PELLICOLE E DIGITALE
Qualche chiarimento
Romano Sansone, giugno 2002

Prendiamo spunto da una lettera ricevuta in redazione per chiarire una questione sulla quale, a quanto pare, c'è un po' di confusione.

Un nostro lettore ci ha segnalato un articolo dal titolo "Pellicole e digitale", pubblicato sul sito della Nital, articolo che giunge a conclusioni giuste per le ragioni sbagliate. Infatti l'autore, pur riconoscendo che la fotografia tradizionale permette ancora di ottenere risultati qualitativi superiori a quelli ottenibili con la tecnologia digitale, attribuisce l'inferiorità di quest'ultima alle stampanti, che vanificherebbero una sua intrinseca superiorità.

Citiamo testualmente: "La pellicola distingue solo 32 livelli di grigio tra il bianco e nero assoluti mentre l'acquisizione digitale è in grado di recepire 256 livelli di colore o di grigio il che si traduce in un'uniforme sfumatura di toni", e "Con la classica stampante inkjet si ottiene una qualità molto buona che però, a tutt'oggi, non ha eguagliato la stampa tradizionale".

Nadir Magazine ©

Mentre la seconda affermazione è totalmente condivisibile, la prima contiene un errore fondamentale, che chiunque con un minimo di esperienza di fotografia non avrà mancato di notare, e cioè che la pellicola distingua solo 32 livelli di grigio tra il bianco e il nero assoluti. Chi invece questa esperienza non ce l'ha ci crede e corre a comprare la fotocamera digitale.
Ora, noi non siamo così fuori dal mondo da non riconoscere che la tecnologia digitale ha i suoi vantaggi e che potrà offrire ancora di più di quanto già non offra oggi, ma ci dà fastidio quando non si fanno le cose a ragion veduta. Per questo vorremmo rimettere le cose nella giusta luce, rivolgendoci in particolare proprio quei lettori che comprano facendo un atto di fede. Quelli più esperti ci perdoneranno il linguaggio più che elementare.

Anche se digitale evoca una tecnologia modernissima il concetto risale a quando l'uomo ha cominciato a contare. La scala dei numeri interi, 1, 2, 3,... esisteva già molto prima che i Romani parlassero di "numerare digitis" (contare sulle dita). La caratteristica di questo e di ogni sistema digitale è di essere discontinuo, nel senso che non prende in considerazione i valori intermedi. Così la scala di casa è "digitale", nel senso che supera un dislivello passando per intervalli uguali all'altezza degli scalini, dislivello che può essere suddiviso in più o meno livelli minori facendo gli scalini più alti o più bassi.

Questo è il principio di tutte le applicazioni digitali regalateci dall'elettronica, ivi compresa la rappresentazione della scala dei grigi su un monitor: l'intervallo tra il nero e il bianco è suddiviso in 256 intervalli minori, e questi sono abbastanza piccoli perché che l'occhio non riesca a distinguere due livelli imediatemente adiacenti, ricevendo così una impressione di continuità. (Gli esperti diranno che questa suddivisione è a malapena sufficiente per ottenere l'effetto di continuità, ma per lo scopo della nostra discussione va bene così).
Tornando all'analogia della scala, un piano inclinato che superi lo stesso dislivello non è "digitale", la variazione di livello è continua, ma al limite la scala ed il piano inclinato si confondono l'uno nell'altra se gli scalini della prima sono abbastanza bassi, dove il limite dipende da chi lo osserva. Così una scala con gradini da un millimetro sarebbe a tutti gli effetti un piano inclinato per noi, mentre rimarebbe una scala per un essere dalle dimensioni di una formica.

Questo è il caso della pellicola, dove le dimensioni delle discontinuità sono di molto inferiori a quelle dei sistemi digitali in discussione. Un tipo di discontinuità è quello introdotto dalla grana, che interviene nel paragone pellicola-digitale quando parliamo di definizione dell'immagine.
Con la rappresentazione dei grigi la grana non c'entra per nulla, perché ciò che vediamo nella stampa è l'immagine degli spazi tra gli agglomerati di argento che si formano nella pellicola durante lo sviluppo, cioè quando il processo di distinguere i livelli di grigio è già avvenuto.

L'altro tipo di discontinuità, quello che interviene davvero nella rappresentazione dei grigi, lo si ritrova nella reazione del materiale sensibile alla luce, dove però la discontinuità è dell'ordine di grandezza di un elettrone, roba per laboratori di fisica atomica. Rispetto ai 256 livelli della fotografia digitale è un altro pianeta.
Per quanto riguarda la rappresentazione dei grigi una pellicola può quindi considerarsi a tutti gli effetti come un sistema continuo, o, secondo la nomenclatura ufficiale, come un sistema analogico, cioè un sistema nel quale la reazione è rigorosamente proporzionale allo stimolo.

Che la pellicola distingua solo tra 32 livelli di grigio è una affermazione priva di qualsiasi fondamento.
Se l'autore dell'articolo ci leggerà, e se lo vorrà, potrà spiegarci come ha fatto a prendere una svista così clamorosa.

Romano Sansone © 19/06/2002
Riproduzione Riservata

Riceviamo e pubblichiamo volentieri la precisazione di Marco Fodde che aggiunge altri elementi all'interessante dibattito con la chiarezza e la professionalità che gli sono proprie.
Riteniamo che il nostro compito di comunicatori e divulgatori della fotografia sia proprio quello di ospitare anche opinioni divergenti purché supportate da argomenti scientificamente validi e sempre nella massima correttezza della comunicazione.

Cogliamo l'occasione per ringraziare la Nital per l'ottimo lavoro finora svolto nel contribuire a diffondere in Italia l'esercizio professionale e l'hobby della fotografia: i prodotti da lei distribuiti sono stati più volte provati da Nadir con approfonditi test che hanno sempre suscitato - e continuano a suscitare - l'interesse di migliaia di lettori ogni giorno.

Scrive Marco Fodde:
In riferimento alla Vs. richiesta di spiegazione sulla discussione che la pellicola legge "solamente" 32 livelli di grigio, ci tengo ad affermare che non esiste alcun errore ma si tratta del fatto che il lettore interpreta i livelli di grigio come singole bande e non alla A. Adams secondo il sistema zonale. Spesso quando si scrive si è costretti a comprimere il testo per mancanza di spazio a disposizione penalizzando la spiegazione di concetti non facili.
Inoltre, quando si parla poi di fotografia bianconero professionale si danno per assimilate delle cognizioni fotografiche profonde, nella fattispecie il "Sistema Zonale" di A. Adams che però non sono sempre acquisite dal lettore.

In particolare i 32 livelli di grigio tanto discussi, si riferiscono alla capacità di distinguere variazioni di tonalità da parte dell'occhio umano sulla pellicola (o sulla carta) e che equivale a circa un terzo di zona.
Attenzione! Questi valori di grigio vanno intesi alla A. Adams ossia come Lui intendeva e a cui fa riferimento il sistema zonale (e quindi l'articolo):

" ...occorre capire che questi valori sono semplicemente dei punti circoscritti all'interno di una scala continua che va dal nero pieno al bianco assoluto. Ogni singolo punto rappresenta una gamma di grigi leggermente più chiara e leggermente più scura e i singoli valori di grigio prodotti in una sequenza come questa sono ciascuno il punto intermedio delle rispettive zone".
(dal libro di A. Adams "Il Negativo)

In definitiva i 32 livelli di grigio che vengono percepiti dall'occhio su una pellicola non vanno intesi come singole bande ma in maniera infinitamente continua.

Mi spiego meglio:
il Sistema Zonale, così come l'ha codificato Ansel Adams che suddivide i grigi potenziali della fotografia bianconero in dieci scalini, ognuno separato da uno stop esatto dai confinanti in salita e discesa (un valore di diaframma, oppure un tempo di otturazione più breve o più lungo). La definizione secondo la numerazione in cifre romane va da I a IX, oltre il quale il decimo valore della Zona X corrisponde al supporto della carta sensibile vergine prima dell'esposizione sotto l'ingranditore; all'opposto, il nero assoluto è collocato su una ipotetica Zona 0. Fissato in Zona V il grigio medio con riflettenza al 18 per cento, le cifre più basse individuano i toni più scuri dell'immagine e le cifre più alte quelli più chiari.

Ipoteticamente si potrebbe suddividere ancora le sfumature di grigio tra una zona e l'altra tenendo però conto che l'occhio umano recepisce meglio le lievi differenze all'interno dei valori chiari piuttosto che in quelli scuri.
Tuttavia, questa distinzione non ha molto senso in quanto l'occhio umano difficilmente può percepire scostamenti maggiori di un terzo di zona (attenzione! si parla di zona e non di singole bande!) anche per il fenomeno dell'adattamento che limita l'esatta percezione delle tonalità.
Sulle 10 zone suddette (suddividendo l'intervallo tra una zona e l'altra in terzi) è facile calcolare circa 32 sfumature ( attenzione non singole bande!) di grigio che sono quelle che vengono recepite (grossomodo) dall'occhio umano senz'altro inferiori a quelle registrate su scala atomica (alogenuri d'argento ridotti ad argento metallico) e quindi realmente da una pellicola.

Spero di aver chiarito il malinteso ma allo stesso tempo sono felice di constatare che la fotografia tradizionale ha ancora molti sostenitori sentendomi anch'io uno di loro.

Marco Fodde © 22/06/2002