TEST LEICA MINILUX
La piccola compatta analogica di Leica in viaggio
Pierpaolo Ghisetti, luglio 2015

Ho sempre trovato utile e talvolta indispensabile usare nei viaggi una fotocamera compatta, sia come riserva in caso di malfunzionamenti delle fotocamere principali, sia come aiuto per scattare foto veloci e furtive, o con una mano sola.

Indispensabile nelle gite in montagna, anche nei viaggi difficili la compatta si rivela spesso non come una fotocamera di serie B ma spesso come la vera protagonista delle immagini che vogliamo riportare a casa. Inoltre il flash incorporato, spesso usato nella modalità fill-in automatico, permette di risolvere molte situazioni di scarsa illuminazione, sia nei controluce che nei soggetti in ombra, quando non si può scegliere come posizionare i soggetti.

Spesso ci si meraviglia che il flash possa essere utile proprio nei paesi tropicali o semidesertici, così ricchi di luce, ma occorre considerare che proprio in questi paesi la luce dopo le dieci del mattino è bianca ed accecante e crea forti contrasti ed ombre nette, non proprio l'ideale in molti casi, specie nei ritratti. Il flash utilizzato in fase di compensazione, attutisce i contrasti e ammorbidisce le situazioni che altrimenti sarebbero troppo contrastate e inevitabilmente sovraesposte, o finirebbero per essere solo delle silhouette in controluce.

Già altre volte abbiamo parlato di fotocamere compatte, soprattutto in montagna, vedi la Rollei 35 e la Contax T2. In queste note vorrei invece parlare di una delle mie fotocamere preferite, forse la compatta con cui ho scattato il maggior numero di rullini, ovvero la Leica Minilux.

Progettata da Leica e prodotta in Giappone, la Leica Minilux si distingue per il suo design a mattoncino in titanio ma soprattutto per il formidabile obiettivo Summarit 40/2,4 a sei elementi, un obiettivo che non fa rimpiangere, per definizione e trasparenza dei colori, gli obiettivi della serie M e le dia scattate con quest'ottica possono essere tranquillamente mescolate con quelle eseguite con obiettivi M senza apparenti discrepanze. Data la dimensione ridotta dell'ottica è inevitabile una certa vignettatura, specie su cieli uniformi, come nella foto sottostante.

La vignettatura del piccolo Summarit 40mm è leggermente superiore a quella degli altrettanto minuscoli obiettivi che equipaggiano altre compatte di fascia alta.

In più, come dice anche il nome, la Leica Minilux è dotata di un vero flash che in automatismo in fill-in permette di realizzare ottime immagini che altrimenti risulterebbero smorte o troppo scure. La tecnica del fill-in o riempimento consiste nel bilanciare l'uso del flash mescolandolo con la luce naturale, utilizzando tempi di otturazione più lenti di quello di sincronizzazione, in modo che il soggetto risulti illuminato uniformemente con la scena inquadrata, senza quello sfondo nero così innaturale, che solitamente caratterizza le foto amatoriali eseguite col flash. Un tempo segreto professionale dei fotografi matrimonialisti, che eseguivano veri virtuosismi tecnici con le macchine del dopoguerra, meglio se dotate di otturatore centrale, grazie agli automatismi degli anni Novanta è diventata una tecnica alla portata d tutti, ma spesso sottovalutata o dimenticata al momento opportuno.

Le due foto sovrastanti sono state appunto eseguite con questa tecnica: da rimarcare come l'illuminazione artificiale del flash della Leica Minilux si sia sapientemente mescolata con quello della luce ambiente, creando immagini illuminate in modo uniforme ma non innaturale.
In pratica si tratta di inserire manualmente il flash, con l'apposito comando, anche quando le situazioni di luce non permetterebbero al flash di inserirsi automaticamente: al bilanciamento e conseguentemente alla variazione del tempo sincro pensa l'automatismo della macchina.

In questi casi la vignettatura non disturba e, anzi, contribuisce a rendere più blu il cielo senza l'uso del polarizzatore.

Nella Minilux il controllo dell'esposizione è totale anche in automatismo, potendo sovraesporre o sottoesporre di due diaframmi con stop di mezzo diaframma. Inutile dire che l'autofocus permette un uso disinvolto della fotocamera, spesso con una mano sola, e il fatto che anche il leggendario Cartier-Bresson sia stato testimonial della Leica Minilux in una pubblicità, dimostra che talvolta, quando l'età avanza, o semplicemente quando si hanno a disposizione solo pochi istanti, la messa a fuoco automatica si rivela una tecnologia decisiva.

Il display superiore controlla tutte le funzioni della fotocamera e nel mirino sono presenti due led che indicano, tra l'altro, quando il soggetto è agganciato dall'autofocus. Insomma una vera compagna di viaggio cui fare affidamento, anche se come tutte le compatte, anche la Leica Minilux nel corso degli anni talvolta si blocca in modo irrimediabile per rottura del flessibile interno. In questo caso sono stato particolarmente fortunato, perché le varie versioni di Minilux in mio possesso hanno sempre funzionato in ogni occasione. Esiste anche una versione zoom della Minilux, ma si perde molto della luminosità del Summarit e delle sue caratteristiche ottiche.

I ricordi del viaggio in Yemen, un paese sospeso in un medioevo indefinito, favoloso nelle costruzioni di fango dalle eleganti decorazioni, misterioso per le sue donne velate, maschilista negli uomini sempre armati della rituale Jambiya, il pugnale ricurvo, affascinante nei suoi paesaggi semidesertici, ritorna prepotentemente alla memoria grazie alle meravigliose ed accattivanti immagini catturate dalla Leica Minilux. Immagini che assumono anche il valore di una testimonianza storica, in quanto lo Yemen è ormai caduto, come diversi altri paesi arabi, in una guerra civile difficilmente districabile e, molto probabilmente, dovranno passare ancora diversi anni perché ritorni ad essere quella mitica “Arabia Felix” di cui si favoleggiava negli anni Novanta, anni a cui si riferiscono le immagini qui illustrate.

Pierpaolo Ghisetti © 07/2015
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