazione un rumore che – per quanto nei sensori di ultima generazione appaia contenuto – può rivelarsi un elemento di disturbo; nel secondo otterremo fotografie sbilanciate, col primo piano illuminato e lo sfondo nero, senza contare che l’uso del flash impone che il soggetto sia sufficientemente vicino. Diverso è il caso di uso del flash per schiarire il primo piano (fill-in). Ne parleremo dopo.
Se il soggetto è fermo, o se tutto quello che si muove nella scena non costituisce elemento di rilievo, la sensibilità può (deve!) essere impostata su valori ISO piuttosto bassi, paragonabili a quelli che si utilizzano normalmente per fotografare il paesaggio o l’architettura di giorno.
Questo perché la fotografia notturna di soggetti fermi (paesaggi o architetture, appunto) richiede l’uso obbligatorio e irrinunciabile del cavalletto.

Il bilanciamento del bianco
Lampioni al sodio, luci ad incandescenza, tubi al neon, insegne colorate… Luci di intensità, colore e temperatura quanto mai varie e impossibili da compensare. Il bilanciamento del bianco va effettuato sulla luce diurna. Eventuali compensazioni si faranno in fase di trattamento del RAW.

Restare fermi
Cavalletto obbligatorio, dunque. Ma non basta. Per assicurarsi il massimo della nitidezza è indispensabile ricorrere a ulteriori accorgimenti: blocco dello specchio, uso dello scatto flessibile, disabilitazione dei sistemi di stabilizzazione, che con la macchina sul cavalletto rischiano, paradossalmente, di generare immagini mosse, soprattutto se nella scena sono presenti figure in movimento (basta un ramo mosso dal vento!).

Esporre con cura
E’ ovviamente necessario decidere con accuratezza dove si vuol far cadere il grigio medio. In altre parole, quale elemento della scena si vuole esposto in maniera da renderne leggibili i particolari. Dati i forti contrasti in gioco, è essenziale essere consapevoli del fatto che – a parte il soggetto sul quale è stata calcolata l’esposizione – gli altri elementi della composizione rischiano di apparire illeggibili. E’ bene pertanto misurare accuratamente l’esposizione sulle aree della scena che si vogliono riprodotte correttamente, per poi effettuare ulteriori misurazioni spot sulle aree rimanenti, per vedere quanto esse si discostano dal grigio medio. Qualora fossero presenti vaste aree illeggibili, si potrà decidere di escluderle dalla composizione.

Dominare i contrasti
Fotografare nel buio più assoluto non è possibile. O meglio, è possibile, ma raramente conduce a risultati accettabili. Di solito la fotografia notturna implica forti contrasti tra fonti di luce (la luna, i lampioni, le luci della città) e zone d’ombra. Alcuni apparecchi consentono una certa qual compensazione delle alte luci e delle ombre già in fase di ripresa; tuttavia sarebbe più efficace equilibrare luci e ombre in fase di trattamento del RAW. A questo proposito, ci preme sottolineare come le correzioni effettuate in fase di trattamento del RAW portino a risultati qualitativamente superiori a quelli ottenuti agendo sul comando Luci/Ombre una volta aperto il file in Photoshop. Come è noto, l’intervento sul RAW non deteriora il file, cosa che invece può accadere una volta che questo sia stato aperto in Photoshop e salvato in JPEG.
Molti fotografi sono preoccupati dalla saturazione delle alte luci: lampioni, finestre illuminate e riflessi appariranno bruciati. Questo è inevitabile qualora si vogliano avere degli elementi leggibili nella scena. Del resto la luce è bianca e non avrebbe senso volerne attenuare la luminosità: le alte luci bruciate non devono perciò preoccupare, ma vanno accettate ed anzi trasformate in elementi significanti della composizione (ad esempio come contrapposizione ad aree di ombra profonda).
Spesso si presenta la necessità di schiarire un primo piano troppo scuro, oppure di mettere in risalto, illuminandolo, un elemento vicino. In questi casi si ricorre al flash, usato come luce di riempimento (fill-in) e non – ovviamente – come luce principale.

Il centro commerciale del Parco Dora a Torino. La forte illuminazione artificiale presente nell'ambiente ha permesso di rappresentare con la sufficiente leggibilità tutti gli elementi della scena. la fotografia a sinistra è stata scattata attraverso uno degli oblò metallici del piano superiore.

La Fontana-Igloo di Mario Merz. Il lungo tempo di otturazione ha permesso di rendere i getti d'acqua come strisce continue di luce. I pannelli luminosi triangolari indicano i punti cardinali.

"Opera per Torino" dell'artista danese Per Kirkeby. Le rigide linee ortogonali della costruzione contrastano con le forme morbide e "disordinate" della vegetazione. Le fronde dell'albero sono state schiarite con un colpo di flash, rivolto verso l'alto.

A sinistra, la chiesa del convento dei Cappuccini del Monte illuminata dall'opera "Piccoli spiriti blu" di Rebecca Horn. La dominante blu dovuta ai cerchi al neon è stata volutamente lasciata, curando soltanto di ammorbidire le ombre più dure. A destra, l'ingresso del Borgo medioevale al Parco del Valentino.

Piazza Castello nel mese di novembre. Il flash è stato usato per illuminare il primo piano mantenendo correttamente esposto anche lo sfondo.

Piazza d'Armi, lo stadio olimpico e (a sinistra) il Palazzo del ghiaccio progettato da Arata Isozaki. In questo caso è stata utilizzata la sola luce disponibile.

La passerella sospesa che unisce il Villaggio olimpico all'area espositiva del Lingotto e l'Arco olimpico.

Michele Vacchiano © 04/2010
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