ESPOSIZIONE E SVILUPPO IN CONDIZIONI DI "NON RECIPROCITÀ"
Romano Sansone, giugno 2007

Tutti i fotografi che hanno avuto a che fare con le pellicole hanno almeno sentito nominare il difetto di reciprocità: quando il tempo di esposizione indicato dall'esposimetro supera un certo valore, generalmente intorno ad 1", la regola che lega il tempo al diaframma non vale più: se ad f/2.8 il tempo di esposizione è 1/2 e per maggiore profondità di campo vogliamo chiudere ad f/8, non basta esporre per 4"; come ci indica il diagramma (Fig. 1, relativa all'HP 5 Plus) dobbiamo esporre per circa 10".

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La cosa si complica quando cerchiamo di quantificare un'affermazione generica ma molto diffusa secondo la quale, in condizioni di non reciprocità, la correzione applicata alle ombre risulterebbe eccessiva per le luci, che verrebbero così sovraesposte. Di qui la necessità di ridurre lo sviluppo per riportarle a valori accettabili per la stampabilità. Abbiamo usato il condizionale perché, mentre l'affermazione è spesso vera, non lo è sempre; e quando lo è, non lo è in misura costante.

Questa variabilità è riconosciuta implicitamente in alcune regolette formulate per rendere la vita del fotografo un po' più facile, del tipo:

un'esposizione misurata di 1" richiede un'esposizione reale di 2" ed una riduzione dello sviluppo del 10%
un'esposizione misurata di 10" ne richiede una reale di 50" ed una riduzione dello sviluppo del 20%

Senza permetterci di dubitare della serietà di queste regole, che abbiamo estratto dal libro "Il Negativo" di A. Adams, ma volendo vederci più chiaro, ci siamo chiesti che c'entrano le luci e le ombre, visto che in Fig. 1 la sola variabile indipendente è il tempo e le luminosità del soggetto non appaiono neanche lontanamente. La chiave del dilemma non può essere che nel modo in cui si arriva all'esposizione misurata, modo che, come suggerisce sempre il buon Adams, consiste di (almeno) due misure ed un conticino. Facciamo un esempio, del tutto arbitrario, ma probante per capire l'effetto della correzione sulle luci e sulle ombre:

Scelto il diaframma che più ci conviene, l'esposimetro ci indica un tempo di esposizione per le ombre Eo=4". Questo le collocherebbe, come è noto, in Zona V. Ma noi vogliamo renderle in Zona III, per cui l'esposizione dovrà essere di 1".
Ripetiamo l'operazione per le luci e l'esposimetro ci indica un tempo El =1/16, che le collocherebbe anch'esse in Zona V. Ma noi vogliamo renderle in Zona IX, e quindi anche per le luci l'esposizione dovrà essere di 1".
A questo punto ci ricordiamo che 1" cade nella zona di non reciprocità: consultiamo la Fig. 1 e ne ricaviamo che in realtà dobbiamo esporre per 2". Chi ne risentirà di più, le luci o le ombre? Nessuna delle due, dato che per tutte e due l'esposizione calcolata è 1" e tutte e due hanno bisogno della stessa correzione.

Come può essere? Vuoi vedere che abbiamo scoperto il difetto del difetto di reciprocità ? Nulla di tutto questo, ci siamo solo imbattuti in un caso particolare di quella variabilità del fenomeno alla quale abbiamo accennato prima, caso che possiamo sintetizzare così:

Quando la differenza tra le letture dell'esposimetro è di 6 stop la correzione per il difetto di reciprocità non ha alcun effetto sulle luci.

Viene quindi naturale chiedersi quale sarà l'effetto della correzione se la differenza tra le due letture dell'esposimetro è maggiore o minore di 6 stop, perciò estendiamo l'esempio:

Se la lettura per le ombre è ancora Eo = 4" ma la differenza tra le due letture è di 7 stop, El sarà 1/32 , cioè le luci dovrebbero essere esposte per 1/2 per la Zona IX.
Esponendo per 1" affinché le ombre cadano in Zona III, le luci, come è normale, sarebbero sovraesposte di uno stop e cadrebbero in Zona X. Ma questo non comprende ancora la correzione per il difetto di reciprocità. Se esponiamo per 2" come vorrebbe la Fig. 1, le luci saranno sovraesposte di 2 stop.

Ecco quindi che un soggetto di per sé già piuttosto contrastato lo diventa ancora di più se la sua esposizione viene corretta per il difetto di reciprocità.

In particolare, se le letture dell'esposimetro differiscono di 7 stop, l'effetto sulle luci è:

sovraesposizione di uno stop in assenza di correzione
sovraesposizione di due stop se il fattore di correzione dell'esposizione è 2

ed in maniera analoga, se le letture dell'esposimetro differiscono di 8 stop, le luci saranno:

sovraesposte di due stop in assenza di correzione
sovraesposte di tre stop se il fattore di correzione è 2

Poiché quello che ci interessa in questo momento è la sovraesposizione a seguito della correzione del difetto di reciprocità, da questi esempi possiamo dedurre che se le letture dell'esposimetro differiscono di più di 6 stop, al naturale maggior contrasto del negativo si somma una sovraesposizione delle luci di uno stop se il fattore di correzione è 2.

Va da sé che questa sovraesposizione aggiuntiva sarà di due stop per un fattore di correzione 4, di tre stop per un fattore di correzione 8 e via dicendo, ma che valori assumono in pratica questi fattori di correzione? I tempi corretti che leggiamo sui diagrammi fanno pensare a valori enormi, in realtà le cose stanno meno peggio di quanto si possa pensare, perché è vero che 120" sono molti di più di 60", ma in termini di esposizione la differenza è di uno stop. Per accertarcene esaminiamo più da vicino la Fig.1. Sull'asse orizzontale vi sono le esposizioni Eo calcolate per le ombre. I numeri rossi sono le esposizioni Ec dopo la correzione, rispettivamente per Eo = 5", 10", 15", 20", 25", 30", 35". I numeri blu sono i rapporti tra Ec ed Eo, cioè i fattori di correzione. Possiamo stimare ad occhio a quanti stop questi fattori corrispondono, ma se vogliamo essere più precisi tracciamo una curva esponenziale in base 2 (Fig.2), sulla quale leggiamo quello che già sappiamo: ad uno stop corrisponde un'esposizione 2x, a due un'esposizione 4x, a tre un'esposizione 8x. Riportiamo sull'asse verticale i numeri blu di Fig.1 e leggendo il diagramma al contrario troviamo i valori riportati a destra nella tabella in Fig.3.

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Questi valori sono approssimati quanto basta per compensare la sovraesposizione con uno sviluppo ridotto.

È importante osservare che bisogna arrivare a tempi veramente lunghi per superare i due stop di sovraesposizione dovuta al difetto di reciprocità, da compensare con una riduzione dello sviluppo del 20%. Da non dimenticare però che questa sovraesposizione si sovrappone ad un negativo nel quale la differenza tra la luminosità delle ombre e quella delle luci supera i 6 stop, ed è l'effetto cumulativo del quale dobbiamo tener conto nel decidere in che zona collocare le ombre al fine di riportare le luci a valori agevolmente stampabili. Nell'esempio in cui la differenza tra le luci e le ombre è di 8 stop, esporre per le ombre in Zona I invece che in Zona III significa al tempo stesso:

Per curiosità esaminiamo ora il caso di una differenza di lettura di 5 stop tra luci ed ombre. Se l'esposizione Eo per le ombre in Zona III è sempre di 1", occorreranno 2" perché le luci raggiungano Zona IX. Ora sono le luci ad aver bisogno di un'esposizione corretta di 4", mentre alle ombre ne basterebbero 2". Si presentano quindi due possibilità:

In entrambi i casi poco male, perché un negativo poco contrastato non ha mai fatto male a nessuno, e se proprio ci si tiene si può sempre dargli uno sviluppo più energico del normale. L'idea va un po' contro l'abitudine di associare difetto di reciprocità e sviluppo ridotto, ma tant'è: per quanto si possano dare regole empiriche è sempre il soggetto con i suoi rapporti di luminosità a dettare legge.

Romano Sansone @ 06/2007
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