ALESSANDRO PENSO
Kos e Lesbos. Un viaggio. Una speranza. Una mostra
Maria Letizia Mereu, marzo 2016

La mostra fotografica di Alessandro Penso, esposta ad Asuni (OR), in occasione del Filmfestival Terre di confine, con tema "Grecia, il racconto della crisi", espone una selezione dei due progetti Kos e Lesbos, riguardanti le omonime isole che nel 2015 hanno registrato l'arrivo di migliaia e migliaia di immigrati e rifugiati.

Maria Letizia Mereu intervista Alessandro Penso per Nadir Magazine © 2016

Maria Letizia Mereu intervista Alessandro Penso in esclusiva per Nadir Magazine.

Ph. Alessandro Penso © Nadir Magazine. Intervista di Maria Letizia Mereu

Alessandro Penso, in mostra al Filmfestival Terre di confine Solarussa, Asuni, Narbolia, dal 4 al 20 marzo 2016. Il camion "The European Dream. Road To Bruxelles".

L'anno precedente, il 2014, Alessandro Penso ha portato in giro per l'Europa, partendo da Bari, il progetto fotografico "European Dream, Road to Bruxelles", passando per Ginevra e Strasburgo prima di approdare alla città in cui ha sede il Parlamento europeo, e ci è arrivato dopo aver percorso tutti quei chilometri a bordo di un camion che trasportava le storie di genti in fuga, storie di ragazze e ragazzi a cui è mancato e continua a mancare il più basilare dei diritti umani.

Le sue foto sono finite nelle più importanti riviste e pubblicazioni, New York Times, Time Magazine, The Guardian, Human Rights Watch. Hanno fatto il giro del web, hanno portato premi e riconoscimenti, tutti di livello. Risarcimenti da vedere come una vittoria, non solo sua, ma delle storie che ancora continua a raccogliere facendo del dovere civile un progetto di vita, una missione, una necessità.

Da anni lo guida l'ossessione per il racconto, la responsabilità di sapersi italiano, europeo, parte di quel mondo in cui si sta verificando e legittimando uno dei più atroci crimini della storia dell'umanità.

Ph. Alessandro Penso © Nadir Magazine. Intervista di Maria Letizia Mereu

Quel che accade vedendo le sue foto è frastornante. Disturba. Infastidisce. È la rinuncia volontaria e cosciente ad ogni estetica del dolore, quella che compiace. Per scegliere in sua vece di dire che è tutto vero, verissimo, sta succedendo. È l'esito di una ricerca, reale e combattuta, restituito in colori, fermi immagine in cui nessuna faccia è solo una faccia. Una delle tante. Un corpo che come un altro poteva non essere mai arrivato a terra e invece è arrivato, ce l'ha fatta. Non un numero, una testa coi polpastrelli pronti a farne un codice, un'identificazione. No, una faccia, un ritratto, reale e combattuto, presente a se stesso, vivo nel momento in cui è stato ripreso, con una storia, unica e collettiva, ferma, interrotta e ripresa dentro a un campo in cui come in purgatorio il vento smuove solo l'erba, i panni, le coperte, la paura di non uscirne più. Non c'è nulla di evocativo nelle sue immagini. Sono foto al presente e dicono di quel che sta succedendo ora. Esattamente ora. In questo momento. A persone vere, in carne e ossa.

Ph. Alessandro Penso © Nadir Magazine. Intervista di Maria Letizia Mereu

Per questo vederle stordisce, cambia la percezione dei fatti, gli stessi che ogni TG almeno una volta al giorno rigurgitano in sequenze su cui è iniettata la peggiore anestesia. Gli stessi fatti, è vero, potrebbe sembrare così, la stessa Storia, ma la differenza non è solo questione di mezzo, di modo, è questione di tempo, quello che serve a classificare un lavoro rispetto a un altro.

Per scattare quelle foto non gli è bastato osservare, neppure essere un bravo fotografo, gli è servito  vivere, vivere insieme a quelle persone, e nel viverci insieme sentire l'onda di quel dolore, di quella speranza, la realtà del loro sapersi adattare all'inadattabile. Tra i rifiuti, i materassi ancorati, ancora imballati col cellophan, che pare non ci sia stato alcun tempo se non la necessità di prostrarsi, la ruggine, le muffe, le sedie sbilenche, la comunità assorta in altari di lenzuola, le ossa sull'asfalto, all'addiaccio, sullo sterrato sotto il fiato dei muli e l'ombra intermedia di ulivi con cui condividere la desolazione. Solo il cielo sembra essere decoroso. Lo stesso sotto il quale viviamo tutti, eppure in modo così diverso. Il mare no, il mare è la frontiera, il limite, il confine, il mondo che separa i vivi dai morti e continua a dividere i vivi dai vivi, determinando i diritti, continuando a negarli.

Ph. Alessandro Penso © Nadir Magazine. Intervista di Maria Letizia Mereu

C'è nelle sue foto la nobiltà e la grazia di non attraversare a passi pesanti la dignità di esseri umani già messi alla prova, sapendo che ancora ci resteranno e per chissà quanto tempo, di non farlo in un modo che potrebbe restituirgli facile gloria nel mondo opulento, quello che si dispiace col ventre sazio e una buona connessione Wi-Fi, ed è già tanto quando si dispiace. C'è il dovere di non usare macchine fotografiche e strumenti di precisione come valessero l'elmo dei privilegiati, quelli che possono guardare, stando dal lato buono della trincea e raccontare, perché se stanno raccontando significa che l'inferno è degli altri e non il loro. C'è la volontà di far passare la forza e la sopportazione che guida diaspore e viaggi dove il mare anche quando è calmo è tempesta, dove si ignora a ogni onda quanto sarà dura la terra e quanto ancora lontane le persone da raggiungere, quelle lasciate. C'è la vita che continua, due innamorati presi per mano, una donna che ha la grazia di una Madonna di Rubens con un bambino ormai divenuto adulto, un'altra con lo sguardo fisso e interrogatorio che sembra quella di Savoldo, lo sguardo di chi denuncia e annuncia nel più totale e assoluto silenzio che si può avere la speranza di non morire anche stando nel limbo.

Ph. Alessandro Penso © Nadir Magazine. Intervista di Maria Letizia Mereu

Ci sono bambini che giocano e adulti che stazionano in piedi, inginocchiati, seduti, in attesa. Fermi in chiacchiere, stanchi, spossati, in pose ordinarie. C'è la vita, quella di tutti i giorni, per dirci che queste cose accadano tutti i giorni e tutti i giorni si ripetono e no, non basta neanche e solo che si sappia.
Non basta più.
Quanto ancora continueremo a fare finta che non ci riguardi?

Maria Letizia Mereu © 03/2016
Riproduzione Riservata
Ringraziamo Alessandro per averci concesso di conoscere più da vicino il suo lavoro e raccogliere dalla sua viva voce il racconto dell'esperienza vissuta a Kos e Lesbos.

Alessandro Penso ha studiato psicologia clinica all'Università La Sapienza di Roma. Nel 2007 ha ricevuto una borsa di studio in fotogiornalismo presso la Scuola Romana di Fotografia. Da quando ha completato i suoi studi, il suo lavoro ha vinto numerosi premi, tra cui PDN Photo Student Award, il PDN Photo Annual Award, Px3, il Project Launch Award in Santa Fe nel 2011, il Terry O' Neill TAG Award nel 2012 ed il Sofa Global Award nel 2013. Il suo impegno sociale riguarda i temi dell'immigrazione nel Mediterraneo e la denuncia dei diritti umani negati.
www.alessandropenso.com

KOS
http://www.alessandropenso.com/gallery/kos

LESBOS
www.alessandropenso.com/gallery/lesvos

THE EUROPEAN DREAM, ROAD TO BRUXELLES
www.alessandropenso.com/the-european-dream-road

Terre di confine Filmfestival
www.tdcf.it