SENSORI ZONALI
Come gestire al meglio sensibilità e gamma dinamica del proprio sensore

Marco Zanotti, maggio 2010

Questo articolo vuole essere il lato tecnico-sperimentale dell'esplorazione del proprio sistema digitale per scoprirne limiti e possibilità. Parlo di sistema perché non c'è solo il sensore tra il vostro soggetto fotografato e l'immagine finale; molto conta il programma che gestisce le informazioni grezze, sia questo l'elaboratore di immagini interno alla macchina, che produce i JPG, o un software dedicato al lavoro sui file RAW come Adobe CameraRaw e altri di questo genere.
Per prima cosa è d'obbligo una spiegazione di come si scopre, con il digitale, l'estensione della gamma tonale in funzione dell'esposizione scelta. Ovvero quali grigi, quando le luci bruciate, quando il nero assoluto, quando i dettagli che si nascondono bene ma ci sono: come prevedere tutto questo.

PARTE 1 — Il metodo generale

Ce lo insegna Ansel Adams, trent'anni fa. Il punto di vista di partenza è che—a pellicola o digitale—sempre Fotografia è a prescindere dal sistema, e come "una volta" si usavano montagne di pellicola e carta fotografica per conoscere i limiti dei propri materiali, oggi sarebbe consigliabile dedicare un po' di tempo alla ricerca dei limiti del proprio sistema. Il metodo è la semplice applicazione di un semplice ma non scontato suggerimento dato da Adams nel suo arcinoto libro "Il negativo", cioè eseguire una serie di esposizioni come quelle qui a lato, uno scatto per livello della scala. Per sua natura questo approccio è legato al bianco e nero, ma immagino possa dare utili elementi a chiunque abbia un po' di esperienza con la propria macchina fotografica ed il proprio computer, anche se fotografa a colori.

Terminato il preambolo, tutto quello che vi serve è un bel muro di cemento, o qualsiasi cosa che abbia una superficie uniforme e liscia ma con una certa trama, illuminata in modo altrettanto uniforme. Impostate la macchina in manuale e scattate una foto da vicino usando la lettura dell'esposimetro (la ‘Zona V’ ). Ora eseguite una serie di scatti sottoesponendo ogni nuova immagine di mezzo (o di un terzo) di stop rispetto a quella precedente, fino ad arrivare a 5 stop di sottoesposizione (la ‘Zona 0’ ). Ripetete la serie, questa volta procedendo per sovraesposizione fino a +5 stop (la ‘Zona X’ ). Potreste anche eccedere e proseguire verso -6 e +6 stop. Trasferite ora i file sul computer e apriteli in CameraRaw, dove li convertirete tutti in bianco e nero (io uso Adobe CameraRaw 4.6 per quasi tutto il processo di "sviluppo" digitale delle mie foto, e per l'applicazione di questo sistema non ho ancora trovato di meglio; mi riferirò dunque solo a tale software; ciò però non toglie che altri programmi possano funzionare ugualmente bene per voi, la cosa fondamentale è che abbiate la necessaria confidenza con il vostro software di gestione dei RAW.)

Avete ora almeno 21 foto, e la vostra scala di grigi. Se vi prendete il giusto tempo per analizzare questo set di esposizioni e capire come meglio può adattarsi al vostro stile vedrete con precisione cosa il vostro sensore è in grado di fornirvi quando scattate. Ogni passo della scala è la risposta del sistema sensore-software ad una luminosità che si discosta da quella media misurata sul soggetto dall'esposimetro. Una foto "normale" che ritrae un qualsivoglia soggetto presenta sempre luci e ombre in quantità variabile e non è possibile analizzarla in termini assoluti. Prendendo invece come soggetto un valore uniforme uguale per tutto il fotogramma, quindi un valore medio già pronto e noto, ecco che si vede ciò che vede l'esposimetro: la misurazione porta al valore medio la gamma di luminosità della porzione di soggetto esaminata e indica una coppia tempo/diaframma che pone quel valore a metà dell'estensione tonale possibile.

Senza una serie di fotografie di lavoro, fotografie-strumento, è molto difficile stabilire dove e di quanto i dettagli vengono estromessi dalle immagini: questo è il motivo che rende la serie di esposizioni sopra descritta tanto utile per arrivare a conoscere il proprio sensore così da poterne estrarre il massimo. Se esaminate un'immagine in cui è impresso un singolo valore di luminosità dovuto ad una certa esposizione - ma che abbia una leggera trama interna - è più facile localizzare e quantificare il livello di dettaglio mantenuto. In particolare potete localizzare il punto critico di ogni macchina, cioè la saturazione delle luci con il conseguente taglio netto irrecuperabile dei dettagli: potete scoprire con esattezza a quanti stop sopra la lettura dell'esposimetro - che è il grigio medio - corrisponde questo punto (la ‘Zona’ in cui il ‘clipping’ va a cadere, sarebbe a dire, in termini più consoni) e quando lo sapete potete di conseguenza evitare sorprese indesiderate.


PARTE 2 — Il caso specifico
La mia macchina fotografica è una Pentax K110D e tramite questo metodo ho scoperto principalmente tre cose importanti:

- qual è l'estensione della gamma tonale che può produrre
- che la sensibilità nominale di ISO 200 è in realtà più elevata
- che il mio sistema ha un difetto di "sviluppo" dei grigi molto chiari

Quanto al primo punto, la scala di grigi a lato mostra il mio limite di 10 stop, esattamente 5 sopra e 5 sotto la lettura dell'esposimetro. Questa è l'estensione massima del mio sistema, oltre la quale è cieco e non viene registrato più alcun dettaglio di sorta. La gamma entro cui sono chiaramente visibili i dettagli del soggetto è limitata dalle Zone II e IX, cioè –3 e +4 stop rispetto all'esposimetro, 7 stop in tutto. Sotto la Zona II i dettagli si perdono prima nel rumore e poi nel nero; sopra la Zona IX scompaiono quasi di colpo nella saturazione del bianco. Questo è ragionevolmente vero fino a ISO 800.

Lavorando a ISO 200 e paragonando le scale ottenute alle diverse sensibilità, ho scoperto che il tono del grigio di riferimento, quello dello scatto iniziale fatto assecondando l'esposimetro, non è lo stesso per tutti i valori ISO. Infatti il grigio che risulta dalla lettura dell'esposimetro a ISO 200 è più chiaro di quelli ottenuti da ISO 400 a 3200 (schermata sottostante). Dato che insieme al grigio centrale vengono schiariti tutti i livelli della scala a ISO 200, ne consegue che la causa è solo una sovraesposizione di 0.55EV (misurati), il che porta la sensibilità effettiva di questa fotocamera poco oltre ISO 250.
Altre macchine fotografiche possono avere comportamenti simili, come anche non presentare nulla del genere: l'importante è scoprirlo e saperlo.

In aggiunta a tutto questo, c'è un altro aspetto molto curioso che ho scoperto dall'analisi accurata delle diverse esposizioni: l'apparente perdita di dettagli in prossimità del bianco bruciato, che è in realtà ben recuperabile con uno "sviluppo" attento ed un parametro automatizzabile. Usando CameraRaw risulta evidente che le Zone VIII½, IX e IX½ sono mal gestite e necessitano di un leggero "sottosviluppo". Benché programmi diversi potrebbero non mostrare questo fenomeno, il dato importante da sapere è che le informazioni ci sono, sebbene siano inizialmente spinte fuori dalla gamma utilizzabile (solo con 5 stop di sovraesposizione rispetto al medio, cioè in Zona X, si ha il taglio completo — basta solo mezzo stop in meno, Zona IX½, ed una certa quantità di dettagli è presente anche se non sembra).
Un recupero preciso e mirato a quelle sole tre zone è tanto possibile quanto semplice da eseguire: consiste nella combinazione di due comandi di CameraRaw quali l'ESPOSIZIONE ed una delle due CURVE DI CONTRASTO disponibili, la parametrica o la curva per punti. Una a vostra scelta di queste due curve diventerebbe un parametro di correzione sistematico dedicato solo a questo scopo.

Ecco le impostazioni per la Pentax K110D + CameraRaw 4.6
Badate che le impostazioni seguenti hanno un senso se applicate prima di iniziare il lavoro. Servono per rendere visibile ciò che è solo nascosto, non per imporre dei valori soggettivi. Tutto il lavoro di "sviluppo" successivo semplicemente si deposita sopra e si somma a questi parametri iniziali.

Esposizione in CameraRaw: –0.55EV (valore negativo ottimale fino a 800 ISO; non ha nulla a che fare con il difetto di taratura degli ISO 200 della macchina. Imposto –0.55EV indipendentemente dalla sensibilità usata)

più

Curva Parametrica: Luci = +5, Colori chiari = +27, Colori scuri = +26, Ombre = 0, ed i tre controlli di suddivisione vanno posti a 25, 58 e 75.

oppure

Curva Per Punti:

Input / Output

0 / 0
6 / 8
11 / 14
18 / 23
30 / 37
47 / 57
68 / 81
98 / 117
134 / 158
179 / 205
221 / 240
255 / 255

Salvate le impostazioni relative a questi comandi nel menù apposito (consiglierei di creare due file salvati, uno con esposizione e curva di correzione e un altro con esposizione zero e curva lineare: in questo modo potete dare e togliere la correzione con due click).
Nella foto sottostante i dettagli di una fotografia con e senza i parametri di correzione (notare le alte luci sulla parete di destra):

PARTE 3 — Una nota conclusiva
I valori di input e output della curva per punti non sono casuali. Sono dovuti al campionamento del livello di grigio di ogni scatto, dunque di ogni Zona, prima e dopo la riduzione dell'esposizione in CameraRaw; l'output rappresenta la serie di valori precedente alla riduzione ed a cui si torna mediante la curva, con in più una correzione che previene la perdita dei grigi chiari. Possiamo dire che quei valori numerici esprimono il punto in cui si posiziona ogni singola Zona di esposizione. Pertanto, su una scala da 0 a 255 (8 bit):

0 nero assoluto
8 Zona 0 (nero assoluto più rumore di fondo)
14 Zona I
23 Zona II
37 Zona III
57 Zona IV
81 Zona V
117 Zona VI
158 Zona VII
205 Zona VIII
240 Zona IX
255 Zona X

La scala a 8 bit è quella dello strumento "Curve". In realtà i sensori codificano la luminosità con scale a 12 o 14 bit, ma gli strumenti mantengono l'estensione 0-255 per l'interfaccia. Questi numeri sono perciò solo dei valori di lavoro, e non possono nemmeno essere uguali per tutti dato che vengono influenzati dalle personali impostazioni di CameraRaw, per non parlare delle enormi differenze che possono esserci tra sensore e sensore. Sono però sufficienti per capire la disposizione delle Zone da un punto di vista grafico, poiché quello che sembra invece essere ragionevolmente inalterabile è la distanza tra questi punti. Il grafico sottostante mostra questa distanza ed il posizionamento delle Zone II, V e VIII, di cui è presente sullo sfondo l'istogramma dello scatto relativo.

Questo metodo sperimentale è applicabile nei suoi tratti generali a qualunque sistema, per cui chiunque abbia interesse a cimentarsi nelle prove descritte nella prima parte troverà certamente qualcosa di interessante nei propri risultati. Quindi, buon divertimento!

Marco Zanotti © 05/2010
Riproduzione Riservata

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