ARRIVANO I GIGANTI
Il grande formato spiegato a tutti da Michele Vacchiano (1)
Che cos'è il grande formato? Roba da dinosauri? Un mondo a parte? Un modo alieno di fare fotografia? Una faccenda da iniziati? Niente di tutto questo. A partire da questo numero Michele Vacchiano ci condurrà passo passo in un mondo che anche il fotoamatore può, senza grossi problemi, iniziare ad esplorare. Per farlo, tuttavia, occorre cambiare la propria "mentalità fotografica" e - soprattutto - far fuori alcuni luoghi comuni. Vediamoli insieme.
Il grande formato è roba per professionisti.

Falso. In altri paesi, soprattutto negli Stati Uniti, il grande formato è utilizzato anche dai fotoamatori, veri appassionati che - sulle orme di Adams e di Weston - preferiscono passare il loro tempo libero in camera oscura a cimentarsi con il sistema zonale piuttosto che accontentarsi di frettolose e mediocri stampine fatte dal minilab del quartiere.

Il grande formato è troppo costoso per un dilettante.

Falso. Nel campo professionale il mercato dell'usato è molto fiorente, tanto che non è difficile trovare ottime occasioni al prezzo di un corredo reflex di livello medio-alto. Gli accessori originali sono costosi, è vero, ma per iniziare ne servono davvero pochi: uno scatto flessibile, cinque chassis doppi, un panno nero, ovviamente il cavalletto. Nient'altro. La vera differenza sta nelle pellicole: in Italia (altrove non è così) una singola pellicola piana 4x5" costa (tra acquisto e sviluppo) quanto un intero rullino formato 135. Tuttavia bisogna considerare che quando si lavora in grande formato la filosofia del fotografare è del tutto diversa: non si fotografa "a raffica" come con la reflex, ma ci si dedica con attenzione a poche inquadrature selezionate.

Il grande formato richiede conoscenze particolari.

Vero. Non è un modo di fotografare che si improvvisa. Ci sono cose che bisogna sapere prima di incominciare. Ma si tratta di nozioni tutto sommato semplici da imparare, soprattutto se si è motivati a farlo. Lo scopo di queste pagine è proprio quello di svelare i "segreti" del grande formato a quei fotoamatori attenti (e dotati di un po' di spirito di avventura) che non temono di esplorare una dimensione del fotografare davvero nuova e creativa.

Il grande formato è roba sorpassata.

Falso. Certo, i dilettanti stentano a trattenere un risolino di fronte a quel grosso e ingombrante apparecchio fornito di soffietto e (a volte) di standarte in legno, davanti a quel fotografo che sparisce sotto un panno nero e che ricorda certe illustrazioni dello scorso secolo, o certi film comici dei primi del Novecento. È vero: l'aspetto generale delle fotocamere di grande formato non sembra molto cambiato negli ultimi cento anni: dopotutto una macchina fotografica non è (né deve essere) altro se non una scatola nera a tenuta di luce con un buco davanti per l'obiettivo, un buco dietro per la pellicola e un sistema di messa a fuoco (e finora non è stato trovato niente di meglio del soffietto). Ciò che è cambiato (e che si vede poco) è la tecnologia che oggi presiede al procedimento fotografico e che ha trasformato il banco ottico in un sofisticato e raffinato strumento di creatività. Certo, non ci sono gli schermi a cristalli liquidi, i ronzii elettronici e i fantascientifici bip-bip che piacciono tanto ai principianti e che fanno somigliare la reflex a un game boy, ma c'è una tecnologia ottica di altissimo livello che - unita a una versatilità assoluta - rende il grande formato il più adatto ad integrarsi con l'inarrestabile evoluzione dello stesso concetto di immagine. Così, come vedremo, proprio questi dinosauri fotografici la cui struttura non è sostanzialmente mutata nel corso dell'ultimo secolo saranno quelli che traghetteranno l'arte della fotografia verso le innovazioni del nuovo millennio.
Introduzione

Gruppo del Monte Bianco. Dal ghiacciaio della Mer de Glace l'Aiguille du Dru. Fotocamera Wista DX con dorso per pellicole piane 4x5". Obiettivo Rodenstock Sironar 150 mm f/5,6. La luna è frutto di una doppia esposizione: l'avevo fotografata la sera prima sulla stessa lastra contro lo sfondo del cielo nero, usando una Sinar F con obiettivo Fujinon W 300 mm f/5,6.

Negli Stati Uniti il reportage è stato per decenni sinonimo di grande formato. Le folding 4x5 pollici (10x12 cm), praticamente sconosciute al fotoamatore (ma anche al fotogiornalista) europeo, sono state il cavallo di battaglia di reporter come Wegee (Arthur Fellig), che con la sua Speed Graphic ha immortalato la vita di due generazioni nell'America tra le due guerre. Per quanto invece riguarda la fotografia della natura, come non citare - un esempio fra tutti - il grande Ansel Adams e i suoi paesaggi sospesi tra la perfezione formale e l'evocazione? Anche oggi non sono pochi i fotonaturalisti americani che preferiscono utilizzare il grande formato, soprattutto per il paesaggio. Conosco personalmente professionisti che non rinuncerebbero alla loro Wisner Expedition (un apparecchio le cui dimensioni farebbero rabbrividire un europeo) nemmeno per la più sofisticata delle reflex ultima generazione. Non è un caso che su Internet esista un'enorme varietà di siti (tutti - o quasi - americani) destinati proprio alla fotografia in grande formato, con tanto di gruppi di discussione, FAQ e mailing list.

Usare una fotocamera di grande formato consente la creazione di un'immagine considerata nella sua accezione di opera d'arte. La complessità delle operazioni necessarie per fotografare costringe a concentrarsi sulla qualità di immagine e sulla composizione, più che non sulle suggestioni extrafotografiche le quali, spesso, ci invogliano a catturare un momento magari emotivamente connotato, ma di per sé incapace di venire tradotto dalla pura e astratta bidimensionalità della fotografia. L'immagine che si forma sul vetro smerigliato appare capovolta e con i lati invertiti, accentuando le forme, le linee, i valori tonali e i colori in una limpida astrattezza capace di rendere chiari e immediatamente percepibili i puri parametri fotografici, senza le distrazioni derivanti dalla visione diretta del soggetto. L'ampia area di visione (10x12 centimetri o superiore) invita l'occhio a esplorare l'intera composizione, notando ogni minimo particolare, ogni scarto nei valori tonali. Il mondo che sta al di fuori della composizione (quel mondo che non compare nell'inquadratura ma che spesso spinge il dilettante a scattare una fotografia che si rivelerà impietosamente banale) è rigidamente tagliato fuori. Tutto ciò che esiste è quell'insieme astratto di linee e toni sul quale lavorare con geometrica precisione.

Dal Col de Joux il gruppo del monte Avic in primavera. Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso per pellicola in rullo 6x12 cm. Obiettivo Schneider Super-Angulon 90 mm f/8.

Le vaste possibilità di controllo dell'immagine consentono al fotografo di trasformare il mondo circostante e di trasmettere allo spettatore la "sua" realtà, che è poi il fine ultimo della fotografia creativa. I movimenti di decentramento e basculaggio della piastra portaottica e (in alcuni modelli) del dorso permettono il totale controllo sulla prospettiva e sulla forma del soggetto, senza contare l'incremento della profondità di campo, un fenomeno sovente caratterizzato da un drammatico impatto visivo. Se a questi movimenti si aggiunge la possibilità di ruotare il dorso portachassis di 360 gradi, si vede come il fotografo possa ottenere il completo controllo dell'immagine senza dover riposizionare la camera.
Ma il vantaggio del grande formato sta soprattutto nella possibilità di trattare le pellicole piane singolarmente e separatamente, il che consente il completo controllo del procedimento fotografico e - com'è noto - la completa applicazione del sistema zonale.
La mancanza di automazione e la semplicità d'uso mettono in risalto la superiorità tecnica del grande formato. L'intero procedimento di ripresa trascina il fotografo in un'altra dimensione, dove il livello di concentrazione si traduce in una maggiore capacità di espressione e in una più raffinata creatività.
Lo stesso modo di fotografare è diverso: i costi di acquisto e di sviluppo di una singola pellicola piana equivalgono a quelli di un intero rullino 35 mm, per cui non ci si può permettere il lusso di scattare a raffica, "tanto poi qualcosa verrà fuori". Se la reflex può essere usata come "taccuino per gli appunti", la macchina di grande formato richiede molto tempo e grande attenzione per costruire una composizione "pensata" e strutturata nei minimi dettagli. Un quadro, più che una fotografia.

A destra: Dalla Ca' Bianca (Valle dell'Orco, Piemonte) il crepuscolo dietro le Levanne. Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso per pellicola in rullo 6x9 cm. Obiettivo Optar 135 mm f/4,7.

Perché il grande formato

I vantaggi del grande formato rispetto ai formati inferiori sono sicuramente più numerosi di quelli che ci limitiamo ad elencare qui di seguito.

  • Fotogramma di grandi dimensioni: dal 4x5 pollici (10x12 cm) all'8x10 pollici (20x25 cm) o superiore. Il 4x5" è il formato più usato, e praticamente l'unico utilizzabile sul campo con una certa comodità;
  • Possibilità di utilizzare formati inferiori. Ogni apparecchio ha la possibilità sostituire il dorso porta-chassis con dorsi per pellicola in rullo (6x7, 6x9, 6x12 cm);
  • Massima versatilità nella gestione dell'immagine, dato che le singole pellicole piane vengono impressionate e trattate separatamente, il che consente di intervenire su ogni fase del procedimento fotografico (sviluppo variato, applicazione ottimale del sistema zonale). Inoltre, è estremamente agevole passare dal colore al bianco e nero o al Polaroid, o utilizzare emulsioni di sensibilità diversa, senza necessariamente dover sostituire un intero rullino;
  • Maggiore competitività derivante dalla migliore vendibilità del prodotto. Gli editori continuano a preferire fotogrammi di grandi dimensioni, mentre sono sempre meno (soprattutto in Europa) i fotografi che lavorano con il medio e il grande formato. Quei pochi che ancora lo fanno si collocano in una fascia di mercato relativamente libera e ricca di possibilità;
  • I movimenti di decentramento e basculaggio rendono possibile il completo controllo della prospettiva, della profondità di campo e delle dimensioni dell'immagine;
  • Visione su vetro smerigliato di grandi dimensioni che garantisce la massima accuratezza nel considerare i più fini dettagli;
  • Si possono utilizzare obiettivi di marche diverse senza i problemi derivanti dall'incompatibilità fra le varie montature: una volta avvitato alla piastra portaottica, l'obiettivo è pronto per essere usato;
  • Il grande formato del fotogramma, unito a uno strato di emulsione più spesso di quello presente nei formati inferiori, garantisce non soltanto maggiore definizione e finezza di grana, ma anche una più ricca gamma tonale e cromatica: una lastra di 4x5" ha un'area tredici volte superiore a quella di un fotogramma 24x36; 
  • Stampe per contatto. Quando si lavora con pellicola negativa e con formati superiori al 4x5" è possibile effettuare stampe per contatto, molto più accurate, nitide e contrastate di quelle ottenibili mediante un ingranditore (metodo, quest'ultimo, che costringe l'immagine a subire un calo di qualità dovuto alle aberrazioni ottiche dell'obiettivo da ingrandimento);
  • Massima concentrazione sull'immagine: la complessità dei procedimenti e il tempo richiesto da ogni singolo scatto facilitano quello che io chiamo "approccio meditativo" alla fotografia. Il fotografo è costretto ad investire tempo, esperienza e attenzione in ogni operazione, il che non può non favorire la creazione di un'immagine "pensata" durante tutte le sue fasi realizzative;
  • Totale compatibilità con la gestione elettronica dell'immagine: i dorsi digitali per il grande formato (utilizzabili con vantaggio soprattutto in studio ma anche - con qualche problema in più - all'aperto) garantiscono una qualità di immagine decisamente sconosciuta alle fotocamere digitali destinate al mercato amatoriale.
A sinistra: Camera a banco ottico Horseman 450 LX (formato 4x5").

Le caratteristiche proprie del grande formato rappresentano però anche la causa degli svantaggi che un simile sistema fotografico comporta:
  • Tutto è manuale. Non esistono preselezione del diaframma, otturatore programmato o autofocus. Le applicazioni dell'elettronica al grande formato (se si eccettuano i già citati dorsi digitali) sono limitate (quando ci sono) a poche funzioni essenziali. Certamente non esiste quel compiacimento per i gadget (talvolta del tutto inutili) che caratterizza il mercato amatoriale. Non esiste la possibilità di montare obiettivi zoom, non previsti per il grande formato. Proprio la necessità di effettuare manualmente le varie regolazioni rende possibile una grande quantità di errori (certamente più numerosi di quanto un fotografo dilettante riesca ad immaginare);
  • Pesi e ingombri notevoli, accresciuti dal fatto che il cavalletto è quasi sempre indispensabile ("quasi" perché in alta montagna io avvito la folding alla paletta della picozza piantata nella neve. Ma in tutti gli altri caso uso il cavalletto);
  • Profondità di campo critica. Si pensi che a un obiettivo grandangolare da 24 mm per il piccolo formato corrisponde, nel formato 4x5", una focale di circa 90 mm. Poiché col crescere della focale la profondità di campo apparente diminuisce, la questione si fa importante quando dagli obiettivi grandangolari si passa alle focali "normali" (150 mm per il 4x5") o superiori alla normale. La soluzione che consiste nel diaframmare molto comporta tempi di otturazione proporzionalmente più lunghi: un problema quando la brezza fa stormire le fronde nel bosco. L'accorgimento ottimale (tipico del grande formato) consiste nel fare ricorso ai movimenti di basculaggio, ma questo richiede una perfetta conoscenza del mezzo e delle sue possibilità tecniche e non è sempre facilmente praticabile all'aperto;
  • Gli obiettivi presentano una luminosità molto ridotta rispetto ai loro equivalenti di piccolo e medio formato: f/5.6 è già considerata un'apertura relativa massima più che buona, f/8 è ancora abbastanza comune. Questo pone problemi non indifferenti quando si debbano effettuare la messa a fuoco e la composizione dell'immagine attraverso il vetro smerigliato, soprattutto all'aperto e in presenza di forte luminosità ambientale. Ecco il motivo della tenda nera e dei vari cappucci paraluce applicati al dorso dell'apparecchio;
  • La fotografia di animali selvatici nel loro ambiente naturale diventa quasi impossibile, non solo a causa della limitata profondità di campo, ma anche perché non è possibile montare su questi apparecchi obiettivi di focale molto elevata. Si pensi che un obiettivo da 480 mm (che nel piccolo formato sarebbe già un tele spinto), nel grande formato è considerato poco più che un teleobiettivo moderato;
  • Anche la ripresa di fiori e insetti è problematica: un rapporto di riproduzione di 1:1 significa un campo inquadrato di 10x12 centimetri, troppo grande per far sì che una farfalla riempia convenientemente il fotogramma;
  • Lunghi tempi di preparazione. Le pellicole piane devono essere inserite ad una ad una negli chassis e l'operazione va eseguita in camera oscura, il che richiede molto più tempo che non infilare un caricatore dentro la macchina fotografica in piena luce solare. È vero che esistono in commercio sistemi più pratici, soprattutto per chi lavora all'aperto (tipo Kodak ReadyLoad o Fuji QuickLoad), ma richiedono l'acquisto di un particolare dorso caricatore (praticamente uno chassis alquanto sofisticato) e sono mediamente piuttosto costosi. Ne parleremo approfonditamente più avanti (fine della prima parte).
1a PARTE
2a PARTE
3a PARTE
4a PARTE
Il testo dell'articolo e le fotografie che lo illustrano sono proprietà di Michele Vacchiano. Ogni utilizzo, anche a titolo gratuito, è subordinato ad espressa autorizzazione scritta da parte dell'autore. Le fotografie di apparecchiature ed i disegni sono tratti dai seguenti siti Internet: BH-Photovideo, Calumet Photographic, Schneider Optics, Toyo, che si ringraziano per la cortese autorizzazione.