La focale zoom cosiddetta centrale, ovvero il 35-70mm (talvolta allargata sino a 28-85mm), comprendente appunto un 50mm e le sue focali limitrofe sia in termini di teleobiettivo che di grandangolare, è sempre stata molto popolare, sia in termini di qualità tecnica, di solito superiore alle focali zoom più estreme, che per costi e ingombri.
Non meraviglia pertanto che Leica nel corso degli anni ne abbia presentato diverse versioni per gli apparecchi serie R: la versione f/3,5 (primo tipo del 1983, poi un secondo tipo nel 1988 inizialmente di derivazione Minolta) è stata presa in considerazione qui su Nadir nel Gennaio del 2017, in una prova sul campo in Cambogia. Poi la versione f/2,8, del 1998, di eccezionale valenza tecnica, ma con pesi notevoli e costi abbastanza importanti.
La versione in oggetto è la f/4, del 1997, e presenta caratteristiche diverse dai predecessori degli anni Ottanta: pur con un mezzo diaframma in meno di apertura massima, possiede peculiarità importanti che la fanno preferire alle altre versioni.
Il nostro zoom possiede una elegante livrea a doppia ghiera, considerata a Solms (allora sede della Leica) più precisa della ghiera unica, con una meccanica molto accurata e robusta. Il progetto è di Leica Solms, ma l’obiettivo è costruito in Giappone.
Il peso di 500g è di poco superiore alla precedente versione f/3,5 e può essere attribuito alla maggiore lunghezza fisica del barilotto in quanto le 8 lenti che lo compongono (come il precedente) risultano più spaziate, tra il gruppo variatore di focale e il gruppo di messa a fuoco, costituito da 3 lenti. Tuttavia l’interno è profondamente diverso: pur senza segnalazione alcuna sulla ghiera frontale, questo obiettivo è dotato di una lente asferica (la seconda) e di 4 elementi ad alta rifrazione, che donano al nostro obiettivo una tecnologia sconosciuta alle 2 precedenti versioni, Inoltre è prevista una posizione Macro di messa a fuoco che porta la stessa sino a 26cm, contro il metro delle prime due versioni e i 60cm di questa. Una versatilità sconosciuta precedentemente. I filtri sono del classico passo E60, il paraluce separato possiede l’innesto a vite ed è possibile montarlo rovesciato sulla cima dell’ottica, in posizione di riposo.
Come era da prevedersi, considerando i dieci anni di distanza che separano le due versioni, il nostro zoom presenta una resa ottica notevolmente diversa dai precedenti, in linea con le moderne ottiche asferiche della Casa.
Inutile dilungarsi sulla versatilità di uno zoom come il 35-70mm: pratico e leggero può tranquillamente sostituire un corredo, se non si vogliono ottenere effetti particolari, ed eventualmente può essere accompagnato da una focale grandangolare spinta (magari un 24 o un 21mm) o da un teleobiettivo, come un 180mm. Tuttavia, nella prova sul campo a Tallin, in Estonia, in una limpida giornata primaverile, accompagnata da un fresco venticello del Mar Baltico, il nostro zoom ha dimostrato tutta la sua versatilità, accompagnata da una resa ottica contrastata e soddisfacente in tutte le situazioni, sia che si trattasse di monumenti, di un esotico medioevo nordico, ripresi per lo più a 35mm, sia con le persone nei parchi cittadini, a loro volta riprese con la focale da 70mm.
La triplice focale mi ha permesso di muovermi tranquillamente, il che finisce per donare un senso di libertà notevole, una superiore velocità operativa, e mi ha liberato dell’onnipresente (almeno per me) borsa fotografica, con vero sollievo della mia spalla destra, che di solito si presentava pesantemente arrossata a fine giornata.
Essendo abituato all’uso delle focali diverse, talvolta ho rimpianto di non avere con me il fedele Apo Telyt da 180mm, ma si tratta di fisime da fotografo viziato, che poi passano nell’atto pratico, adattandosi alle varie situazioni. Le persone incontrate nei parchi non hanno mostrato alcun segno di disturbo, impegnate com’erano a godersi un bel sole primaverile dopo le tristi, fredde e lunghe giornate invernali, neanche quando mi avvicinavo a pochi metri di distanza a causa della focale da 70mm, che rappresenta un tele appena sufficiente.
Ottima la prova del controluce, con un flare molto ben controllato, imparagonabile alla versione precedente, molto più sensibile ai controluce, anche per la mancanza di un adeguato paraluce di serie. L’aria frizzante e le lenti speciali hanno prodotto immagini scalpellate, incise e sature, come si conviene ad un’ottica asferica, quando la versione f/3,5 offriva colori forse più naturali, trasparenti e meno intensi. La ghiera di messa a fuoco è notevole meccanicamente e permette una precisione nettamente superiore alle precedenti versioni. Infine, l’accoppiata con la Leica R9 è fantastica, possedendo questa un mirino eccezionale, per informazioni e luminosità, permettendo un controllo visivo e tecnico totale del soggetto inquadrato. Si tratta sicuramente di una macchina con ingombri importanti, ma possedendo delle mani abbastanza grandi, mi permette di controllarla senza difficoltà. Del resto il sottoscritto proviene dal mondo Leicaflex e Contarex, due apparecchi non proprio mini.
Contrasto ed incisione sono a livello delle realizzazioni Leica dell’ultima generazione, anche se rimane il piccolo mistero legato alla mancanza della dizione Aspherical sulla ghiera anteriore. Il prezzo nel 1991 partiva da 2.5 milioni circa, per poi passare l’anno successivo a 1300 Euro.
Conclusioni
Un’ottica notevole, che si libera definitivamente dell’eredità Minolta, per un passo avanti decisivo, sia nella meccanica che nella resa ottica, proponendo nuovi standard operativi. Estremamente consigliabile per tutti coloro che desiderano uno zoom Leica tuttofare, dalle prestazioni non complessivamente inferiori alle focali fisse, se non nella luminosità massima.
Pierpaolo Ghisetti © 09/2025
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