REPORTAGE: CHI ERA COSTUI?
Romano Sansone, novembre 2007

Esiste un tipo di fotografia che sia più "da reportage" di un'altra, e quanto essa è legata all'attrezzatura? Una riflessione per immagini.

La preparazione di un viaggio impegnativo dal punto di vista fotografico implica una scelta dell'attrezzatura. Trovandomi in questa situazione, e come se non bastasse il dilemma "reflex 35mm o Medio Formato?", mi sono chiesto se rispolverare la mia sgangherata Canon 7 a telemetro non mi avrebbe aperto la strada verso nuove opportunità. L'idea si è rivelata irrealizzabile per le condizioni di salute della veterana, e nel discutere le opzioni alternative che escludessero un mutuo per l'acquisto di una Leica si riproponeva la domanda di rito: ma tu, con questa macchina, che cosa ci vuoi fare?

Quando si parla di fotocamere a telemetro la prima cosa che viene in mente è il reportage, ma anche se questo è sempre stato il mio sogno segreto non sono tanto sicuro che quello che finirei per fare si chiami così. Il punto è questo: il reportage fotografico è un racconto per immagini. Come ogni racconto ha un tema, ma se un matrimonio o la processione del Santo Protettore possono essere affrontati da chiunque, avendo come solo limite le proprie capacità, un viaggio alla scoperta di un paese sconosciuto presenta difficoltà oggettive e quello che dovrebbe essere un racconto si risolve spesso in una raccolta di immagini, più o meno efficaci ma slegate tra loro.

Nella quasi impossibilità di realizzare un reportage in piena regola rimane il desiderio di provarci, da cui la domanda "Esiste un tipo di fotografia che sia più da reportage che un'altra, e quanto essa è legata all'attrezzatura?". Per darmi una risposta sono andato a scavare nel mio archivio e sono arrivato ad una prima distinzione tra le foto di ambienti e quelle di eventi. Cominciamo dai primi. Durante una giornata a Pevek, cittadina mineraria dell'estremo nord-est della Siberia e nell'interminabile attesa di un aereo che non arrivava mai, ho scattato queste quattro foto.

Con l'eccezione della seconda, che secondo me ha un certo valore estetico, non c'é nulla che le renda particolarmente interessanti e che abbia richiesto una speciale intuizione o colpo d'occhio. Se però avessi avuto la ventura o la sventura, dipende dai punti di vista, di trascorrere a Pevek più giorni, queste foto, creando un'impressione dell'ambiente, si sarebbero potute inserire in un reportage in cui avrei potuto includere gli aspetti deprimenti e quelli che danno un po' di luce alla vita in questo luogo sperduto. Né si è rivelato particolarmente critico il mezzo con cui queste foto sono state riprese: una normalissima reflex a pellicola con ottiche a focale fissa è servita adeguatamente allo scopo, ma anche una lentissima medio formato avrebbe assolto altrettanto bene il suo compito.
La cosa diventa un po' più complessa se parliamo di un evento. Questo può essere di vaste proporzioni o essere colto con una sola foto, ma nell'uno o nell'altro caso che cosa costituisce reportage?

La mia impressione è che nel linguaggio comune di noi fotografi dilettanti il significato di questa parola si sia diluito e che si tenda a chiamare "reportage" qualunque serie di foto che bene o male possano essere raggruppate sotto un titolo comune. Tre foto dovrebbero bastare a chiarire questa provocatoria affermazione.

Nel periodo natalizio, presso la chiesa di St. Eustache a Parigi, viene servito un pasto caldo alle persone indigenti. La foto in Fig. 5 racconta una storia di povertà e di solidarietà, che naturalmente non si esaurisce in un singolo luogo e nell'arco di un'ora o due, e potrebbe essere l'oggetto di una più ampia ricerca, ma la foto ha già in sé il carattere di reportage. Ce ne vorrebbero solo alcune in più con la stessa capacità narrativa.

Anche la foto in Fig. 6 è stata scattata a Parigi, e coglie un istante nel quale una persona è fortemente concentrata sull'oggetto della sua attenzione. Con una buona dose di presunzione potrebbe essere presentata come un tentativo di imitazione di Cartier Bresson, ma non dice nulla di più che "signore che sta guardando una foto". Io non riesco a vederla come elemento di un possibile reportage, come d'altronde non sono reportage molte foto di Cartier Bresson, perché manca un richiamo forte ad un tema comune, anche se solo potenzialmente da sviluppare.

La foto in Fig. 7 è ancora pù lontana dal genere reportage. Già chi non conosce bene Parigi avrebbe difficoltà a collocarla, se mostrata ad un aborigeno australiano non gli insegnerebbe molto su come è Parigi, ed in più non registra alcun evento particolare, a meno che la gente che cammina per strada non costituisca un evento. Se passo in rassegna le mie foto, quelle che posso onestamente chiamare "da reportage" sono molto rare; la maggior parte di quelle in cui succede qualcosa cadono nella categoria della Fig. 6, che potremmo chiamare foto "di strada". Dal confonto e dalla storia dei due tipi di immagine posso trarre le seguenti, personali conclusioni: le foto di reportage non sono per nulla più difficili da fare delle foto di strada, bisogna essere solo al posto giusto al momento giusto. Né per l'una né per l'altra categoria c'è stato bisogno di attrezzature speciali, perché le situazioni incontrate erano abbastanza stabili nel tempo se non addirittura anticipabili.

In particolare la foto in Fig. 5 è stata ripresa l'anno scorso con un giocattolino del 1979 come la Olympus XA. E allora perché mi serve una macchina a telemetro? Per quelle foto che mi sono sfuggite quando, con una macchina molto discreta e predisposta per lo scatto a breve distanza, avrei potuto cogliere l'attimo fuggente. Questo però non significa che con uno strumento adatto allo scopo, per quanto preferito da famosi reporter, e con l'intuizione fulminea degli stessi, riuscirei necessariamente a fare foto di reportage. Perché per me reportage significa contesto e contenuto. Se mancano questi due ingredienti vale quanto diceva Eduardo De Filippo: "Chest'è rraù (ragu)? Chesta è carne c' 'a pummarola". Buona finché si vuole, ma sempre carne c' 'a pummarola è!

Romano Sansone © 11/2007
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