JURASSIC PARK IN MADAGASCAR
Zeiss S-Planar 120/5.6 su Hasselblad
Pierpaolo Ghisetti, novembre 2013

Tutte le isole possiedono qualcosa di magico e misterioso, a cominciare proprio dal prototipo, ovvero l’Isola misteriosa di Verne: la meravigliosa Isola di Pasqua e gli enigmatici Moai, le affascinanti Galapagos, con i misteri dell’evoluzione, l’enorme Groenlandia e i suoi incredibili ghiacci, oppure la Nuova Guinea con la popolazione Dani, ferma, sino a pochi anni fa, all’età della pietra.

Nelle isole sembra talvolta che il tempo si sia fermato, e non solo metaforicamente: nell’enorme Madagascar, grande due volte l’Italia, vivono animali che si trovano solamente lì, rettili che nel loro piccolo ricordano i grandi dominatori della Terra del periodo Triassico e Cretaceo: i camaleonti.
Le leggi dell’evoluzione li hanno separati dal resto dell’Africa e fatti differenziare in modo autonomo, creando una famiglia di esseri viventi incredibilmente varia e colorata, di dimensioni estremamente mutevoli, da pochi centimetri di lunghezza ai sessanta centimetri del Camaleonte di Parson, il più grande esistente sul pianeta.

Questi animali possiedono la capacità di cambiare il colore della pelle grazie a un incredibile mimetismo, adattandosi pertanto ai variegati ambienti malgasci, dalle foreste spinose a quelle tropicali, rendendosi praticamente invisibili anche a pochi metri di distanza. Inoltre la loro capacità di rimanere immobili e di spostarsi in modo impercettibile aumenta la loro capacità mimetica, rendendo questa famiglia di animali una vera opera d’arte dell’evoluzione. Solo gli occhi allenatissimi della  guida mi permettevano di distinguerli nel fitto della boscaglia, anche se spesso mi trovavo a meno di un metro di distanza.

Per riprendere questi singolari animali ho usato un’attrezzatura abbastanza complessa ma che mi ha dato risultati di grande soddisfazione: ho infatti utilizzato l’ottica Carl Zeiss S-Planar 120/5,6 C per Hasselblad, completo talvolta di un anello di prolunga in unione con un piccolo flash di appoggio, che mi ha permesso sia di superare la limitata luminosità dell’ottica sia di illuminare degnamente i magnifici colori, degni di un Klee o di un Kandinsky.
Inoltre l’otturatore centrale dell’ottica mi ha consentito di variare la sincronizzazione del flash, ottenendo pertanto sfondi di diversa tonalità e non semplicemente neri, colore che dona un senso di artificialità alle immagini.

Il Planar 120/5,6  risale al 1965, costituito da 6 elementi in 4 gruppi, con una messa a fuoco sino a 0,95cm, per 600g di peso, complessivamente molto compatto, possedendo una lunghezza fisica di soli 8 centimetri. Il diaframma chiude sino a f/45. Poi nel 1973 è apparsa la versione nera e solo nel 1975 quella con trattamento T*. Nel 1982 è apparsa la versione definitiva CF, con luminosità portata a f/4 e messa a fuoco sino a 0,80cm. Avendo quest’ottica da tempo in corredo ed essendo convinto della sua eccezionale versatilità, ho deciso di usarla in questo viaggio come ottica tuttofare, sia per riprese ravvicinate che all’infinito, ove il Planar in realtà eccelle per planeità di campo. Il mio S-Planar risale alla metà degli anni Sessanta e non possiede il trattamento T* ma solo quello normale, tuttavia la resa del colore è molto naturale, occorre solo l’accortezza di non posizionarlo in netto controluce, ma agendo col flash in fill-in questa situazione viene solitamente evitata. Il tutto appoggiandomi naturalmente al solito, robusto cavalletto che sempre mi accompagna.

Occorre aggiungere che la caratteristica immobilità di questi rettili, specie di mattina, mi ha permesso di riprenderli con tutto comodo, piazzando il cavalletto anche a mezzo metro di distanza, chiudendo il diaframma solo sino a f/8, sempre però seguito attentamente dagli incredibili occhi indipendenti del camaleonte.
Anche i giganteschi e temibili coccodrilli, dalla impressionante dentatura, se ripresi al mattino presto nel fresco della boscaglia non mostrano scatti di nervosimo, semplicemente perché il loro motore interno necessità di diverse ore di calore per permettere alla gigantesca massa di muoversi in cerca di prede. Si tratta di animali che, se visti da pochi metri di distanza, possiedono la capacità di farti gelare istintivamente il sangue nelle vene e di riportanti indietro in un tempo indefinito, quando erano i rettili i veri dominatori del pianeta.

Quando poi è possibile chiudere il diaframma a f/16, come nel caso delle riprese ravvicinate delle piante, l’ottica dona il meglio di sé, con una meravigliosa sensazione materica, che fa sembrare realmente vivi i soggetti ripresi.

Purtroppo tutto ciò viene di molto vanificato nella trasposizione digitale per web, ma si tratta veramente di uno dei migliori obiettivi storici della Carl Zeiss per Hasselblad, messo talvolta in ombra dal successivo Planar 120/4, di più recente costruzione, che grazie allo stop in più di luminosità e la più favorevole distanza di messa a fuoco, risulta sicuramente più maneggevole e di uso più universale.

L’Isla Nublar di Jurassic Park esiste davvero, non con i rettili di milioni di anni fa, ma con una famiglia di rettili attuali, estremamente differenziati per forme e colori, esseri meravigliosi che solo la tavolozza di un grande pittore avrebbe potuto concepire: la Natura.

Pierpaolo Ghisetti © 11/2013
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