Il titolo è decisamente poco  originale, ma appropriato. Ci sono concetti che l'inglese esprime in maniera più  efficace dell'italiano, due tratti, uno svolazzo di penna e il succo del  discorso è centrato, con precisione ed eleganza. C'è tempo poi per approfondire  i concetti, discernere significati, espandere la gamma dei sapori. 
  
  
 
  
  
  
L’essenzialità  “fa” la fotografia. La ridondanza barocca sposa male un mezzo che trova la  propria peculiarità nel frazionamento dell’attimo. Ipercontenuti ad alto  gradiente espressionistico soffocano il fotogramma, ingolfano l’apparato  percettivo e affaticano il metabolismo della mente. Entrare in relazione con la  luce e con i suoni presuppone un rapporto privilegiato col buio e col silenzio.  Allo stesso modo, entrare in contatto con la forma richiede il vuoto come  condizione di partenza.
            
            Un vuoto di desiderio e di memoria, come direbbe il  dott. Bion, entro il quale potere meglio accogliere gli elementi della scena  nel qui ed ora dell’esperienza. La realtà si presenta il più delle volte in  modo ridondante, è compito dell’artista esercitare la selezione, isolare  porzioni, eliminare il superfluo, alla ricerca di una limpidezza che tenga insieme  solidità d’intenti e leggerezza d’espressione. Il segno, così valorizzato,  dispiega la sua potenzialità evocativa, tanto più quanto meno irretito in un  sistema di significati precostituiti.
            
            Essenzialità e insaturità amplificano la  narrazione e ottengono più di quanto la più carica delle scene sia in grado di  produrre in termini di comunicazione, evocazione di contenuti emozionali e  promozione del pensiero. Less is more, appunto. 
            
            In questo senso è molto  anglosassone il milanesissimo Mario Zanaria, fotografo appassionato, curioso e  libero. I suoi fotogrammi sono microcosmi nei quali fluttuano elementi basici, direttrici  geometriche e piccole colonie di materia che imprevedibili forze gravitazionali  dispongono in maniera ordinata, ben separati ma tenuti insieme da fili armonici  invisibili, che risuonano nella cassa acustica del fruitore inondandolo di  sonorità fresche e rigeneranti.
            
            La fotografia di Mario è regolata da una  meticolosa dinamica sottrattiva e le sue immagini risultano pulite e ariose. Il  tocco dell’autore, sobrio ed elegante, si afferma col rigore creativo del  matematico e l’istinto sovversivo del poeta, dando luogo ad immagini  sussurrate, semplici ma sorprendenti, sobrie ma incisive.
            
            Da guardare e  riguardare con autentico piacere, senza mai stancarsi. Un buon gusto e una  disciplina del silenzio rari, in un’epoca dominata da grevi ridondanze e chiassose  banalità.
            
            Carlo Riggi© 12/2009
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