MACROFOTOGRAFIA NATURALISTICA A FORTI INGRANDIMENTI
Michele Vacchiano, settembre 2010

In un precedente articolo abbiamo parlato di obiettivi destinati a forti ingrandimenti. Abbiamo detto come queste ottiche, nate per la fotomicrografia, possano essere utilizzate anche sulle reflex per ottenere rapporti di riproduzione molto elevati e abbiamo mostrato degli esempi realizzati con lo Zuiko 20mm f/3,5 applicato tanto a una reflex digitale Canon quanto a una Hasselblad 503CW munita di soffietto di estensione. Ma è possibile usare questi obiettivi molto speciali anche per la fotografia naturalistica? La risposta in queste pagine.

La macro con il macro
La fotografia di fiori, insetti e piccole creature richiede, com'è noto, l'utilizzo di obiettivi macro, cioè di obiettivi che non soltanto siano capaci di garantire un sufficiente rapporto di ingrandimento, ma che siano anche (anzi soprattutto) corretti per lavorare da vicino. Gli obiettivi per uso generico, infatti, sono generalmente corretti dalle aberrazioni per distanze corrispondenti alla loro lunghezza focale moltiplicata per 50. Questo significa che un obiettivo da 50 millimetri "lavora" al meglio delle sue prestazioni quando è focalizzato su un soggetto distante circa due metri e mezzo. Al di sopra di questa distanza, ci pensa l'aumentata profondità focale a tenere a bada i difetti, mentre a distanze inferiori iniziano i guai. Ne deriva che gli obiettivi progettati per uso generico non sono adatti alla macrofotografia, nemmeno se montati, diritti o invertiti, su tubi di prolunga o soffietti. Come abbiamo già avuto occasione di raccomandare, la macrofotografia si fa con gli obiettivi macro. Ogni altra soluzione è dilettantistica.

Sul campo e in studio
Chi fotografa fiori e insetti vivi nel loro ambiente naturale utilizza rapporti di riproduzione non eccessivi. Superare il rapporto di 1:1 pone problemi logistici non indifferenti a chi si muove sul campo. Di conseguenza, l'idea di utilizzare all'aperto gli obiettivi per fotomicrografia è improponibile. Se si vogliono raffigurare stami o pistilli di piccoli fiori, occhi o teste di insetti, bisogna obbligatoriamente lavorare in condizioni controllate, cioè in casa o in studio. Questo implica la necessità di procurarsi il soggetto sul campo per poi portarlo a casa e conservarlo fino al momento delle riprese.

Procurarsi il soggetto
Catturare gli insetti non è sempre facile. Ovviamente dipende dagli insetti: durante l'estate la Cetonia aurata è talmente impegnata a nutrirsi che la si può prendere insieme a tutto il fiore su cui è posata senza provocare nessuna reazione. Libellule e farfalle sono invece quasi impossibili da catturare da parte di chi non abbia mezzi e conoscenze specifiche. Il momento migliore per catturare gli insetti è quando sono addormentati per il freddo. Ad essere precisi, il termine "addormentati" è improprio. In realtà gli insetti non dormono, tuttavia, trattandosi di animali eterotermi, la loro temperatura corporea e - di conseguenza - le loro funzioni vitali dipendono strettamente dalla temperatura esterna. Chi fotografa sul campo sa bene che all'alba, specialmente in montagna, gli insetti appaiono immobili, talvolta coperti di rugiada, intorpiditi e lenti a reagire.
Il retino da farfalle, l'ombrello da entomologo, la trappola per ditteri sono attrezzature più o meno specialistiche delle quali il fotografo può fare a meno, purché non si tratti di un fotografo scientifico. Per catturare gli insetti può essere sufficiente una scatola di plastica, di quelle nelle quali i laboratori consegnano le diapositive sviluppate (ammesso che ne abbiate conservata qualcuna dai tempi della pellicola). Gli scatolini cilindrici nei quali sono vendute le pellicole 35mm sono invece ideali per gli insetti più piccoli. Se dalla cattura a casa dovranno trascorrere diverse ore, è bene assicurare all'insetto il sufficiente ricambio d'aria praticando piccoli fori sulle pareti del contenitore: un punteruolo riscaldato sulla fiamma della cucina a gas provvederà a forare la plastica senza spaccarla.
Per catturare gli insetti bottinatori le due parti dello scatolino (la base e il coperchio) possono essere accostate al fiore, rispettivamente sui due lati. Quando l'insetto si posa bisogna chiudere rapidamente la scatola includendovi fiore e insetto.
Gli insetti volanti possono essere catturati posandovi sopra lo scatolino. Normalmente essi tendono a fuggire volando verso l'alto, per cui sarà abbastanza agevole passare il coperchio dal di sotto e sigillare la scatola prima che l'insetto capisca che per scappare deve volare verso il basso.
Evitate di catturare le farfalle con questo sistema: il loro frenetico agitarsi all'interno della scatola provocherebbe il danneggiamento delle ali e la perdita delle minuscole "tegoline" che ne costituiscono il rivestimento e ne determinano il colore.
Le cavallette, così frequenti nei prati d'alta quota, si prendono prima dell'alba, quando ancora fa freddo: al sorgere del sole questi ortotteri danno inizio ad una frenetica attività di ricerca di un partner e diventano troppo reattivi per poter essere catturati. Attenzione: molte specie di cavallette depongono le uova nel terreno. Se vedete una femmina che sta deponendo le uova (e cioè con il lungo ovopositore infilato nella terra) evitate di catturarla.

Una raccomandazione importante!
Molte specie di insetti e altrettante specie di fiori sono protette dalla legge, che ne vieta la cattura/raccolta. Prima di partire per una "spedizione di cattura" assicuratevi presso gli uffici della regione quali sono gli insetti e le piante protette. Ricordate che nelle aree protette e nei parchi naturali è vietata la cattura/raccolta di qualunque specie animale e vegetale.
In ogni caso, al di là delle norme in vigore, vale sempre la regola del rispetto per l'ambiente: gli insetti vanno catturati, non uccisi. Un fiore può essere incidentalmente staccato dallo stelo (purché non protetto), ma la strage di un'intera aiuola non è ammessa. E se per catturare un insetto vi accorgete che state sradicando mezzo prato, lasciate perdere: evidentemente non siete tagliati per la fotografia entomologica, quindi cambiate genere, magari dedicatevi ai rinoceronti, che sono meno delicati.
Un'ultima cosa: dopo le riprese l'insetto va lasciato libero, possibilmente nei pressi del luogo di cattura. Lo so che può sembrare una rogna, ma liberare in città una farfalla alpina significa condannarla a finire nello stomaco del primo piccione di passaggio. Se decidiamo di agire con rispetto lo dobbiamo fare dall'inizio alla fine. Se no... beh, ognuno decide in base alla propria coscienza.
Ma vorrei ricordare le parole del saggio Kamehameha III, re delle Hawaii: "La vita della Terra va governata con rettitudine".

L'alternativa alla cattura
L'alternativa alla cattura è l'allevamento. Non ridete, allevare insetti può rivelarsi estremamente istruttivo, soprattutto per i bambini. Catturare una larva, nutrirla, aspettare che si impupi e poi vedere l'insetto adulto sfarfallare dalla crisalide è come assistere al compiersi di un miracolo. Consultate un testo illustrato di entomologia e scoprite quali sono le specie più facilmente adattabili all'allevamento. Non tutte vanno bene: ci sono specie che rimangono allo stato larvale per diciassette anni, non è il caso. Altre sono piuttosto schizzinose sull'alimentazione. Portare a casa la larva di un coleottero lignivoro e scoprire che si nutre soltanto di un'essenza rarissima e introvabile può rivelarsi frustrante.
Anni fa ho allevato insetti-stecco tropicali. Gli insetti-stecco sono quasi tutte femmine e si riproducono anche per partenogenesi. Lo avevo portato a casa, lo avevo sistemato nella vaschetta di un acquario con un tappeto di muschio e avevo iniziato a nutrirlo: questi fasmidi si nutrono solo di foglie di rovo, e in una città solcata da quattro fiumi trovare dei rovi che crescono spontanei lungo le rive non è difficile. Evidentemente ero riuscito a mettere a suo agio il mio ospite (anzi, la mia ospite), perché dopo pochi giorni la mia vaschetta si era popolata di decine e decine di piccoli insetti-stecco (i fasmidi non subiscono metamorfosi e la neanide è simile all'adulto). Ne ho regalati a tutti gli amici!
I negozi che vendono pesci tropicali vendono talvolta anche ragni vivi. La Grammostola spatulata, o ragno del Cile, è una tarantola piuttosto grossa, nera e pelosa, ma contrariamente a quanto il suo aspetto può suggerire è innocua e docile, tanto da essere usata spesso in cinematografia, quando il regista vuol mostrare una terribile vedova nera che si insinua sotto le lenzuola del protagonista per ucciderlo con il suo veleno letale. Come si vede, dal fai-da-te alla distribuzione commerciale, le possibilità non mancano. Chi vuole provare la macrofotografia spinta di insetti e artropodi ha molte possibilità di scelta.

A casa: ciò che è vivo si muove
Il primo problema da affrontare una volta portata a casa la nostra "preda" è che gli insetti vivi si muovono. Quando il campo inquadrato ha un lato di pochi millimetri basta un movimento minimo per portare il soggetto fuori dall'inquadratura, senza contare il fatto che la quasi inesistente profondità di campo rende lunga, difficile e laboriosa la regolazione della messa a fuoco anche quando il soggetto è immobile, figurarsi quando si muove!
Pertanto, prima di allestire il set, è indispensabile assicurarsi la completa immobilità del soggetto.
Il modo più semplice per preparare un insetto alla fotografia in studio è ucciderlo. Questa soluzione presenta tuttavia delle controindicazioni.

1. E' una pratica alla quale io sono eticamente contrario, così come sono contrario al collezionismo di insetti morti. Accetto, con fatica, l'uccisione di un insetto per scopi scientifici; accetto le collezioni entomologiche degli istituti di ricerca; arrivo a uccidere gli scarafaggi se me li trovo in casa, ma solo se non riesco ad allontanarli con metodi meno violenti. Ma non ammetto che si uccida un essere vivente solo per poterlo più agevolmente fotografare, soprattutto se la fotografia è realizzata per divertimento e non a scopo scientifico. Il fatto che sia "soltanto" un insetto non costituisce una giustificazione: non capisco perché - in termini assoluti - la vita di una coccinella debba valere meno di quella del gatto di casa.

2. Gli insetti morti cambiano aspetto, perdono il colore a causa della decomposizione degli organi interni e stanno con le zampe rattrappite sotto il corpo. E' difficilissimo far assumere un aspetto "naturale" a un insetto morto. Esistono, è vero, diverse tecniche per ammorbidire le articolazioni, distendere le ali, conservare i colori, ma si tratta di procedure complesse riservate a chi si occupa di entomologia.
L'alternativa alla morte è l'addormentamento. Come abbiamo già detto, il freddo intorpidisce gli insetti fino ad immobilizzarli. Perciò basta mettere in frigorifero o in congelatore la scatola che contiene l'insetto, controllando spesso la situazione. Se inserito nel congelatore l'insetto può morire rapidamente, per cui è necessario ridurre la permanenza a pochi minuti. Quando il set è pronto si estrae l'insetto dal frigorifero e lo si posa su una superficie fredda (possibilmente un dischetto di vetro mantenuto in congelatore) per evitare che si risvegli troppo in fretta.
Un altro sistema è costituito dal trattamento con anidride carbonica. Nella scatola che contiene l'insetto si depone un barattolino contenente aceto; poi si versa nel barattolino con l'aceto mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio e si richiude la scatola. L'anidride carbonica liberata dalla reazione chimica ubriacherà l'insetto, immobilizzandolo. Anche la fermentazione della frutta produce anidride carbonica. Ad esempio si può mettere nella scatola che contiene l'insetto un acino d'uva tagliato a metà, poi si richiude la scatola e si aspetta un'intera notte. Il metodo dell'aceto è comunque più rapido.

Preparare il set
La macchina fotografica, con o senza soffietto e con obiettivo montato, deve obbligatoriamente essere fissata a un cavalletto. Per garantire una messa a fuoco agevole è bene munirsi di una slitta micrometrica, come quelle raffigurate qui sotto. La slitta consente a tutto l'insieme fotocamera-soffietto-obiettivo di traslare in avanti e all'indietro per garantire una messa a fuoco rapida e impedire continui aggiustamenti.

Due slitte di messa a fuoco (macro focusing rail). Quella raffigurata a sinistra permette anche la traslazione laterale del complesso macchina-soffietto-obiettivo.

La scelta dell'illuminazione pone una serie di problemi alquanto importanti.

1. L'obiettivo lavora molto vicino al soggetto, per cui è difficile disporre le fonti di luce a 45 gradi come vorrebbero le regole classiche. Dopo varie prove e molti tentativi si finisce sempre con l'optare per un'illuminazione piuttosto radente. Purtroppo la luce radente rischia di infiltrarsi fra le lenti dell'obiettivo, generando flare e riflessi parassiti. Non potendo applicare agli obiettivi per microscopia un normale paraluce, date le loro ridotte dimensioni, bisognerà costruirsi delle piccole barriere di cartoncino nero da sistemare lateralmente all'obiettivo per impedire che la luce vi penetri.

2. E' necessario evitare le lampade al tungsteno (non solo le alogene classiche ma anche le comuni lampadine domestiche) perché scalderebbero il soggetto, risvegliandolo velocemente dal torpore a cui lo avevamo indotto mantenendolo al freddo.

3. Bisogna distinguere tra "luce per vedere" e "luce per fotografare". Come già abbiamo avuto occasione di spiegare nel precedente articolo dedicato agli obiettivi supermacro, nel mirino regna un'oscurità pressoché assoluta, derivante dall'elevato rapporto di ingrandimento. La luce ambientale non è sufficiente per mettere a fuoco, per cui ci vuole un qualcosa che illumini il soggetto quanto basta per renderlo visibile. La soluzione professionale è costituita dagli illuminatori a fibre ottiche; quella amatoriale da una o due piccole torce elettriche a LED, opportunamente direzionate. Quando poi si è sicuri della messa a fuoco e si passa alla fase della ripresa, la fonte di luce potrà essere costituita da due flash disposti ai lati del soggetto. Dato l'incremento del fattore di posa dovuto all'elevato valore di R i flash andranno sistemati a pochi centimetri dal soggetto stesso. L'alternativa al flash è la luce ambiente, che tuttavia richiede tempi di otturazione molto lunghi, con conseguente rischio di aumento del rumore elettronico sul sensore, o necessità di compensare il difetto di reciprocità se si lavora su pellicola.

Un illuminatore a luce fredda basato sulla tecnologia delle fibre ottiche.

Come abbiamo già detto, l'insetto addormentato può essere sistemato su un dischetto di vetro refrigerato. Questo, tuttavia, genererebbe immagini alquanto artificiali e asettiche. Spesso è opportuno ambientare il soggetto, ad esempio posandolo su un fiore, oppure su un cuscinetto di muschio per simulare il terreno, o ancora su un pezzo di corteccia. Per maneggiare l'insetto e fargli assumere la posizione voluta si possono usare (con estrema delicatezza!) delle pinzette dalla punta arrotondata, come quelle dei filatelici, o - meglio ancora - le classiche pinzette da entomologia che si possono ordinare nei negozi e sui siti specializzati.

E adesso... clic!

Le prime volte non sarà facile. Ma con un po' di pratica si prende la mano e l'impresa non sembra poi così ardua. E se dopo mezz'ora di preparazione, di ricerca della luce giusta che ci permetta almeno di vedere qualcosa, di faticosa messa a fuoco, arrivati finalmente al momento dello scatto, lo specchio reflex sollevato manualmente, l'autoscatto impostato, il pulsante premuto... se durante quei dieci interminabili secondi l'insetto si sveglia e vola via... beh, ridiamoci sopra. Dopotutto fa parte del gioco.

In alto, testa di cavalletta con ingrandimenti successivi. In basso, particolare dei palpi labiali e mascellari.

Michele Vacchiano © 09/2010
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