LA VETTA - INCUBO FOTOGRAFICO
Pierpaolo Ghisetti, luglio 2008

Doveva ancora schiarire quando i due uomini uscirono dal rifugio. Sopra uno strato sottile di nebbia s'intravedevano le cime ghiacciate del Monte Rosa: la giornata sarebbe stata bellissima. Con il freddo pungente dei tremila metri i primi passi furono particolarmente penosi, ma, preso il ritmo, i due alpinisti iniziarono a procedere speditamente. Dopo circa un'ora fecero una sosta per bere un sorso di tè caldo. L'uomo più alto, dotato d'enormi occhiali a specchio che lo riparavano dal riverbero della neve, estrasse dal suo zaino una piccola e compatta Rollei 35, avuta come regalo dal padre, estrasse l'ottica rientrante, e fece un paio di scatti al magnifico ambiente glaciale che stavano attraversando. Il suo compagno, più piccolo e tarchiato, aveva invece una moderna Nikon Coolpix digitale, con cui passava il tempo a vedere e cancellare immediatamente le immagini che riprendeva.

Ora la cordata doveva superare una rampa particolarmente impegnativa: mentre i ramponi mordevano il ghiaccio duro, donando una sensazione di sicurezza, l'uomo in testa, dopo aver estratto l'ottica rientrabile, riprese il compagno con la Rollei 35, che aveva estratto dal taschino della giacca a vento. L'ottica da 40mm era sicuramente la più indicata per le riprese all'aperto, (magari qualche volta ci sarebbe voluto un bel grandangolo spinto!), inoltre la robustezza del corpo e la meccanica impeccabile facevano della piccola Rollei la macchina ideale per scattare fotografia in montagna senza pesi superflui. In più stava comodamente in una tasca e quindi era sempre a portata di mano. L'uomo più in basso, ansimando per la fatica e per la quota, in quanto erano ormai prossimi ai quattromila metri, si tirò lentamente su, agevolato dalla corda che il compagno aveva teso. I due uomini guardarono in alto: la parete s'impennava bruscamente con una serie di salti rocciosi, chiazzati di neve e ghiaccio.

Si trattava ora di affrontare il tratto più delicato, sempre con i ramponi ai piedi. La roccia si alternava al ghiaccio e calzare i ramponi rappresentava un aiuto fondamentale per superare i tratti ghiacciati, anche se poi camminare con questi sulla roccia risultava scomodo. I due compagni procedevano ora molto lentamente, mentre le ore passavano e la roccia si scaldava sotto i raggi del sole. Sotto di loro, fumante e tormentato, si stendeva l'enorme ghiacciaio che avevano attraversato alle prime luci del giorno: vista dall'alto la traccia dei due alpinisti effettuava una serie di curiosi ghirigori per trovare la strada tra il labirinto dei numerosi crepacci trasversali.
L'uomo in testa, ancoratosi con un moschettone ad un chiodo, si sporse all'infuori, tolse dalla tasca superiore del 'pile' la Rollei e, sistemata la ghiera di messa a fuoco sui 5 metri, scattò un'immagine a perpendicolo dell'amico a testa in su. Il suo compagno invece, tranne le poche riprese durante le soste, non aveva colto nessuna immagine della scalata. Dopo circa tre ore che erano partiti dal rifugio arrivarono alla cresta finale costituita da una sottile lama di ghiaccio che, con una linea a falce, portava alla vetta. La bellezza del posto unita all'emozione di trovarsi ormai vicini alla meta agognata, imposero ai due compagni una sosta. Trovata una piazzola, piantarono le piccozze nella neve dura e si tolsero gli zaini. Il compagno, armeggiando nel sacco, tirò finalmente fuori la Nikon ed eseguì una serie di riprese cambiando focale e divertendosi a vedere nel piccolo display i risultati. Cautamente l'uomo fece un passo indietro per riprendere, con la focale grandangolare, il compagno seduto con dietro la non lontana vetta. Le punte di un rampone s'impigliarono nella corda abbandonata sulla neve, l'uomo fece una mezza piroetta e, mentre lanciava un'esclamazione di sorpresa, la magnifica Nikon Coolpix gli scappò da mano. Il peso della macchina e la superficie liscia in policarbonato dell'apparecchio, fecero subito acquistare velocità alla macchina che, sul ghiaccio lucido, scivolò oltre l'orlo della cornice per scomparire infine nell'abisso della parete.

La scena, veloce ed insospettata, lasciò senza fiato i due compagni, ma dopo qualche secondo il proprietario iniziò ad emettere una serie di singulti in cui si univano imprecazioni, preghiere, parolacce in svariati dialetti e pentimenti vari del tipo 'lo sapevo che andava a finire così!'.
Inebetito per la perdita della preziosa macchina, appena acquistata, l'uomo non voleva più decidersi a ripartire: solo strattonando la corda l'uomo più alto convinse il compagno a seguirlo sulla cresta affilata. Ma ormai l'uomo procedeva quasi carponi, continuando a mormorare 'la mia macchina da 8 milioni di pixel, la mia povera macchina nuova di zecca, è finita in mille pixel in un crepaccio, mi piaceva tanto', il tutto ansimando e farfugliando, perché si trovavano oltre i quattromila metri di quota, e la respirazione era sempre più difficoltosa. Penosamente arrivarono in vetta, ma ormai la gita era irrimediabilmente rovinata. Ora rimaneva solo la vecchia e gloriosa Rollei 35 per riprendere il momento tanto agognato della cima. L'uomo alto effettuò una serie di scatti delle cime del Rosa, dal Lyskamm, con la sua terribile parete Nord, alle cime aguzze del gruppo del Breithorn. L'altro stava a guardare come incantato; quando il compagno posò la piccola Rollei sul sacco, raccolse la piccola macchina fotografica, la soppesò tra le mani e sibilò: "Piccola, maledetta tedesca!". Quindi si alzò di scatto, librò il braccio ad arco, e scagliò la macchina nel vuoto. Il proprietario della Rollei, dopo aver osservato la scena allibito ed incredulo, cercò subito di sporgersi nell'abisso, ma non si poteva vedere niente. Mille ricordi legati sia al padre che alle innumerevoli gite in montagna passarono come lampi nella testa dell'uomo alto. Allora, con fredda determinazione, egli raccolse la piccozza, e brandendola verso l'alto senza proferire parola, sferrò un terribile fendente verso la testa del compagno. Mentre la piccozza calava, l'uomo fu investito da una potente luce:
- "Dai, svegliati, sono già le cinque passate, non sarai venuto quassù solo per dormire!".
Sudato e intontito l'uomo mise a fuoco la situazione solo dopo alcuni minuti di totale confusione: erano ancora nel rifugio e aveva avuto un incubo!
Lentamente, dopo l'abbondante colazione e le prime chiacchere, il ricordo del sogno tormentoso svanì, lasciando però nell'uomo una vaga ed indefinita sensazione di malessere.
Usciti che furono dal rifugio la prima aria del mattino li investì come uno schiaffo gelido; l'uomo si mise gli occhiali a specchio, chiuse la cintura dello zaino e controllò per l'ennesima volta che la Rollei fosse nella tasca esterna della giacca a vento.
Nell'incerta luce mattutina i due uomini si legarono e calzarono i ramponi, non senza qualche caratteristica imprecazione.

Subito dopo le prime rocce del rifugio si estendeva il vasto ghiacciaio, pieno d'infidi crepacci trasversali. Enormi seracchi, gigantesche torri di ghiaccio azzurro, incombevano minacciosi, mentre i due alpinisti, passo dopo passo, s'inoltravano sempre più nella sconfinata distesa di ghiaccio. L'uomo basso si fermò, estrasse la boraccia col te caldo e ne bevve un lungo sorso, poi girandosi verso il compagno, con in mano la boraccia osservò:
- Ti sei ferito la mano con la piccozza? è sporca di sangue, non hai visto?
L'altro osservò la propria piccozza con un misto d'incredulità e stupore: in effetti sembrava sporca di sangue rappreso, ma lui portava i guanti. Il sogno orribile, con tutte le sue implicazioni, si affacciò di colpo alla mente dell'uomo, che sentì un brivido gelido attraversarlo da parte a parte.
Il compagno, indifferente al fatto che tanto aveva colpito l'uomo con gli occhiali a specchio, tirò fuori della tasca laterale del sacco la bellissima Nikon Coolpix, fece un passo indietro e iniziò a premere pulsanti e levette; così, distrattosi, scivolò, perse l'equilibrio e dopo una mezza piroetta, lanciò un urlo: la macchina stava scivolando inesorabilmente lungo il bordo del ghiacciaio. I due uomini la videro sparire in un orrido e gigantesco crepaccio.
Per un istante che parve eterno i due alpinisti rimasero immobili. Poi l'uomo basso, voltandosi perplesso, fissò per un istante, forse casualmente, (o forse no, chissà….) la piccola Rollei che sporgeva dal taschino del compagno.
I due compagni si guardarono negli occhi, inebetiti ed increduli, ma per motivi diversi.
Il proprietario della Rollei rivisse il sogno fatto durante la notte in rifugio come un 'rallenty' cinematografico: il compagno avrebbe sfogato l'ira sull'innocente Rollei? E lui, era ad un passo dal compiere un omicidio? Perché la sua piccozza era sporca di sangue?
Decise di non rischiare.
Dopo un istante che parve eterno, l'uomo alto fece un passo avanti, estrasse con decisione la Rollei 35 dal taschino e, dopo averla osservata per un'ultima volta, la scagliò nel crepaccio. Come una gigantesca bocca di balena, la fessura gelata divorò silenziosamente anche questa seconda macchina fotografica.
-"Ma cosa fai, sei diventato matto!" urlò l'uomo basso, totalmente sconcertato
L'altro non si voltò subito. Lentamente si tolse gli occhiali a specchio e guardò fisso negli occhi il compagno per qualche istante.
Scosse il capo ripetutamente, come per convincersi di aver fatto la cosa giusta.
Abbassò lo sguardo: ai suoi piedi la becca della piccozza riluceva di metallo lucido e pulito. Era stata la neve a lavare quel sangue oppure... Ormai la cosa non aveva più importanza.
Poi sibilò:
-"Solo così potevo salvarti la vita, ma tu non puoi capire!"

Pierpaolo Ghisetti © 07/2008
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Ghisetti © NadirPierpaolo Ghisetti, nato nel 1950, laureato in Economia e Commercio e residente a Modena, collabora da quindici anni abitualmente alle Riviste Reflex, Classic Camera e Leica Magazine, con articoli mensili riguardanti il collezionismo fotografico. In questo settore ha pubblicato più di 270 articoli ed oltre 2.000 fotografie.
È socio attivo delle associazioni americane Leica Historica e Zeiss Historica Society, ed infatti per le riviste americane Viewfinder e Zeiss Historica ha scritto numerosi articoli in inglese su argomenti specifici dedicati alla Leica e alla Zeiss. Anche la rivista inglese Classic Camera Collector ha ospitato suoi interventi.
Nel 1997 per l'editore Reflex ha pubblicato, in collaborazione con D. Cecchi, il primo libro in lingua italiana sulla storia della Zeiss, mentre nel 2001 ha realizzato il volume Nikon Story, dedicato al marchio nipponico, con una ricerca storica senza precedenti. Nel 2007 ha curato la riedizione del libro "Obiettivi Leica".
Per il Comune di Modena, per il WWF, e per la Biblioteca di S.Possidonio ha eseguito numerosi cicli di proiezioni di diapositive in dissolvenza, principalmente su argomenti naturalistici e geografici.
Ha inoltre realizzato a Modena e a Cavezzo corsi di fotografia specifici per viaggiatori e naturalisti.
Sue fotografie ed articoli sono apparsi inoltre sulle Riviste: Hasselblad Forum, Tutti Fotografi, Progresso Fotografico, Cortina Magazine, Scatti nel Tempo.
Ha partecipato come relatore alla manifestazione Digiarte 2008.
Ghisetti © Nadir 2008ROLLEI 35
Anni di produzione: 1966-74
Ottica: Carl Zeiss Tessar 40mm f/3,5
Otturatore: Compur, tempi da 1/2 sino ad 1/500 di secondo
Esposizione: manuale
Dimensioni: 97x32x58mm
Peso: circa 380g
Designer: Heinz Waaske
Produzione: Germany e Singapore
Segni particolari: fotocamera che ha fatto la storia!