Leica M5
Il brutto anatroccolo?
Pierpaolo Ghisetti, settembre 2022

Sulla Leica M5, nel tempo, si è detto e scritto di tutto: brutta, troppo grande, sgraziata, non una vera Leica M.

Leica M5

Il fatto che sia stata nel 1971 la prima macchina a telemetro ad essere dotata di esposimetri TTL, un avvenimento epocale, un traguardo cui le marche giapponesi concorrenti, come Nikon e Canon, perennemente percepite come tecnologicamente superiori, non erano riuscite a raggiungere, è passato quasi in secondo piano, un dettaglio insignificante, rispetto alla forma lontana dallo stilema introdotto dalla M3 e seguito dalle sue consorelle.

Leica M5

Apparentemente snobbata dalla tribù leichista, la M5 è in realtà una macchina formidabile, con i tempi di otturazione visibili nel mirino (che la successiva M6 non possiede, ad esempio), una costruzione impeccabile, un esposimetro (pensato da H,Broschke) estremamente preciso e affidabile, anche se complesso e apparentemente delicato, e una dimensione di soli 9mm in più rispetto all’amatissima M4.

Oltre che per l’estetica quadrata la M5 fu criticata anche per il peso, ben 710g contro i 500g della M4, fattore importante per un corredo che si basava sulla leggerezza, ma anche in questo caso l’introduzione dell’esposimetro TTL non fu tenuta in debita considerazione. In più la necessaria introduzione della batteria per alimentare l’esposimetro (che, essendo ad ago, consumava pochissimo) fu vista dalle vestali della tradizione Leica come un affronto, e ci furono molti che, stracciandosi le vesti, dichiararono che ci si trovava di fronte alla definitiva rottura di ogni aspetto sacro della tradizione Made in Wetzlar! Da notare che in ogni caso la M5 è una macchina meccanica in tutto e perfettamente funzionante anche senza esposimetro.

Leica M5

Da qui il nome dispregiativo di Leicona, come se, per una caratteristica così importante ed utile come l’esposimetro TTL, non si fosse disposti ad impugnare un corpo di appena un centimetro di differenza.
In più, se si dovesse considerare una M4 con montato un Leicameter, le dimensioni sarebbero superiori, in altezza, e pertanto l’ingombro risulterebbe molto limitante, oltre ad una operatività più lenta e macchinosa: ma evidentemente, agli incontentabili appassionati Leica, queste considerazioni non sono state sufficienti e al tempo decretarono l’insuccesso della magnifica M5.

Tuttavia, malgradi i mantra ripetuti come atti di fede, così comuni nel mondo Leica, la M5 rappresenta al 2003 il 5% della produzione delle macchine a telemetro Leica, superando anche l’innovativa M7, che si ferma al 4% ed appaiandosi alle amatissime M4-2 e M4-P. La M5 è stata prodotta sino al 1975 in 33.500 esemplari circa.

Leica M5

Le peculiarità della M5 sono tante, a cominciare dalla levetta di riavvolgimento pellicola posizionata sul fondello, rendendo piatto ed estremamente elegante il carter superiore.
Le cornicette per gli obiettivi sono quattro, è stato introdotto il contatto caldo per il flash, gli anelli per la cinghia possono essere due o tre, ed esistono 1750 corpi, sia neri che cromati, portanti il simbolo del Cinquantenario Leica.

Una raffinatezza è rappresentata dalla grande ghiera dei tempi che sporge anteriormente dal corpo, per essere agevolmente azionata con l’indice della mano destra. Una grande quantità di piccole e grandi innovazioni che rendono la M5 una macchina dalla progettazione unica all’interno dell’albero genealogico delle telemetro Leica.

Leica M5

Il mio incontro con questa macchina risale alla metà degli anni Settanta: l’esposimetro, sempre preciso in ogni situazione, la robustezza tipicamente Leica, i tempi di otturazione visibili nel mirino, ed anche il fatto che la si impugnava magnificamente, me la fecero amare subito. Per una decina di anni fu la mia Leica preferita, fino a quando, un pomeriggio a Lugano, un mio amico mi fece provare la nuovissima M6, di cui mi innamorai immediatamente e che da allora mi segue immancabilmente in diverse versioni. Tuttavia non ho mai abbandonato definitivamente la M5, per una sorta di fedeltà tecnico-emotiva, che spesso ha caratterizzato le mie scelte nell’ambito dell’attrezzatura fotografica.

Leica M5

Nelle magnifiche Lyngen Alpen norvegesi, nel tipico inverno del Circolo polare Artico, la mia vecchia e fedele M5 ha risposto prontamente ad ogni sollecitazione, sia di giorno che di sera, alla normale temperatura di -18°, non mostrando segni di affaticamento di nessun tipo, né meccanico né tantomeno elettrico. La leva di carica era dolce e progressiva, l’esposimetro preciso e sicuro, con l’ago sempre reattivo ad ogni variazione di luminosità, il mirino, pulito e chiaro, mi mostrava la realtà del Summicron 50mm, mentre il telemetro si accoppiava perfettamente ad ogni movimento della ghiera di messa a fuoco. Lo scatto, dolce e silenzioso, permette tempi di otturazione di 1/60 di sec, ma anche oltre, se si trattiene il respiro opportunamente.

Leica M5

Quasi cinquant’anni e non sentirli: in fondo è bello fotografare in compagnia di una vecchia amica. Sembra un mucchio di ferraglia superato dalle meraviglie digitali, in realtà rappresenta quello che anche le migliori macchine digitali, per la loro stessa intrinseca natura di continuo superamento tecnico, non potranno mai essere.
Una compagna di vita discreta, docile, silenziosa e perfetta.
Quello che ho sempre chiesto a qualunque Leica: la fedeltà!

Pierpaolo Ghisetti © 09/2022
Riproduzione Riservata

Leica M5

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