MARIUCCIA PISANI:
Bella Brava e Buona
Antonio Farchione, dicembre 2002

Provocante ed accattivante la mostra "Bella Brava e Buona" di Mariuccia Pisani, artista difficile e piena di forza espressiva.

Nadir Magazine ©

Courtesy collezione privata

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Courtesy Galleria Cesare Manzo

Nove opere e tre video, è la proposta piena di suggestioni di Mariuccia Pisani in mostra presso la Galleria d'arte Cesare Manzo quasi in contemporanea con la manifestazione di Fuori Uso 2002.
Asciutta ed essenziale l'esposizione delle opere. Pulito e preciso il tratto ricorrente nei suoi lavori. Schietto ed innocente il subisso di bianco nelle opere e nell'ambientazione. Quanto basta per avere la riprova che la Pisani è proprio "Bella Brava e Buona".
Eppure non ci vuole molto allo spettatore per capire che è stato incantato (o forse ingannato) dall'intemerato costrutto poetico dell'artista. È in trappola! Poco a poco le blandizie lasciano il posto ad un urlo sordo di disagio. La purezza dello sfondo diventa un modo artificioso per decolorare o, comunque, tacere la realtà solo in apparenza, quantunque, come su di una cartina di tornasole, molto è stato scritto ed aspetta solo di venire in evidenza, di essere sollecitato.
Il segno sicuro e così saldamente ancorato allo sfondo, diventa all'improvviso fragile e nello stesso tempo bramoso di (ri)assaporare la libertà delle sbavature, il fascino dell'imperfezione. No, nessuna concessione è permessa. L'artista sintetizza mirabilmente alcune forze come l'apparenza, l'ossessione, l'imbarazzo, il rigore che impongono una regia irreale, coercitiva, ma esteriormente perfetta, in cui l'unica concessione sono delle macchie di colore (spesso non più di un colore ad opera) comunque rigorosamente racchiuse in perimetri ben definiti e controllati.

Il disagio che Mariuccia ritrae e comunica servendosi del proprio corpo diventa quanto mai intelligibile e lascia costernato lo spettatore (grande forza espressiva comunica il video "Croce e delizia"). L'amara scoperta è difficile da accettare; l'esperienza infastidisce e contrasta con le rappresentazioni mentali stereotipate dello spettatore che deve prendere atto di essere stato affetto fino ad allora della sindrome dell' "arto fantasma".
Ebbene sì le sensazioni, mirabilmente descritte nella letteratura scientifica, di pazienti che avvertono la presenza di parti del corpo nonostante esse siano assenti è la metafora che più di altre permette di comprendere il messaggio sublimato da Mariuccia: l'attaccamento coercitivo alla felicità da parte della società contemporanea. La vita sociale, quella professionale, quella sentimentale sono solo tra i più importanti ambiti nei quali si è costretti ad inseguire uno stinto concetto di felicità. Il convenzionalismo è il vero responsabile di quel disagio narrato da Mariuccia e che inganna la nostra mente generando una forzosa felicità (l'arto fantasma). La laconica conseguenza è l'esaltazione da parte della società odierna del nostro corpo. Quest'ultimo non più un fardello, diventa, di contro, uno scrigno prezioso da curare, da mantenere sempre in efficienza il più a lungo possibile così da consentire al proprio legittimo proprietario di continuare la sua spasmodica e materiale ricerca della felicità. Questo Mariuccia sembra averlo avvertito e risponde con vigore raffigurando il proprio corpo lacerato o imbrattato di sangue.

Il lavoro di Mariuccia Pisani con il coraggio tipico di chi si contrappone al conformismo, stuzzica, anche un po' cinicamente, a riflettere sul nostro arto fantasma. Con un fare maturo ed imperturbabile prende tempo, ironizza sia sulla condizione di felicità sia su quella di infelicità. La Pisani trasforma la semplicità formale dei suoi lavori in mordaci richiami verso una gamma valoriale che completa la vita di ogni uomo. È in quel momento che diventa intelligibile il linguaggio usato nelle opere per mezzo del quale l'assenza di effetti tridimensionali, l'inibizione di qualunque bizzarria cromatica, si configurano come un avvertimento, o meglio come una metafora che narra dell'appiattimento a cui vanno incontro tutti coloro che continuano a rincorrere meccanicamente, ciecamente (i volti di Mariuccia sono tutti senza occhi) il credo della sola felicità. Una corsa folle, una competizione insensata tra individui che tallonano lo star bene a tutti i costi, la salute a tutti i costi, la felicità a tutti i costi, la ricchezza a tutti i costi, spesso imitando individui-idoli ritenuti dalla collettività totem di riferimento. L'individuo sociale narrato da Mariuccia non ha più il coraggio di accettare la propria esistenza, il proprio destino, la vastità cromatica della vita in quanto tale. A riguardo già qualche anno fa Mario Perniola introducendo il concetto di "effetto egizio" si esprimeva in questi termini: "L'effetto egizio e l'invito a farsi cosa tra le cose costituiscono punti di riferimento concettuali molto importanti per comprendere le trasformazioni della società di oggi e le esigenze profonde che la animano. Queste possono essere riunite in due orientamenti principali: un primo orientamento, la cui tonalità fondamentale è data da un deliberato culto dell'indifferenza, e che può essere perciò definito come neo-apatico; un secondo orientamento, la cui tonalità fondamentale è data da un deliberato culto della possessione, e che può essere perciò definito come neo-pagano. Entrambi questi orientamenti implicano la stessa esperienza del farsi cosa, una completa rottura col soggettivismo, un perdere se stessi, un sentirsi il tramite, il passaggio di qualcosa di estraneo" (1).
La società contemporanea ha forgiato individui cresciuti nella convinzione che l'onnipotenza della scienza e della tecnica siano in grado di debellare definitivamente quanto di più brutto possa capitare agli uomini (carestia, infezioni, ecc.). I fatti non potevano che smentire codeste affermazioni cosicché manifestazione di dolore e morte non possono che infastidire l'illuso uomo moderno che si vede ostacolato nel suo cammino verso il raggiungimento della felicità. Il pensiero positivo, quello creativo, la ricerca dell'autostima, diventano gli unici veri dogmi a cui manager, professionisti, casalinghe, devono assolutamente far convergere la propria vita, pena il tormento di una depressione indotta dal far parte di una categoria di individui infelici perché incapaci di imitare i più fortunati. Una vita ragionata e affatto spontanea quindi, in cui ciò che conta è solo ed unicamente il risultato della propria prestazione sessuale, professionale, sociale, ecc. Nell'opera di Mariuccia Pisani tutto questo è stigmatizzato e comunicato allo spettatore senza mezzi termini sebbene in modo sensuale, femminile come solo Mariuccia - Bella Brava e Buona - sa fare.

Antonio Farchione © 12/2002
Riproduzione Riservata

(1) Mario Perniola, Enigmi, Costa & Nolan, 1990

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