PELLICOLE LUCKY
DALLA CINA CON FURORE

E invece no, le Lucky sono arrivate con la massima discrezione al Photo Roma Show, presentate quasi timidamente nello stand della Rossi & C. Poco lontano c'era un chiosco dove venivano distribuite gratuitamente per farle provare (venivano anche sviluppate gratis stesso in fiera), ma la cosa non ha suscitato tanto scalpore. I fotoamatori guardavano perplessi le nuove pellicole pensando all'ennesima derivazione Agfa o 3M e ne approfittavano solo per fare qualche scatto in più
Parlando con un dirigente della Rossi ho invece saputo che le Lucky sono sono prodotte interamente in Cina da quello che è uno dei maggiori produttori di pellicole al mondo, la China Lucky Film Corporation, già distribuite in quasi tutto il mondo (com'è che in Italia nessuno le aveva importate prima?).

In Italia vengono importate solo tre pellicole negative a colori (100, 200 e 400 ISO) e due negative BN (100 e 400 ISO).

LA MIA PROVA SU STRADA

Ho caricato le Lucky in macchina e via a fare foto a vari soggetti in diverse condizioni di luce. Non sarà un test iperscientifico (quello lo trovate già sulle riviste), ma ha il vantaggio di simulare molte condizioni di ripresa reali. Anche per lo sviluppo ho voluto evitare sia il minilab che il laboratorio professionale dal quale mi servo normalmente. "Vediamo cosa succede inviandolo ad un buon laboratorio industriale usato dalla maggior parte dei negozianti e quindi dei fotoamatori della mia zona" mi sono detto, e così ho fatto. Anche per le stampe, ho chiesto i "normali" 11x16 in automatico salvo fare dopo degli ingrandimenti più elevati per esaminare la grana.

NEGATIVE A COLORI

Niente male, nella globalità davvero niente male. I colori sono saturi e brillanti come è tendenza attuale (un po' eccessivi per i miei gusti), e la grana adeguata alla sensibilità, un po' più vistosa rispetto alle ultime Fuji e Kodak. Nel dettaglio:

SATURAZIONE CROMATICA: fedele la 200 ISO, eccessiva la 100 ISO, scarsina la 400 ISO.

CONTRASTO: elevato in tutte e tre le emulsioni. La piu' corretta è la 200 ISO. La 400 tende a chiudere le ombre e, per renderla più accettabile bisogna esporla a 200 (ma a questo punto, meglio comprare direttamente la 200). D'effetto la 100 ISO.

GRANA: tendenzialmente superiore alle concorrenti più titolate ma accettabile. L'unica a mio avviso davvero eccessiva è la 400 ISO.

LATITUDINE DI POSA: nella norma la 100 e la 200, stiracchiata la 400 ISO.

CONCLUSIONI

Le Lucky da 100 e 200 ISO non sono niente male ed i piccoli lati negativi diventano ampiamente accettabili se si pensa al fattore prezzo, quasi la metà delle dirette concorrenti. Resto perplesso riguardo la 400 ISO che, nonostante il prezzo basso non mi sento di consigliare se intendete effettuare ingrandimenti. Un altro grosso problema riguarda la filtratura effettuata da laboratorio. Mi rendo conto che la pellicola è nuova e pressoche' sconosciuta, ma le stampe standard sono arrivate tutte con una dominante gialloverde molto sgradevole a vedersi. Per poter fare un confronto e scrivere questo articolo ho dovuto farle ristampare tutte dal consueto laboratorio professionale. Spero che i laboratori dedichino quanto prima un "canale" anche alle Lucky, altrimenti i risultati non saranno quelli che la pellicola permetterebbe.

LE DUE BIANCONERO

Ho potuto provare solo quella da 400 ISO. All'interno della confezione ci sono le indicazioni per il trattamento in D76 (7 minuti a 20°C) ma l'ho sviluppata in ID11 per 7,5 minuti. Non credo che questo possa modificare di molto i risultati (D76 ed ID11 sono praticamente uguali).

Devo dire che la pellicola si è conportate davvero bene, con risultati non troppo lontani da quelli della Ilford HP5. Ho solo trovato un po' eccessiva la grana ed una scarsa attitudine a compensare le sottoesposizioni. Come per le negative a colori c'è da dire che il prezzo è però altamente concorrenziale e le Lucky valgono senz'altro più di quello che costano.

Rino Giardiello © 1999
Riproduzione Riservata

Ho cercato di ridurre le foto il più possibile, ma meno di così le differenze scomparivano del tutto. Tenete presente che già non si nota più la differenza della grana, vistosissima sul 24x36, quasi inesistente sul 6x7. Anche la ricchezza della gamma tonale è ben visibile "dal vivo" mentre viene livellata in basso dai monitor. Non ho pubblicato tutta la pagina dei giornalini per evitare di creare un file troppo grande, e mi sono limitato ad un dettaglio. Il test è stato eseguito con il maggiore scrupolo possibile e nulla è stato corretto o modificato digitalmente.
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Come già detto, la maggiore qualità che si ottiene col crescere del formato è indiscutibile, ma dobbiamo anche tenere presenti le nostre effettive esigenze fotografiche. Non sempre contano qualità, nitidezza, gamma tonale ed assenza di grana, ma l'attimo fuggente, un'espressione felice, una immagine ben composta. In fotografia contano soprattutto i contenuti ed è bene evitare di cadere nella facile trappola della qualità tecnica. Io uso fotocamere dal 24x36 (mm) al banco ottico 13x18 (cm) passando per il 6x7 (ancora cm) a seconda delle situazioni e delle necessità. Quando lavoro per l'editoria (quasi sempre per riviste di Architettura), la nitidezza legata al formato è fondamentale (ma le architetture restano ben ferme ad aspettare che io scatti!).

Riflettete bene non solo sulla necessità reale o meno di una fotocamera medioformato ma anche sul tipo di fotocamera: spesso si punta al 6x6 per abitudine, ma in campo professionale è meglio salire almeno al 6x7. Se pensate di usare una 6x6 tagliando le foto in sede di stampa, risparmiate fior di milioni comprando direttamente una 4,5x6: sono piccole, leggere, relativamente economiche, di buona qualità ed oggi pratiche e veloci come una moderna reflex 35mm (pensate alla Pentax 645 o alla Contax 645, anche automatiche ed autofocus!!), ma anche in quest'ultimo caso valutate bene se un'ottima 24x36 non possa bastare alle vostre esigenze: le differenze possono essere davvero minime.
DUBBI LEGITTIMI...

Il dubbio sul formato in grado di costituire il compromesso migliore tra costo, praticità e qualità del risultato finale, è vecchio quanto la storia della fotografia. La questione pareva risolta così: la fotografia è reportage e per il reportage c'è un solo formato: il 35 millimetri. Ma poi ci si è resi conto che la fotografia è anche documentazione, illustrazione, cultura dell'immagine, e non è detto che lo strumento principe del reportage possa andar bene per tutti questi scopi.

Di solito i fotografi che per la prima volta vedono una diapositiva 13x18 (centimetri, non millimetri!), o che utilizzano la vecchia medioformato trovata in soffitta o comprata sulle bancarelle di un mercatino, cadono in profonda crisi mentre il problema non si pone per il fotografo specializzato: chi si occupa di animali in libertà o di foto sportiva preferirà una moderna reflex autofocus 35 millimetri con un supertele o uno zoom, mentre chi deve realizzare fotografie di architettura o arredamento (è il mio caso) non troverà alcun motivo per scendere sotto il 6x7 cm (ma spesso preferisce il banco ottico anche e soprattutto per le possibilità offerte dai corpi mobili). Un altro fattore decisionale è costituito dalla rapidità di lavoro, nel senso che chi deve scattare in poco tempo 3-400 immagini diverse non potrà concedersi i tempi lenti del grande formato, mentre chi deve realizzare pochi, ottimi scatti di un'architettura non avrà motivi per evitare quanto di meglio si possa ottenere sotto il profilo qualitativo (e molte riviste specializzate non accettano nulla di meno). Ci sono quindi delle situazioni che scelgono per conto del fotografo.

I costi. È giusto parlarne anche perché in merito ci sono molte idee sbagliate. Il 35 millimetri è economico solo in campo amatoriale: passando a reflex ed ottiche professionali le differenze (di costi) con i formati superiori si assottigliano e spesso un banco ottico costa di meno! Inoltre il 35mm va sempre "riempito" completamente con l'immagine, perché se si cominciano a ingrandire porzioni di negativo è davvero la fine. Da questo consegue che chi usa il piccolo formato ha bisogno di più obiettivi di diverse focali (proprio per irempire sempre il negativo), rispetto a chi usa maggiori formati di ripresa.

I formati. Ho scelto il 24x36, 4.5x6, 6x6 e 6x7 perché i più diffusi. Il 6x6 è sicuramente il più usato tra gli "intermedi" e tuttavia rappresenta una specie di doppione del 4.5x6 se si pensa alla destinazione finale, per esempio la copertina di una rivista (rettangolare). Poichè, però, nessuno ci impedisce di stampare una foto quadrata, ho inserito ugualmente il 6x6 in questo test, quindi ricordate: il 6x6 è sempre stampato a pieno fotogramma, cioé quadrato, altrimenti dovete prendere come riferimento il 4.5x6. Cambiando marca di apparecchio e di obiettivo si potranno migliorare o peggiorare i risultati (di poco o di molto dipende dalle fotocamere e dalle ottiche confrontate), ma - ripeto - non mi interessava fare un confronto tra obiettivi bensì solo tra i diversi formati.

Esaminiamo i quattro formati: il 35 mm denuncia subito la presenza della grana (non visibile nella piccola foto jpeg pubblicata), ma l'immagine si conserva ancora leggibile a riprova della bontà di obiettivi ed emulsioni. Con il 4,5x6 c'è un certo progresso, ma un po' di grana continua a farsi sentire, mentre col 6x6/6x7 la grana è quasi scomparsa. Il 6x7, in particolare, si fa apprezzare per la pulizia dei dettagli e delle sfumature, vale a dire, valutando la foto nella sua interezza, in realismo e qualità globale.

Si riesce a concludere qualcosa? Ci provo: il 35 mm è una specie di miracolo che riesce ad andare oltre quelli che sono i suoi limiti naturali. Il 6x7 (ma sarebbe meglio ancora il Grande Formato), è un altro pianeta se l'obiettivo primario è la qualità. Purtroppo non ci sono alternative e la logica secondo la quale su stampe finali di dimensioni medie (per esempio 18x24/20x30 cm) le differenze non si vedono, è sbagliata: si minimizzano le differenze legate alla grana, ma la stampa ottenuta da un formato maggiore sarà in ogni caso più limpida e "pulita". Il 6x7 è probabilmente la soluzione ottimale quando si devono unire ottima qualità ed una discreta rapidità di esecuzione.
È il formato ideale?
Sì, se non si deve lavorare a luce ambiente a mano libera (non esistono certo gli F/1.4) o non lo si confronta con uno dei formati davvero grandi!

Quando si confrontano tra loro obiettivi per il 35 mm, si può ragionare in termini di linee per millimetro (anche se non dev'essere assolutamente l'unico parametro di giudizio), quando invece si confrontano formati diversi, le linee per millimetro passano in secondo piano. Il vantaggio di un negativo di formato maggiore non è nei pochi o molti dettagli in più che registra. Alla giusta distanza di lettura (un poster 50x70 cm andrebbe guardato da un metro circa e non da pochi centimetri) l'occhio si accontenta di poco, ed anche dal 24x36 si ottengono stampe che non lasciano insoddisfatti: è la scala dei grigi e la ricchezza delle sfumature a tradirle. La stessa stampa da negativo di formato maggiore può vincere nel confronto anche se non mostra nessun dettaglio in più e se l'obiettivo usato in fase di ripresa era un po' scarsino in quanto a linee per millimetro: risulta migliore perché è meno ingrandito e ci restituisce le reali gradazioni di luce e ombra facendoci spesso dimenticare che tra noi e la realtà c'è la mediazione di una superficie a due sole dimensioni.

Rino Giardiello © 3/1999
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