COMPENDIUM?
Immo vero latine loquor!
Michele Vacchiano, marzo 2002

Lo Zeiss Vario Tessar T* 16-35mm F/4 per fotocamere Sony dotate di innesto E non è piccolissimo ma offre una qualità straordinaria ed una resa superba su tutto il campo a tutte le lunghezze focali ed a tutti i diaframmi.

Il compendium qui illustrato (Cambo) ha un alloggiamento portafiltri. In quasi tutti i compendium possono essere montati i classici filtri in gelatina o i filtri in vetro ottico di formato 10x10 cm.

Il ProHood della Lee è un compendium capace di ospitare i filtri Lee e qualunque altro filtro di formato 10x10 cm.

Questo paraluce per grande formato (Cambo) si adatta a obiettivi fino a 125 mm di diametro. Può essere bloccato in qualunque posizione e segue fedelmente i movimenti di decentramento e basculaggio. Accetta filtri di 10x10, 7,5x7,5 e 12,5x12,5 cm. La piastra frontale è metallica per accogliere i "vignetter" magnetici. Le due piccole linguette a molla servono a mantenere in posizione i filtri per gli effetti speciali. Come si vede, si tratta di un sistema completo che non serve soltanto a "fare ombra", ma a fornire prestazioni di elevata specializzazione, richieste principalmente dalla fotografia in studio.

Facciamo un test. Il compendium è…
  • Un riassunto scritto in latino per l'esame di ammissione in seminario;
  • La "summa" di tutte le orazioni di Cicerone;
  • Il termine latino per dire "enciclopedia";
  • Un sugo - molto ristretto - che le matronae romane usavano per condire i tubuli farinacei (maccheroni).
Se avete risposto sì ad almeno una di queste domande… siete completamente fuori strada. Il compendium è un accessorio fotografico (eh già, se no che ci stava a fare su "Nadir"?), e più precisamente un paraluce piuttosto complesso.

Nella sua forma base, il compendium è un soffietto, aperto alle due estremità, che si applica alla parte frontale dell'obiettivo. E' dotato di un sistema che gli permette di allungarsi ed accorciarsi: può essere una piccola rotaia lungo la quale scorrere, un sistema di astine incrociate "a pantografo" o altre cose ancora. Fatto sta che il compendium si allunga e si accorcia per adattarsi alle diverse focali: corto per i grandangolari (allo scopo di evitare vignettature meccaniche), lungo per i tele così da sfruttare in modo ottimale il cono d'ombra).

Fin qui, tutto chiaro. Ma come faccio a sapere quando il compendium è allungato o accorciato al punto giusto? Se si lavora in grande formato la cosa è abbastanza semplice: quando sul vetro smerigliato cominciano a comparire dei bordi neri, significa che il limite di allungamento è stato superato: conviene allora arretrare l'accessorio di qualche millimetro. Se invece si usa la reflex le cose si complicano, perché il mirino reflex non copre praticamente mai il 100% dell'inquadratura: quando voi vedete comparire i bordi neri del compendium vuol dire che avete già superato di parecchio (di quanto, dipende dal singolo mirino) il limite della vignettatura. Tornate indietro di un po' (quanto? boh!) e sperate in bene.

Il compendium ha una sezione quadrata. Il che vuol dire che si adatta in modo teoricamente ottimale al fotogramma. "Teoricamente" per due ragioni.

Ma insomma, ci sono dei vantaggi? Sì, certo: di solito il compendium non è solo un paraluce, ma anche un sistema portafiltri versatile e completo, insuperabile in studio, soprattutto nella fotografia pubblicitaria. I modelli professionali (progettati per il grande formato ma applicabili anche ai formati inferiori) accettano i classici filtri quadrati 10x10 (in alcuni casi anche di altre misure) e possono montare le mascherine e i filtri per effetti speciali.

Quanto costa il compendium? Tanto. Anzi, una cifra senza senso. Dice: è vero, però spendi una volta sola per un singolo paraluce invece di comperarne uno per ogni obiettivo. Sacrosanto, rispondo io, però personalmente trovo maledettamente scomodo essere costretto a smontare e rimontare il compendium ogni volta che cambio l'ottica. Una perdita di tempo che - quando non finisce per far scappare l'occasione fotografica - ti induce nella tentazione di rinunciare al paraluce, cosa peccaminosissima e perniciosissima, come già sentenziava Catone il grande (per non citare Ammiano Marcellino, di cui nessuno ricorda l'esistenza se non alla vigilia dell'esame di maturità).

Per cui, pur avendo alle spalle un curriculum scolastico interamente dedicato alla filologia classica, preferisco lasciare il compendium ai fotografi che lavorano sub pergula (in studio). Io, che lavoro sub divo (all'aria aperta) mi accontento degli economici, popolari e per nulla sfiziosi paraluce di gomma. Uno per ogni obiettivo, applicato una volta per tutte e lasciato lì. Dopotutto, simplicitas grata diis, come si dice volgarmente.

Michele Vacchiano © 03/2002
Riproduzione Riservata