PENTAX K100D/K110D

Prova pratica ed impressioni d’uso

Introduzione
La Pentax K100D, assieme alla sorella minore K110D, priva dell’efficace sistema di stabilizzazione del mosso, ha goduto di un buon successo di mercato. La ragione di questo successo sta, in buona parte, nella qualità complessiva delle due fotocamere, che uniscono un prezzo d’acquisto contenuto, una grande praticità d’uso (l’uso delle schede SD e la compatibilità con le pile stilo alcaline le rendono pratiche come una sorta di jeep della fotografia) e una buona qualità generale delle ottiche “per tutti”, prodotte in Vietnam, nelle focali 18-55 e 55-200.
La modesta risoluzione del sensore, sei megapixel, sfigura sulla carta ma di fatto consente ingrandimenti fino al formato 40x60cm.

La macchina
La costruzione della macchina è tipicamente Pentax: la robustezza percepita, il peso e l’ergonomia sono su un buon livello e l’apparecchio sembra “pensato da un fotografo”, se così posso scrivere, visto che i comandi principali sono tanto pratici da rendere relativamente semplice persino l’abbinamento con le vecchie ottiche K non autofocus.
Tutte le funzioni principali sono molto immediate e relativamente facili da raggiungere. Appunti da fare? Relativamente pochi: la macchina non indica sempre il bilanciamento del bianco impostato, gli sportellini del vano batterie e del vano della scheda di memoria sembrano delicati, e, in RAW, che è di gran lunga il formato di memorizzazione più efficace, è difficile fare una raffica superiore ai 4 o 5 scatti consecutivi.
Un’altra nota dolente è il mirino…. ridotto e oscuro: passare da una MX o ME Super (per non parlare della LX) a quest’apparecchio è abbastanza traumatico. La visione è comunque buona ed è possibile eseguire delle messe a fuoco manuali sullo schermo smerigliato ove risulti necessario.

Impressioni d’uso
L’impatto, per un utente come me, legato visceralmente alla mentalità fotografica degli anni ’80 e ostinatamente refrattario all’uso degli zoom, è abbastanza fantascientifico: l’apparecchio ha moltissime funzioni che non ho trovato, almeno all’inizio, particolarmente utili o interessanti.
Forse anche per questa diffidenza verso tutte queste novità ho preferito evitare l’apparecchio munito del sistema antimosso e ho finito per comperare la K110D (quanti saremo in Italia ad averne una?)…
E’ stato anche fastidioso, all’inizio, non riuscire a fare funzionare subito i miei vecchi obiettivi a fuoco manuale su questa macchina: ho dovuto modificare una serie di impostazioni, non tutte ovvie, ma poi il mio vecchio 50mm 1,4 si è trasformato in un potente obiettivo da ritratto con possibilità di scatto alle brevi distanze.
Il feeling con questa macchina è nato quando, guardando nel mirino, ho ottenuto le solite, rassicuranti, classiche informazioni su tempo, diaframma, corretta esposizione e corretta messa a fuoco: mi sono sentito “a casa” ed ho cominciato a scattare sfruttando gli automatismi dell’apparecchio (mi piace soprattutto lavorare a priorità di diaframma) e senza indugiare a vedere le foto, come se stessi usando una macchina a pellicola. Solo dopo un certo tempo ho ricordato la possibilità di riguardare subito le foto, tipica degli apparecchi digitali, e mi sono messo a rivedere il frutto dei miei sforzi.
Lo scatto è dolce, anche se non troppo silenzioso, e la sensibilità massima di ISO 3200 permette di scattare con pochissima luce, specie se si dispone di ottiche luminose (non necessariamente autofocus). Occorre fare attenzione all’esposizione, perché è possibile recuperare molto dettaglio nelle basse luci ma non nelle alte luci, che diventano irrimediabilmente bianche. La taratura esposimetrica dell’apparecchio è, anche per questo, orientata ad una lieve sottoesposizione che è bene non correggere in ripresa, ma in postproduzione: anche per questo, le migliori prestazioni si ottengono dall’elaborazione di file RAW.
Un punto non da poco a favore delle due macchine è la possibilità di montare qualsiasi ottica a baionetta K o a vite M42: chi, come me, possiede ottiche di pregio luminose ha davvero la possibilità di fotografare con pochissima luce, anche se il rumore diventa davvero elevato.
Interessantissima anche la possibilità di usare obiettivi particolari, come il Tamron 90mm 2,5 Macro, che grazie alla riduzione del formato diventa un 135/2,5 capace di mettere a fuoco a distanza ravvicinatissima con la solita, superba qualità d’immagine.
Nell’uso, io amo mantenere il bilanciamento del bianco su luce solare, come se stessi usando un apparecchio a pellicola, salvo modificare le impostazioni quando utilizzo l’apparecchio in luce artificiale.
Una grossa fetta del prodotto che si compera, quando si prende una reflex digitale dovrebbe essere il software. Nel caso di questa macchina devo dire che, almeno sul mio Apple iMac, le prestazioni del software fornito dalla Casa Madre sono fortemente deludenti. Non voglio colpevolizzare più di tanto Pentax, sia chiaro: solo che, di fatto, le possibilità di elaborazione dei file RAW sono modeste e poco intuitive e la migliore dote dei software forniti a corredo è… la stabilità. Per altro, almeno con i sistemi Mac e Linux, è possibile (e a mio parere fortemente consigliabile) usare la combinazione (del tutto gratuita!) di un raw converter come UFRaw e di Gimp come software di elaborazione di immagini. Interessanti alternative sono anche Bibble Raw e Raw Converter (a pagamento, ma non troppo costosi).

Le ottiche standard 18-55 e 55-200 hanno dei difetti abbastanza circoscritti: il 18-55 vignetta, mostra un pelo di colore laterale e distorsione a barilotto alle focali più corte, mentre alle focali più lunghe la risolvenza si riduce un poco; il 50-200 ha una certa distorsione a cuscinetto.
La soluzione ai difetti delle ottiche è data direttamente dai software di elaborazione e permette di ottenere risultati estremamente soddisfacenti anche in condizioni di luce poco favorevole, visto che gli obiettivi mantengono in ogni caso le caratteristiche classiche delle ottiche Pentax: buona resa sul colore, buon trattamento antiriflessi, sfocato e separazione dei piani molto gradevoli.

Conclusioni
E’ una Pentax come tutte le altre alle quali negli anni mi sono abituato.
Per avere le prestazioni usuali richiede qualche sforzo di post elaborazione, ma ripaga dando la possibilità, non comune, di portare in una borsa piccola l’equivalente di un sistema a pellicola potente e pesante con tutte le focali da 28 a 300mm.
Personalmente sono rimasto molto affascinato da questo apparecchio e dai suoi obiettivi, e lentamente sto abbandonando quasi del tutto l’uso delle diapositive, riservando il vecchio sistema a pellicola (a cui non rinuncio!) ai negativi bianconero e colore.

Francesco Favara © 03/2009

Elaborazione di un file RAW

E’ incredibile la rapidità con la quale si passa da un file RAW ad una immagine JPEG a colori o in bianco e nero: gli esempi qui sotto provengono dal medesimo file RAW, a partire dal quale è stato possibile ottenere, con poche elaborazioni, sia una interessante immagine a colori che una in bianconero.
Anche questa foto è stata scattata con lo zoom 18-55 di serie.



Alcune foto scattate con lo zoom 18-55 di serie



Caratteristiche Tecniche
Sensore: 6,1 megapixel, CCD, formato APS-C, sensibilità ISO 200, 400, 800, 1600 e 3200, con possibilità di impostazione automatica;
Formato dei file: RAW o JPEG (Exif 2.21);
Memorie utilizzate: tipo SD, con gli opportuni aggiornamenti del firmware è possibile usare le SD ad alta capacità da 4 Gigabyte ed oltre;
Bilanciamento del bianco: automatico, manuale, impostabile per condizioni standard come soleggiato, nuvoloso, luce flash;
Esposimetro: a lettura multizona, impostabile con lettura media a prevalenza centrale o spot.
Otturatore: a tendine verticali, con velocità da 1/4000 a 30sec;
Flash: incorporato o esterno con slitta tipo X, possibilità di TTL flash e riduzione degli occhi rossi;
Alimentazione: quattro pile alcaline o ricaricabili tipo stilo;
Attacco ottiche: KAF2, compatibile con tutte le ottiche a vite M42, ad attacco K, KA o KAF ma non compatibile con gli zoom motorizzati;
Mirino: Pentamirror, con schermi di messa a fuoco intercambiabili;
Modi di esposizione: automatismo program, a priorità di tempo o di diaframma, manuale, posa B, auto bracketing; esiste una funzione di memoria esposimetrica;
Autofocus: SAFOX VIII con possibilità di inseguimento continuo;
Schermo TFT: da 2,5 pollici, da 210.000 pixel;
Stabilizzatore: sì, nel corpo macchina (la K100D; non presente sulla K110D).