QUANTO VARIA LA QUALITÁ COL CRESCERE DEL FORMATO?
Diversi formati di ripresa per una diversa qualità delle foto. Vediamo le differenze
Rino Giardiello, marzo 1999

È davvero così evidente?
Vale la pena investire tutti quei milioni per una buona medioformato?

Ammettiamolo: tutti quanti, prima o poi, sentiamo una "irresistibile voglia di medio formato". La motivazione, di solito, è "voglio maggiore qualità", ma i prezzi esorbitanti della solita Hasselblad scoraggiano anche i più audaci (eppure l'Hasselblad non è affatto l'unica medioformato di buona qualità anche se resta senz'altro la più diffusa ed apprezzata 6x6 grazie anche agli eccellenti obiettivi Zeiss che la corredano).

PERCHÉ PASSARE AD UN FORMATO SUPERIORE
Non si tratta solo di grana più o meno vistosa come molti credono. Le moderne emulsioni hanno ridotto le differenze ma il minor rapporto d'ingrandimento rende le immagini visibilmente più nitide al di là di qualsiasi considerazione sulla risolvenza o sulla qualità dell'obiettivo (certo che se il confronto viene fatto tra una moderna Contax con obiettivi Zeiss ed una vecchia biottica da 50'000 Lire, quanto appena detto decade: non illudiamoci del contrario). In più un obiettivo di medioformato ha la notevole capacità di riprodurre le sfumature ed i dettagli più fini (sempre da valutare caso per caso in rapporto alla classe dell'ottica), ed il minor rapporto d'ingrandimento minimizza qualsiasi traccia di polvere o sporco sul negativo: anche questo è un aspetto da tener presente e chi stampa da sé il bianconero combattendo contro polvere e pelucchi, ben sa a cosa mi sto riferendo.

SÌ, VA BENE, MA QUANT'È VISIBILE LA DIFFERENZA?
La cosa migliore è quella di vederla coi propri occhi. Peccato che le foto ridotte per il web riducano di molto le differenze di qualità: dovete solo fidarvi della mia parola o provare a realizzare voi lo stesso test.

Il test l'ho organizzato in questo modo: mi interessava rilevare il visibile, quindi ho fotografato un certo numero di giornalini con delle buone fotocamere medioformato e 24x36. Perché i giornalini? I formati di ripresa erano troppo diversi, quindi ho cercato di riempire tutta la superficie dei diversi fotogrammi con lo stesso numero di giornalini. Il numero, ovviamente, non è perfetto, ma corrisponde alla realtà fotografica (mai precisa) e non a quella dei test in studio. In questo modo ho potuto verificare le effettive differenze legate ai diversi formati arrivando ad un ingrandimento finale sempre identico, vale a dire stampare in dimensioni reali un giornalino posto al centro del fotogramma. Se non avessi fatto così e mi fossi limitato a stabilire il formato di stampa finale, per esempio 30x40cm, il 6x6 sarebbe stato "assorbito" dal 4,5x6 ed un formato più "panoramico" come il 24x36 sarebbe stato ulteriormente penalizzato. La pellicola è stata la stessa per tutto il test, una semplice Ilford FP4 Plus sviluppata in ID11. Il giornalino ingrandito è quello che si trova sempre al centro del fotogramma, quindi il test non mette in evidenza eventuali cali di resa tra centro e bordi dei diversi obiettivi: non è questo il suo scopo.

Ho cercato di ridurre le foto il più possibile per il web, ma meno di così le differenze scomparivano del tutto. Tenete presente che già non si nota più la differenza della grana, vistosissima sul 24x36, quasi inesistente sul 6x7. Anche la ricchezza della gamma tonale è ben visibile "dal vivo" mentre viene livellata in basso dai monitor. Non ho pubblicato tutta la pagina dei giornalini per evitare di creare un file troppo grande, e mi sono limitato ad un dettaglio. Il test è stato eseguito con il maggiore scrupolo possibile e nulla è stato corretto o modificato digitalmente.

ALCUNE CONSIDERAZIONI
Come già detto, la maggiore qualità che si ottiene col crescere del formato è indiscutibile, ma dobbiamo anche tenere presenti le nostre effettive esigenze fotografiche. Non sempre contano qualità, nitidezza, gamma tonale ed assenza di grana, ma l'attimo fuggente, un'espressione felice, una immagine ben composta. In fotografia contano soprattutto i contenuti ed è bene evitare di cadere nella facile trappola della qualità tecnica. Io uso fotocamere dal 24x36 (mm) al banco ottico 13x18 (cm) passando per il 6x7 (ancora cm) a seconda delle situazioni e delle necessità. Quando lavoro per l'editoria (quasi sempre per riviste di Architettura), la nitidezza legata al formato è fondamentale (ma le architetture restano ben ferme ad aspettare che io scatti!).

Riflettete bene non solo sulla necessità reale o meno di una fotocamera medioformato ma anche sul tipo di fotocamera: spesso si punta al 6x6 per abitudine, ma in campo professionale è meglio salire almeno al 6x7. Se pensate di usare una 6x6 tagliando le foto in sede di stampa, risparmiate fior di milioni comprando direttamente una 4,5x6: sono piccole, leggere, relativamente economiche, di buona qualità ed oggi pratiche e veloci come una moderna reflex 35mm (pensate alla Pentax 645 o alla Contax 645, anche automatiche ed autofocus!), ma anche in quest'ultimo caso valutate bene se un'ottima 24x36 non possa bastare alle vostre esigenze: le differenze possono essere davvero minime.

DUBBI LEGITTIMI
Il dubbio sul formato in grado di costituire il compromesso migliore tra costo, praticità e qualità del risultato finale, è vecchio quanto la storia della fotografia. La questione pareva risolta così: la fotografia è reportage e per il reportage c'è un solo formato: il 35 millimetri. Ma poi ci si è resi conto che la fotografia è anche documentazione, illustrazione, cultura dell'immagine, e non è detto che lo strumento principe del reportage possa andar bene per tutti questi scopi.

Di solito i fotografi che per la prima volta vedono una diapositiva 13x18 (centimetri, non millimetri!), o che utilizzano la vecchia medioformato trovata in soffitta o comprata sulle bancarelle di un mercatino, cadono in profonda crisi mentre il problema non si pone per il fotografo specializzato: chi si occupa di animali in libertà o di foto sportiva preferirà una moderna reflex autofocus 35 millimetri con un supertele o uno zoom, mentre chi deve realizzare fotografie di architettura o arredamento (è il mio caso) non troverà alcun motivo per scendere sotto il 6x7cm (ma spesso preferisce il banco ottico anche e soprattutto per le possibilità offerte dai corpi mobili). Un altro fattore decisionale è costituito dalla rapidità di lavoro, nel senso che chi deve scattare in poco tempo 3-400 immagini diverse non potrà concedersi i tempi lenti del grande formato, mentre chi deve realizzare pochi, ottimi scatti di un'architettura non avrà motivi per evitare quanto di meglio si possa ottenere sotto il profilo qualitativo (e molte riviste specializzate non accettano nulla di meno). Ci sono quindi delle situazioni che scelgono per conto del fotografo.

I costi. È giusto parlarne anche perché in merito ci sono molte idee sbagliate. Il 35 millimetri è economico solo in campo amatoriale: passando a reflex ed ottiche professionali le differenze (di costi) con i formati superiori si assottigliano e spesso un banco ottico costa di meno! Inoltre il 35mm va sempre "riempito" completamente con l'immagine, perché se si cominciano a ingrandire porzioni di negativo è davvero la fine. Da questo consegue che chi usa il piccolo formato ha bisogno di più obiettivi di diverse focali (proprio per irempire sempre il negativo), rispetto a chi usa maggiori formati di ripresa.

I formati. Ho scelto il 24x36, 4.5x6, 6x6 e 6x7 perché i più diffusi. Il 6x6 è sicuramente il più usato tra gli "intermedi" e tuttavia rappresenta una specie di doppione del 4.5x6 se si pensa alla destinazione finale, per esempio la copertina di una rivista (rettangolare). Poichè, però, nessuno ci impedisce di stampare una foto quadrata, ho inserito ugualmente il 6x6 in questo test, quindi ricordate: il 6x6 è sempre stampato a pieno fotogramma, cioé quadrato, altrimenti dovete prendere come riferimento il 4.5x6. Cambiando marca di apparecchio e di obiettivo si potranno migliorare o peggiorare i risultati (di poco o di molto dipende dalle fotocamere e dalle ottiche confrontate), ma - ripeto - non mi interessava fare un confronto tra obiettivi bensì solo tra i diversi formati.

Esaminiamo i quattro formati: il 35mm denuncia subito la presenza della grana (non visibile nella piccola foto jpeg pubblicata), ma l'immagine si conserva ancora leggibile a riprova della bontà di obiettivi ed emulsioni. Con il 4,5x6 c'è un certo progresso, ma un po' di grana continua a farsi sentire, mentre col 6x6/6x7 la grana è quasi scomparsa. Il 6x7, in particolare, si fa apprezzare per la pulizia dei dettagli e delle sfumature, vale a dire, valutando la foto nella sua interezza, in realismo e qualità globale.

Si riesce a concludere qualcosa? Ci provo: il 35 mm è una specie di miracolo che riesce ad andare oltre quelli che sono i suoi limiti naturali. Il 6x7 (ma sarebbe meglio ancora il Grande Formato), è un altro pianeta se l'obiettivo primario è la qualità. Purtroppo non ci sono alternative e la logica secondo la quale su stampe finali di dimensioni medie (per esempio 18x24/20x30 cm) le differenze non si vedono, è sbagliata: si minimizzano le differenze legate alla grana, ma la stampa ottenuta da un formato maggiore sarà in ogni caso più limpida e "pulita". Il 6x7 è probabilmente la soluzione ottimale quando si devono unire ottima qualità ed una discreta rapidità di esecuzione.
È il formato ideale?
Sì, se non si deve lavorare a luce ambiente a mano libera (non esistono certo gli F/1.4) o non lo si confronta con uno dei formati davvero grandi!

Quando si confrontano tra loro obiettivi per il 35mm, si può ragionare in termini di linee per millimetro (anche se non dev'essere assolutamente l'unico parametro di giudizio), quando invece si confrontano formati diversi, le linee per millimetro passano in secondo piano. Il vantaggio di un negativo di formato maggiore non è nei pochi o molti dettagli in più che registra. Alla giusta distanza di lettura (un poster 50x70 cm andrebbe guardato da un metro circa e non da pochi centimetri) l'occhio si accontenta di poco, ed anche dal 24x36 si ottengono stampe che non lasciano insoddisfatti: è la scala dei grigi e la ricchezza delle sfumature a tradirle. La stessa stampa da negativo di formato maggiore può vincere nel confronto anche se non mostra nessun dettaglio in più e se l'obiettivo usato in fase di ripresa era un po' scarsino in quanto a linee per millimetro: risulta migliore perché è meno ingrandito e ci restituisce le reali gradazioni di luce e ombra facendoci spesso dimenticare che tra noi e la realtà c'è la mediazione di una superficie a due sole dimensioni.

Rino Giardiello © 03/1999
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