SOTTOSVILUPPARE
Fa ormai parte della prassi quotidiana estendere il campo di utilizzazione delle pellicole oltre la loro sensibilità nominale mediante uno sviluppo prolungato. Se "tirare la pellicola" serve come ultima ratio per superare situazioni di scarsa luminosità o per ottenere contrasti e grana elevati, ben venga. Come moda ci convince un po' meno perché, come lo spoiler sull'auto utilitaria, serve solo a creare l'illusione di star facendo qualcosa di speciale, e non vale la pena dilungarsi su questo aspetto. Cercheremo invece di documentare i vantaggi e di delineare i limiti dell'approccio opposto, che apre altrettanto ampie opportunità

Chi riprende soggetti diversi su uno stesso rullino rischia sempre di ritrovarsi con alcuni negativi troppo o troppo poco contrastati. Anche se è possibile stamparli su carte di gradazioni estreme questo non rappresenta sempre la miglior soluzione, perché come ogni processo la stampa fotografica è fatta di una serie di compromessi che conducono ai risultati migliori in un settore ristretto della sua gamma di prestazioni. Se perciò il proposito è di ottimizzare le proprie procedure per ottenere stampe di qualità con carte di gradazioni 2 e 3 occorre operare in modo da ottenere il maggior numero possibile negativi idonei allo scopo.

La cosa sarebbe facile se fosse possibile definire la qualità di una stampa in termini obiettivi, ma siccome c'entrano molto anche le preferenze personali ci limiteremo ad illustrare quello che va bene per noi: ai lettori lasciarsi tentare ed adattare le nostre esperienze alle loro esigenze.

Il principio guida è che è più facile stampare un negativo con le ombre ben leggibili ed a basso contrasto piuttosto che uno con le ombre appena dettagliate e molto contrastato, perché nel secondo caso le ombre si chiudono al minimo eccesso di esposizione e le luci possono richiedere lunghe bruciature che costringono ad infinite prove di acrobazia in CO.

Alla domanda "quanto basso deve essere il contrasto del negativo?" rispondiamo con la nostra ricetta, sostenuta da prove tangibili:

Pellicola: Ilford HP5 Plus
Impostazione esposimetri (esterno ed interno): 320 ISO
Rivelatore: Ilford ID-11 diluito ad 1+3
Tempo di sviluppo: 30" con agitazione continua e 15' invece dei canonici 20' con agitazione di 10" ogni minuto, previa imbibizione e condizionamento con acqua a 20° C durante 30".

Lavorando con una Contax RX, che tende a favorire le ombre, abbiamo riscontrato la loro buona esposizione nella stragrande maggioranza dei casi. Con il medio formato ed un esposimetro esterno in luce incidente, ed accettando la lettura dello strumento come si accetterebbe quella di un sistema automatico, la sensibilità e lo sviluppo indicati garantiscono la stessa affidabilità, mentre nelle misurazioni in modalità spot, con maggior coinvolgimento del fotografo nel determinare l'esposizione, si può essere sicuri che le ombre saranno effettivamente esposte per la densità prescelta.

Non ci rimane che presentare i risultati, cominciando con alcune foto che riteniamo non avrebbero potuto essere fatte altrimenti. Naturalmente non pretendiamo che questo sia l'unico modo di fotografare, e "non poter fare altrimenti" va inteso nell'ottica di chi, come noi, è alla ricerca di estese scale di grigi anche in difficili condizioni di luce.



Fig. 1

Le Fig. 1 e 2 sono due normalissime foto notturne, e possiamo solo immaginare l'aspetto che avrebbero assunto se i negativi fossero stati sviluppati normalmente, senza parlare di ciò che sarebbe successo se avessimo tirato la pellicola ad 800 o a 1600 ISO. Beninteso c'è un prezzo da pagare per questi risultati, perché per scattare la prima con un f/4 e senza cavalletto c'è voluto l'ausilio del parapetto del balcone, sul quale la macchina stava solidamente appoggiata, mentre è stato possibile scattare a mano la seconda solo grazie ad un f/1.4.



Fig. 2

Vale la pena notare che, mentre per la prima foto l'esposizione è stata stabilita tirando ad indovinare, e con una certa larghezza per mettersi al sicuro da un possibile difetto di reciprocità, per la seconda ci siamo completamente affidati all'automatismo della Contax RX, e non c'è alcuna perdita di dettaglio nelle ombre.

La Fig. 3 rappresenta uno dei peggiori casi di soggetto a forte contrasto, con superfici già scure per se stesse e situate in zone di ombra profonda, e con altre fortemente illuminate. A differenza dei casi precedenti si è fissata l'esposizione misurando in modalità spot la luminosità dell'angolo a sinistra in basso, e chiudendo di tre stop rispetto alla lettura per mantenere un minimo di dettaglio in quest'area, dettaglio perfettamente visibile nella stampa, anche se sacrificato dalla scansione. Questo ha comportato un'effettiva sovraesposizione delle luci di circa due stop, e solo grazie allo sviluppo fortemente ridotto ed alla considerevole latitudine di esposizione della HP5+ si è potuto evitarne il bloccaggio ed effettuarne la stampa con una moderata bruciatura.

Ci si può chiedere dov'è la novità, visto che in fondo non si tratta che di un Adams rivisitato in maniera molto grossolana, e quale sarà l'effetto di questa drastica riduzione dello sviluppo sul resto delle nostre foto, che non affrontano problemi di contrasto così pronunciati.



Fig. 3

La novità, se di tale si può parlare, sta proprio nel fatto che la tecnica dello sviluppo ridotto può essere applicata con sicurezza anche a quelle condizioni di luce che normalmente non richiederebbero un trattamento particolare, come cercheremo di dimostrare con la prossima serie di esempi.

Le Fig. 4, 5, 6, 7 costituiscono una progressione nella quale la luce diventa man mano più diffusa, come si può notare dalla mancanza di ombre nettamente marcate, tuttavia le immagini mantengono una più che sufficiente brillantezza accompagnata da una sensazione di luminosità che viene dalla piena leggibilità delle ombre, contrariamente alla diffusa credenza che vorrebbe trovarla nel maggior contrasto.



Fig. 4



Fig. 5



Fig. 6



Fig. 7

Può essere interessante notare che le foto in Fig. 5 e Fig. 7 appartengono ad una stessa serie scattata praticamente tutta in esterni (la foto 5 è stata ripresa all'imboccatura di una tenda), misurando con un esposimetro a luce riflessa la luminosità di un indumento nero e chiudendo di due stop rispetto a questa lettura, cioè esponendo effettivamente l'oggetto più scuro in zona III. Di qui la ricchezza di toni nei neri, senza peraltro bruciare le luci, grazie appunto allo sviluppo a basso contrasto.

Ma tutto ha i suoi limiti, come dimostrano le tre foto in Fig. 8, 9, e 10. Tutte e tre sono state scattate durante un piovoso pomeriggio di Dicembre. La 8 e la 9 si salvano ancora, grazie alla presenza di elementi rispettivamente abbastanza scuri e luminosi che ravvivano la scena pur trasmettendo l'impressione di una giornata grigia. La 10 per contro comincia a mostrare la corda, con il grigiore della facciata, della piramide e della pavimentazione che dominano il tutto, opprimendo le piccole aree nere alle quali non c'è nessun elemento brillante a fare da contrappunto.



Fig. 8


Fig. 9

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Fig. 10

È evidente che in queste condizioni si rischia, e che quelli che riteniamo essere i vantaggi di una riduzione dello sviluppo vanno valutati contro questa possibilità. Comunque vale la pena provare, c'è di che divertirsi.

Romano Sansone © 07/2004