FAQ - CAMERA OSCURA
Domande ricorrenti sul mondo della Fotografia

STAMPE AL PLATINO, COSA SONO?
È una tecnica di stampa molto costosa e complicata: richiede la preparazione della carta che deve essere sensibilizzata con una soluzione di ossalato ferrico ed un sale di platino. Sono in vendita per corrispondenza dei kit che contengono tutto l'occorrente, anche la carta, manca solo il sole! Si, perché l'esposizione deve essere fatta con una fonte di UV, e le normali lampade non vanno bene, ma va benissimo il sole diretto. È considerata il top delle tecniche di stampa per la durata praticamente eterna delle immagini così ottenute. Le immagini hanno una scala di grigi molto delicata ed una plasticità "tattile". Per approfondire questa tecnica consultare il sito http://www2.ari.net, oppure acquistare "Le stampe d'arte fotografiche", edizioni Cesco Ciapanna, autore Damiano Bianca. Lo si può richiedere anche in edicola, è un libro di "Fotografare".

CHE COS'È L'AUTOMASCHERATURA?
È una tecnica di mascheratura abbastanza semplice concettualmente, ma difficilissima da applicare. Funziona così: si espone la carta per le ombre, cioè per le parti più scure dell'immagine; poi, tenendo sempre il foglio di carta ben fermo sotto l'ingranditore, lo si sviluppa, ripassandolo bene con un pennello a setole morbide imbevuto di rivelatore. I passaggi devono essere quanto più possibile rapidi e omogenei, per evitare chiazze sulla stampa finale. Un metodo un po' meno "sporco" che libera dall'impegno di spennellare e dal rischio di spostare la carta durante l'esposizione consiste nell'impregnare la carta di rivelatore, nel rimuovere l'eccesso di rivelatore dalla carta con un tergicristallo e una pelle di daino, piazzando poi la carta sul piano dell'ingranditore ben aderente ad una lastra di vetro. Si espone per le ombre, e mentre è in atto lo sviluppo, ovvero mentre i neri non hanno raggiunto ancora la piena densità, si espone il restante tempo per le luci. L'argento, che si è formato sulla carta nelle zone più scure dell' immagine, funge da schermo durante la seconda esposizione, evitando così che i neri diventino ancora più densi. D'altra parte il rivelatore steso sulle zone di alte luci non agisce, perché non ci sono alogenuri da sviluppare. Agirà invece dopo la seconda esposizione. Lo sviluppo va completato in vaschetta. In sostanza si ha un bilanciamento tra le zone chiare e quelle scure dell'immagine che è a tutti gli effetti una mascheratura.

I vantaggi:

1) La mascheratura non si vede (nessun alone sulle figure).
2) L'effetto bordo è amplificato, per cui si ha una migliore acutanza visiva.
 
Gli svantaggi:
 
1) È difficile da applicare, perché se si sbaglia il momento dell'esposizione per le luci l'immagine diventa estremamente piatta.
2) Si corre il rischio di avere immagini strisciate dovute ad una non perfetta stesura del rivelatore, a meno, come detto, di ricorrere alla impregnazione della carta prima della esposizione.

Da notare che l'automascheratura agisce su tutta la foto, e non sostituisce la mascheratura selettiva eseguita su particolari zone dell'immagine.

SI POSSONO RECUPERARE NEGATIVI SOTTOESPOSTI GRAZIE AD UN BAGNO DI RINFORZO?
Il bagno di rinforzo aumenta la densità di un negativo troppo leggero ma non è un vero e proprio "rimedio miracoloso", e dipende molto dal "difetto" del negativo in nostro possesso. Se il negativo è leggero perché sottosviluppato (l'immagine c'è ma è poco densa) il bagno di rinforzo può fare molto ma se il negativo è leggero perché c'è stata una sottoesposizione in fase di ripresa il bagno non servirà praticamente a nulla. I dettagli più scuri non registrati dalla pellicola non possono venir chiamati in vita da un post-trattamento.

PERCHÈ NON BISOGNA USARE IL BAGNO DI FISSAGGIO TEORICAMENTE ESAURITO ANCHE SE APPARENTEMENTE CONTINUA A FUNZIONARE?
È solo un'impressione: in realtà il fissaggio non sta fissando più nulla e le foto si rovineranno dopo un certo tempo, più o meno breve a seconda dello stato di esaurimento del fissaggio.

È VERO CHE ANZICHÈ FARE UN CATTIVO LAVAGGIO DELLE PELLICOLE È MEGLIO NON FARLO DEL TUTTO?
Assolutamente no: volendo conservare i negativi il più a lungo possibile il lavaggio va sempre effettuato per non meno di 15 minuti. Negativi che non ci interessa conservare possono essere lavati per meno di un minuto ma non dureranno più di un paio di anni. Si può non fare solo se il negativo è a scopo "usa e getta".

È VERO CHE UNA MAGGIORE DILUIZIONE DEL RIVELATORE COMPORTA UN MAGGIOR EFFETTO COMPENSATORE ED UN MIGLIORAMENTO DELL'ACUTANZA?
È vero ma non si può fare di tutta l'erba un fascio: funziona con alcuni rivelatori in polvere ad alta concentrazione di solfito tipo ID-11 e D-76, ma con molti rivelatori liquidi già previsti per forti diluizioni (di solito gli "usa e getta" come l'Ilfosol) le dimensioni e la "qualità" della grana fotografica peggiorano sensibilmente.

COME SI USA IL BAGNO DI ARRESTO?
Il bagno d'arresto va usato come specificato sulle istruzioni della confezione, tenendo presente che si tratta di un bagno che va applicato subito dopo lo sviluppo e prima del fissaggio. Per esempio, l'Ilford Ilfostop va diluito in acqua a 20°C in proporzione 1+19. Subito dopo lo sviluppo si versa il bagno così preparato nella spirale, si agita per 30 secondi (ma un minuto non fa male), dopodiché si svuota la tank e si procede col fissaggio. Se si tratta di carta, invece, dopo lo sviluppo e sempre in luce di sicurezza si mette la stampa nella bacinella con l'arresto, la si tiene per gli stessi tempi, e poi la si passa nel fissaggio. Non tutti usano il bagno d'arresto, soprattutto con le stampe, sostituendolo con un semplice risciacquo in acqua semplice. L'azione del bagno d'arresto però è più efficace nel fermare lo sviluppo, ed è più adatta a "ripulire" la stampa dai residui di rivelatore, in modo da non contaminare il fissaggio seguente. Considerato anche il costo irrisorio di una confezione, si consiglia sempre di applicarlo. Una confezione da 500ml consente di preparare 10 litri di bagno d'arresto, sufficienti per 150 rullini...
Non volendolo proprio comprare, un ottimo sostituto è il fissaggio esaurito. Specialmente lavorando nell'ambiente domestico l'odore dell'acido acetico, che è il più persistente e penetrante degli odori in camera oscura, può essere sgradito, ed è qui che un fissaggio esaurito può risultare utile.

Attrezzature di camera oscura

TIPI DI INGRANDITORE
Gli ingranditori si dividono in tre grandi famiglie a seconda della fonte luminosa e della distribuzione della luce sul negativo.

Luce condensata: una normale lampadina con bulbo opaco è posta sopra al condensatore (es. Leitz Focomat IIC, Durst Duomat) che ne dirige la luce in direzione più o meno perpendicolare al negativo (con una certa componente di luce diffusa). Ottima per la stampa in generale, esalta i difetti ed i pregi del negativo nel senso che ne sfrutta al massimo l'acutanza, ma mette in evidenza ogni granello di polvere. A parità di negativo la stampa è più contrastata che con altri tipi di illuminazione, il che esalta la grana, ma al tempo stesso permette di lavorare con negativi relativamente sottosviluppati, e quindi con meno grana per cominciare. Permette tempi di esposizione relativamente brevi, che non è sempre un vantaggio quando occorre fare molte operazioni di mascheratura a bassi fattori di ingrandimento, obbligando a diaframmare molto. Scalda molto il negativo (nulla di pericoloso, sia ben chiaro) e può generare anelli di Newton se si usano portanegativi con vetrini non appositamente trattati. In linea di massima è la soluzione più adatta per negativi di piccolo formato, come testimonia l'impegno di una Leitz e di una Durst in questo tipo di ingranditori.

Luce diffusa: la luce emessa da una normale lampadina, spesso un piccolo spot, passa attraverso una camera bianca dentro la quale subisce numerose riflessioni, per illuminare un vetro opaco che diventa a sua volta la sorgente di luce per il negativo. La luce così diffusa ha qualità più "morbide" di quella diretta del condensatore. Si ritrovano quindi le caratteristiche contrarie, cioè acutanza più bassa, grana ridotta, basso contrasto, minore visibilità dei difetti del negativo. È normalmente utilizzato nella stampa a colori e per il medio formato. Richiede tempi di posa relativamente lunghi, decisamente uno svantaggio ai forti ingrandimenti.

Luce fredda (lampada tipo quelle al neon), è la miglior soluzione per la stampa del BN, specialmente per il grande formato. Si tratta in sostanza di luce diffusa ma la qualità della luce e la quantità di energia luminosa messa in gioco, sfruttando il fatto che queste lampade non surriscaldano, esaltano la nitidezza del negativo e permettono tempi di esposizione relativamente brevi.

Sorgente di luce puntiforme, esalta ancora di più i vantaggi e gli svantaggi della luce condensata. La pellicola deve essere veramente perfetta, perché tutti i più piccoli difetti diventerebbero degli "elefanti" in stampa.

Luce condensata a specchio: funzionamento simile al puntiforme, ma con una lampadina normalissima (es. alcuni Durst). Lo specchio curvo fa convergere i raggi in un punto che diventa la sorgente luminosa per il negativo. Buona, non difficile come la luce puntiforme, ma sufficientemente contrastata e secca. Non offre la qualità del condensatore a luce diretta, poiché si riducono i mezzitoni e si aumenta notevolmente la grana, con un lieve miglioramento dell'acutanza.

Luce multigrade VC con centralina: normalmente due lampade convogliano la luce attraverso due filtri di diverso colore (da cui la denominazione "testa dicroica") ed un condensatore. Regolando la distanza delle lampade dal condensatore si ottiene una miscela di luce più o meno "contrastata" agli effetti della filtratura per la carta MG. Perfetta per tutte le situazioni, ma all'interno di questa tipologia di illuminazioni vi sono teste tipo la condensata diretta ed altre simili a quella a specchio.

Luce flash: esposizione brevissima realizzata con tre flash filtrati in R, G e B. Utilizzata principalmente per stampe di elevatissima qualità a colori.

COME SCEGLIERE UN INGRANDITORE PER BN
Il criterio principale e' il modo in cui la luce emessa dalla sorgente luminosa viene distribuita sul negativo. La varieta' di sorgenti luminose e di sistemi di distribuzione e' abbastanza vasta, e per questo rinviamo il lettore alle informazioni pubblicate in Nadir sotto FAQ Camera Oscura.

In pratica la scelta si riduce agli ingranditori a condensatore e quelli a luce diffusa. Nei primi la luce da una sorgente piu' o meno puntiforme viene trasformata da una lente (il condensatore) in un fascio di raggi perpendicolari al negativo. Nei secondi la luce subisce riflessioni multiple in una camera dalle pareti bianche e subisce una ulteriore diffusione passando attraverso un vetro bianco-lattiginoso: ogni punto del negativo viene cosi' colpito da raggi obliqui provenienti da piu' direzioni.

Come e' intuitivo la luce proveniente dal condensatore produce un'immagine piu'
nitida e piu' contrastata di quella diffusa. Almeno in teoria dovrebbe quindi essere piu' idonea per la stampa di negativi di piccolo formato perche':
a- la maggiore nitidezza compenserebbe le perdite dovute al forte ingrandimento
b- il maggior contrasto permetterebbe di sottosviluppare il negativo, riducendo cosi'
la grana
Il primo vantaggio si paga piuttosto caro perche' la luce condensata mette in evidenza i piu' piccoli difetti della pellicola, come ogni pelino o granello di polvere,
e quella grana che avrebbe dovuto uscire dalla porta grazie al sottosviluppo rientra dalla finestra proprio a causa del contrasto creato della luce condensata.

In pratica si fa largo uso di ingranditori a luce diffusa per il foormato 24x36 formato con piena soddisfazione, anche perche' la qualita' della luce non e' che un elemento tra quelli che determinano la qualita' finale dell'immagine (obbiettivo di ripresa, obbiettivo di stampa, densita' del negativo...). Inoltre le pellicole moderne hanno una emulsione piu' sottile delle pellicole di un passato poi neanche troppo lontano, con la conseguenza che la somma totale della diffusione causata dalla illuminazione e dalla pellicola stessa è meno accentuati di quando si predicava il verbo del condensatore per il piccolo formato. Lo sanno bene quelli che usano ingranditori a luce diffusa per il colore, e chi, partendo dal medio formato, e' talvolta costretto ad ingrandire porzioni del negativo non piu' grandi di 24x36.

La testa a colori non serve se non si vuole stampare a colori. L'unico vantaggio e' la presenza di filtri ad intensita' variabile gia' montati, che con l'aiuto di tabelle pubblicate dai fabbricanti di carta permette di usare le carte a gradazione variabile senza acquistare i filtri separatamente. È una comodita' ma non una economia, perche' una testa a colori costa piu' dei filtri.

Sempre riguardo ai filtri vi e' un punto da prendere in considerazione nel caso di un ingranditore esclusiavmente per BN. Primo, la costruzione dell'ingranditore dovrebbe permettere di inserire i filtri al di sopra del negativo: il loro scopo e' di colorare la luce, cosa che possono fare perfettamente da questa posizione senza interporre tra il negativo e l'obbiettivo, o peggio ancora tra l'obbiettivo ed il piano dell'ingranditore, due superfici che possono facilmente sporcarsi o rigarsi.
Se si tratta invece di un ingranditore per il colore i filtri non sono esattamente uguali per tutte le marche, ma cio' non costituisce un problema perche' le istruzioni per la carta indicano il tipo di filtri montato nei diversi ingranditori e le densita' necessarie per ottenere il contrasto desiderato.

Un elemento costruttivo abbastanza importante e' il portanegativi: quello a libro permette di usare un singolo fotogramma invece di una striscia. Puo' essere utile nel caso di fotogrammi trattati individualmente dopo lo sviluppo per ridurne o aumentarne il contrasto.

In sintesi i criteri minimi di scelta sono:
1-Un ingranditore di buona marca
2-Con testa BN a luce diffusa
3-Con possibilita' di inserire i filtri *sopra* il negativo
4-Senza risparmiare sull'obbiettivo
5-Se possibile con un portanegativi a libro.

La testa per il colore e' oggetto di preferenze personali e puo' essere un buon acquisto senza particolari penalizzazioni, salvo il costo, in vista di una futura
estensione delle attivita' alla stampa a colori.

OBIETTIVI PER INGRANDITORI
Gli obiettivi per ingranditore il cui nome termina per "AR" (Rogonar, Componar), sono di solito quelli a schema semplice a 3 o 4 lenti a seconda delle generazioni. Le stesse ditte hanno mantenuta la stessa desinenza anche per gli obiettivi destinati al grande formato. Gli obiettivi che terminano con "ON" (Rodagon, Componon), sono quelli a 5 o 6 lenti (sempre a seconda delle generazioni). Gli obiettivi il cui nome termina in "AR" sono quindi più economici ma non per questo meno validi, anche se non si può fare di tutta l'erba un fascio. Le vere differenze le si vedono di solito a tutta apertura e ad ingrandimenti superiori al 30x40 cm. Per esempio si nota il "crollo" totale del 105 Componar (focale "normale" per i negativi 6X9) rispetto al Rodagon 100, sul formato 40x50 cm con perdita di definizione ai bordi anche diaframmando ad F/8 e 11, con una vignettatura troppo visibile ed una estrema curvatura di campo. Su formati inferiori sembrano identici e si riescono a trovare delle differenze solo con foto ricche di dettagli minuti sui bordi e cercando il classico "pelo nell'uovo". Una foto in BN ben stampata ed osservata da 30-40 cm di distanza può essere stupenda anche con qualche linea di definizione in meno. Per passare a qualcosa di migliore si deve comprare un buon 6 lenti, anche "vecchiotto" e poco luminoso: è l'unico modo per risparmiare senza andare a completo discapito della qualità ma, attenzione, è meglio un ottimo 4 lenti anziché un pessimo 6 lenti!

FILTRI DICROICI, COSA SONO?
La filtratura dicroica è un sistema di illuminazione per ingranditori, e serve sia per stampare il BN con carte multigrade che il colore. In entrambi i casi si tratta di generare luce di colore variabile. È qui la particolarità della tecnica, perché nonostante il nome non si tratta di "colorare" mediante filtri ottici una luce pre-esistente, ma appunto di generare del colore giusto per mezzo di sorgenti speciali di luce fredda e di condensatori variabili.

Si tratta di un tipo di luce fredda non convenzionale (non sono lampadine a incandescenza) che ha la capacità di essere in qualche modo "continua", ovvero per mezzo di condensatori (elettrici, non ottici) variabili (sui quali si agisce tramite le manopole delle centraline) è possibile cambiare di valori piccolissimi la quantità dei singoli canali del colore. Si agisce sempre sui colori primari magenta, giallo e ciano.

Il sistema è usato sia per la stampa del BN su carta multigrade (per la quale riproduce i colori corrispondenti ai ben noti filtri ottici e tutte le gradazioni intermedie) che per il colore (per il quale genera luce gialla, ciano e magenta di intensità anch'essa regolabile in maniera continua per mezzo di potenziometri). Nel b/n, e precisamente nella stampa a contrasto variabile, questa "continuità" permette quindi di avere non solo i 5 contrasti classici, ma anche tutti i valori intermedi tra un contrasto e quello immediatamente successivo (o precedente). Certo, nella stragrande maggioranza dei casi sembra quasi assurdo stampare con gradazione 3.79, ma in linea di principio con i filtri dicroici questo è possibile (ma chi si accorge della differenza tra 3.78 e 3.79?). Insomma, per la stampa in BN anche se sembra quasi assurdo, si può stampare con gradazione 3.79: in linea di principio con i filtri dicroici questo è possibile. La cosa diventa però pressoché indispensabile per la stampa a colori, dove piccolissime variazioni dei canali del colore restituiscono stampe visibilmente differenti. Tali variazioni piccolissime non sono ottenibili per mezzo dei filtri in gelatina.

Il nome filtro inganna e dà la sensazione che si tratti di filtri ottici. In realtà si dicono filtri appunto perché la luce viene filtrata di questo o quel colore. L'utilità di avere una testa a filtratura dicroica si presenta, come dicevo, nella stampa del multigrade, dato che il bilanciamento del colore è più uniforme e nel tempo rimane inalterato (anche per quanto riguarda la temperatura cromatica), a differenza dei flitri per i cassetti i cui pigmenti tendono a scolorire (soprattutto a contatto del calore della lampada); inoltre un filtro dicroico non contiene colori parassiti.