ARRIVANO I GIGANTI
Il grande formato spiegato a tutti da Michele Vacchiano (2)
Caratteristiche delle macchine folding

Le macchine a banco ottico (view cameras) sono utilizzate soprattutto in studio. È vero che io trasporto la mia Sinar F in una valigia e poi la monto una volta giunto sul luogo delle riprese, ma questo avviene soltanto quando so che non mi allontanerò molto dall'auto. Negli altri casi, quando cioè l'unico mezzo di trasporto sono i piedi, preferisco affidarmi a una leggera e compatta folding. La prima caratteristica che salta all'occhio quando si osserva una folding (field camera) è la sua facilità di trasporto. Una volta chiusa, è una valigetta (più o meno pesante) che sta comodamente in uno zaino. Se non si esagera con gli accessori e ci si accontenta di un paio di obiettivi, un cavetto di scatto flessibile e un esposimetro - oltre che dell'inevitabile panno nero - si noterà che tutto l'insieme non pesa molto più di un corredo reflex di medio formato. Anche il peso degli chassis può essere ridotto facendo ricorso ai sistemi a caricamento rapido (Fuji Quickload o Kodak Readyload), che implicano un solo dorso caricatore per pellicole piane confezionate in buste di leggero e sottile cartoncino.



La Zone VI, folding 4x5" in legno (a sinistra) e la Toyo 45AII in metallo (a destra)

Le folding costruite in metallo sono in genere piuttosto pesanti, ma per l'uso sul campo si rivelano più robuste di quelle in legno. Queste ultime sono più leggere da trasportare e più belle a vedersi, grazie alla loro estetica un poco "retrò", ma sono decisamente più delicate e inadatte ad un uso, diciamo così, "sportivo". Se non si presta la necessaria attenzione e le si inserisce nello zaino insieme a molti altri oggetti, inevitabilmente finiranno per rigarsi, nonostante tutte le precauzioni. Io uso attualmente una Wista DX in legno di ciliegio, ma per non rigare la carrozzeria la trasporto in un sacchetto di stoffa con chiusura a laccio. Se poi capita che cadano in terra o subiscano un urto, la possibilità di guasti e rotture (o anche solo starature nei movimenti) è più elevata di quanto non accada per le macchine in metallo. Un'altra differenza evidente risiede nella rigidità del corpo: quando il vento soffia, gli apparecchi metallici risultano meno sensibili alle vibrazioni di quelli in legno. Le condizioni atmosferiche costituiscono un altro fattore determinante: per quanto correttamente stagionato, il legno risulta più sensibile agli sbalzi di temperatura e all'umidità. Il che può rivelarsi deleterio per la precisione della messa a fuoco.

Il ritratto in grande formato richiede grande affiatamento tra fotografo e modella: dati i lunghi tempi di preparazione dello scatto, quest'ultima rischia di stancarsi ed assumere atteggiamenti fissi e innaturali. Per fare questa foto ho lasciato che Claudia si rilassasse durante l'inquadratura e la messa a fuoco, dicendole poi di assumere la posa che preferiva. Ho scattato mentre si muoveva per ravviarsi i capelli. La forte luminosità ambientale mi ha consentito un tempo rapido e un diaframma sufficientemente chiuso per sfruttare al meglio la profondità di campo. Fotocamera Wista DX con dorso 4x5". Obiettivo Schneider Apo-Symmar 180 mm f/5,6.

Alcuni modelli sono caratterizzati dalla presenza di un mirino a telemetro più o meno sofisticato, fornito in dotazione (come nella Linhof Master Technika 45 o nei modelli Graflex ancora in circolazione) o opzionale (Linhof Master Technika 2000). In teoria il mirino dovrebbe servire ad effettuare la messa a fuoco indipendentemente dal vetro smerigliato, grazie a un sistema di camme collegate all'allungamento del soffietto, e quindi facilitare l'uso della camera a mano libera. In realtà chi lavora all'aperto non utilizzerà praticamente mai questa funzione, soprattutto perché l'uso a mano libera di macchine di questo genere implicherebbe tempi di otturazione molto rapidi allo scopo di evitare il mosso e di conseguenza diaframmi troppo aperti per consentire una nitidezza accettabile. Inutile ricordare quanto un'apertura superiore a f/11 risulti critica per la maggior parte degli obiettivi destinati al grande formato. Senza contare il drastico decremento della profondità di campo quando si usano diaframmi aperti, soprattutto a causa dell'elevata lunghezza focale delle ottiche. Insomma, se con il piccolo formato si può fotografare a mano libera con un obiettivo normale da 50 mm chiuso a f/5.6 e un tempo di otturazione di 1/125 di secondo mantenendo una profondità di campo accettabile, con il grande formato questo risulterebbe del tutto impossibile: il diaframma sarebbe troppo aperto per garantire la sufficiente nitidezza, il tempo sarebbe troppo lento per evitare il mosso e la profondità di campo si rivelerebbe gravemente insufficiente, dato che l'obiettivo normale ha una focale di 150 mm (com'è noto, la profondità di campo apparente decresce proporzionalmente al crescere della lunghezza focale).
Da tutto questo consegue che l'uso a mano libera di queste macchine è fortemente sconsigliato, a meno che non si usino tempi di otturazione rapidissimi uniti all'utilizzazione del flash (come faceva Wegee con la sua Speed Graphic). ma si tratta in ogni caso di un ambito decisamente limitato.
La scelta dei soggetti è fortemente condizionata dalle possibilità di allungamento del soffietto e dalle focali disponibili. Alcuni modelli hanno un soffietto piuttosto corto che ne limita l'utilizzazione ai campi grandangolare e normale. Con alcune limitazioni si possono anche montare teleobiettivi non troppo potenti, grazie alla particolare costruzione ottica che li caratterizza (fuoco posteriore più corto della lunghezza focale nominale). Purtroppo questa scelta implica spesso il dover rinunciare alla messa a fuoco ravvicinata e - quel che è peggio - il non poter utilizzare i movimenti di macchina, che è ciò che caratterizza il grande formato rispetto ai formati inferiori. Questo perché i teleobiettivi, concepiti per fotografare all'infinito, non sempre godono di un cerchio di copertura sufficiente a consentirne il decentramento. Tanto per fare un esempio, lo Schneider Tele-Arton da 250 mm e il Nikkor-T ED da 270 coprono il formato 4x5" senza tuttavia consentire una gamma di movimenti accettabile. Un prezzo piuttosto alto da pagare, se si considera che nel grande formato queste focali sono da considerarsi poco più che normali (paragonabili ad un 75-80 mm nel formato 24x36).
Risulta pertanto preferibile utilizzare obiettivi di elevata lunghezza focale ma a schema tradizionale, i quali permettono un'ampia gamma di movimenti. Purtroppo essi implicano anche un allungamento del soffietto pari alla loro lunghezza focale soltanto per fotografare all'infinito, e doppio della lunghezza focale per fotografare al rapporto di 1:1. Un 300 mm richiede 30 cm di soffietto solo per il paesaggio, il che è in grado di mettere in crisi non pochi modelli oggi in circolazione. È pertanto essenziale che nella scelta della macchina venga attentamente valutato questo parametro.
Un altro problema è costituito dalle dimensioni della piastra portaottica. Molti modelli in circolazione non consentono di montare gli otturatori Copal 3, non tanto perché questi abbiano un diametro superiore alla larghezza della piastra, quanto perché il foro risulterebbe talmente grande da ridurne in maniera drastica la robustezza: non è prudente montare un obiettivo da mezzo chilo su una piastra ridotta ad una stretta cornice poco più resistente di un foglio di carta! Ora, poiché gli obiettivi di focale superiore ai 240 mm sono generalmente montati su otturatori Copal 3, ecco che il problema appare di difficile soluzione. Anche le dimensioni e la robustezza della piastra portaottica costituiscono elementi di scelta determinanti.
Ma ciò che va più attentamente valutato è la gamma di movimenti offerta dal modello che si intende acquistare. Alcune macchine consentono esclusivamente i movimenti della standarta anteriore, e anche questi alquanto limitati; altri sono dotati di un moderato basculaggio del dorso sull'asse orizzontale. Sono davvero poche le macchine che permettono una gamma di movimenti paragonabile a quella del banco ottico da studio (anche se decisamente più limitata). Anche in questo caso occorre chiedersi a quale tipo di riprese ci si dedicherà in prevalenza, tenendo conto che i movimenti dei corpi anteriore e posteriore non servono soltanto in fotografia di architettura e nello still-life: anche gli alberi di un bosco possono presentare problemi di convergenza delle linee verticali, tanto per fare un esempio. Senza contare le possibilità di incremento della profondità di campo e il controllo della forma del soggetto garantiti dai movimenti di basculaggio.
Riassumendo quanto detto finora, possiamo concludere che l'uso sul campo delle folding di grande formato presenta alcune limitazioni di cui il fotografo deve essere consapevole:
  • Fotografare a mano libera è praticamente impossibile, e comunque decisamente sconsigliabile;
  • La gamma degli obiettivi utilizzabili è limitata alle focali grandangolari e normali;
    le focali superiori presentano problemi di allungamento del soffietto (insufficiente in alcuni modelli) e di dimensioni dell'otturatore (incompatibili con molte piastre). La soluzione consisterebbe nell'utilizzare schemi a teleobiettivo (molti di essi sono montati su otturatori Copal 1), ma soltanto qualora si accettassero pesanti limitazioni nei movimenti di macchina, oltre all'impossibilità di fotografare a breve distanza;
  • I movimenti sono decisamente più limitati di quanto non avvenga con le macchine da studio. La loro gamma varia (e di molto) a seconda dei modelli.

Tutto questo rende le folding meno versatili delle macchine a banco ottico: un prezzo che si paga volentieri quando il peso e l'ingombro sono determinanti, ma che in ogni caso va attentamente valutato.

Gli obiettivi per il grande formato

Gli obiettivi per il grande formato sono molto diversi da quelli a cui il fotoamatore è abituato. Innanzitutto non sono dotati di meccanismo per la messa a fuoco, dal momento che questa viene effettuata estendendo il soffietto; inoltre sono tutti divisi in due parti, il più delle volte simmetriche fra loro, che li fanno somigliare a clessidre. In corrispondenza della strozzatura della clessidra c'è un meccanismo tondeggiante piuttosto complesso. Qui trova posto tutto ciò che consente all'obiettivo di funzionare: la regolazione dei diaframmi e dei tempi di otturazione, la levetta che consente di aprire manualmente l'otturatore (per effettuare la visione sul vetro smerigliato), la leva per armare l'otturatore, il meccanismo di scatto con filettatura per il flessibile, il contatto elettrico per il flash. Questo complesso meccanismo, sbrigativamente definito otturatore (ma abbiamo visto che è ben altro), viene fornito da diversi fabbricanti con diversi nomi commerciali (Copal, Compur, Prontor, Horseman) e con tre misure fisse, relative al diametro del foro entro cui si avvita l'ottica, normalmente denominate Copal 0, Copal 1 e Copal 3 (non chiedetemi perché non esiste il Copal 2: di queste numerazioni bislacche io non ci ho mai capito niente). Il Copal 0 è la misura più piccola, di solito usata per obiettivi di focale corta o normale; il Copal 1 è usato per obiettivi di focale normale o leggermente superiore alla normale, oltre che per alcuni teleobiettivi; il Copal 3 per obiettivi dai 240 mm in su.






Due ottiche per il grande formato: Caltar 150 mm f/5,6 su otturatore Copal 0 (in alto)
e Caltar 360 mm f/6,8 su otturatore Copal 3 (in basso).

Un'altra differenza che balza agli occhi è la scala dei diaframmi. Mancano i diaframmi aperti a cui il fotoamatore è abituato: l'apertura relativa massima non supera f/4,5; un obiettivo f/5,6 è considerato già abbastanza luminoso, mentre non sono infrequenti (soprattutto nelle focali più elevate) aperture pari a f/8 o f/12. In compenso gli obiettivi per grande formato chiudono fino a f/45, f/64 o anche f/90, per compensare la scarsa profondità di campo dovuta alla lunga focale. Va anche detto che nessun obiettivo dev'essere adoperato a piena apertura: i diaframmi più aperti servono soltanto a visualizzare sul vetro smerigliato un'immagine ragionevolmente luminosa, ma non possono essere usati per fotografare, pena l'insorgere di gravi aberrazioni ottiche che abbasserebbero drasticamente la qualità dell'immagine. Anche i diaframmi più chiusi non sono da utilizzare se non in casi estremi, dato il rischio di perdite di nitidezza dovute alla diffrazione. I diaframmi più indicati vanno generalmente da f/11 a f/32.
Gli obiettivi si montano sulla piastra portaottica svitando il gruppo ottico posteriore, applicando sul davanti della piastra l'otturatore col gruppo ottico anteriore e riavvitando sul retro il gruppo ottico posteriore, tenendo fermo l'otturatore con un anello di serraggio. È conveniente avere tante piastre quanti sono gli obiettivi, per evitare di smontare e rimontare ogni volta tutto l'apparato.
A sinistra: Torrente nel Vallone di Forzo (Parco Nazionale Gran Paradiso) Lo schema ottico piuttosto semplice che caratterizza gli obiettivi professionali (poche lenti, un severo trattamento antiriflessi) li rende in grado di affrontare condizioni di ripresa critiche come il controluce, senza che insorgano quei riflessi parassiti e quelle immagini fantasma così frequenti nel piccolo formato, soprattutto quando si utilizzano obiettivi zoom. Fotocamera Sinar F con dorso per pellicola in rullo 6x9 cm. Obiettivo Schneider Super-Angulon 90 mm f/8.

Alcuni obiettivi per il grande formato hanno la possibilità di combinare al gruppo ottico anteriore gruppi posteriori diversi, per consentire la variazione della lunghezza focale. In questo caso si parla di obiettivi convertibili. Piuttosto utilizzati in passato, oggi questi obiettivi vengono prodotti e commercializzati soltanto dalla Wisner (che ha ripreso e modernizzato il progetto dei vecchi Plasmat) e dalla Nikon, limitatamente ai teleobiettivi.
Com'è noto, la lunghezza focale di un obiettivo determina l'angolo di campo in relazione al formato. Un obiettivo da 90 mm sarà considerato un tele corto nel formato 24x36 mm, un normale nel medio formato e un grandangolare nel grande formato. Nel formato 4x5" il normale ha una lunghezza focale pari a 150 mm, che diventano 210 nel formato 5x7" e 300 nel formato 8x10". La tabella che segue mette a confronto le lunghezze focali nei diversi formati di ripresa:
35 mm
6x6 cm
6x7 cm
6x9 cm
6x12 cm
4x5"
(10x12 cm)
5x7"
(13x18 cm)
8x10"
(20x25 cm)
18
33
37
42
53
65
90
130
21
39
43
48
60
75
105
150
22
41
45
52
65
80
110
160
25
46
50
58
75
90
125
180
28
54
60
65
85
105
150
210
32
58
65
75
90
120
160
240
37
67
75
90
105
135
180
270
43
75
85
100
120
150
210
300
45
80
90
105
135
165
240
330
52
95
105
120
150
180
260
360
60
110
120
135
180
210
300
420
65
120
135
150
195
240
330
480
73
135
150
170
210
260
350
520
85
150
165
180
240
300
400
600
105
190
210
240
300
370
500
740
135
240
270
300
380
470
640
940

Quello che distingue fra loro le ottiche per il grande formato, a parità di lunghezza focale, è il diametro del cerchio di copertura. Un obiettivo da 150 mm (normale per il formato 4x5") può avere un cerchio di copertura di poco superiore alla diagonale del fotogramma, oppure molto più ampio. Nel primo caso esso coprirà il formato 4x5" consentendo movimenti limitati; nel secondo potrà coprire anche i formati superiori: ovviamente consentirà un range di movimenti tanto più ampio quanto minore sarà il formato con cui lo si utilizza. Tra poco approfondiremo meglio questo importante concetto.

Oltre l'obiettivo

Lavorare sul campo con una lunga focale - già ne abbiamo parlato - è piuttosto problematico, non solo per la non eccessiva estensione del soffietto che caratterizza la maggior parte delle folding, ma anche per problemi di stabilità: le ottiche a schema tradizionale risultano troppo grosse e pesanti; quelle a schema teleobiettivo hanno un cerchio di copertura limitato. Per ovviare a questo inconveniente, la Horseman produce un duplicatore di focale (l'unico nel grande formato), che applicato all'obiettivo normale da 150 mm lo "trasforma" in un 300 mm, con l'unico svantaggio costituito dalla perdita di due diaframmi (cosa che avviene con tutti i duplicatori). Restano invariate le possibilità di movimento dell'ottica e resta invariato il tiraggio, il che non è poco: ammetterete che un 300 mm con un tiraggio di soli 15 cm non si trova tutti i giorni. Il 2x Teleconverter della Horseman viene importato in Italia su ordinazione (il distributore è Asphot), ma lo si trova anche su Internet a meno di 500 dollari, comprese le spese di spedizione. L'unico svantaggio consiste nel fatto che può essere applicato solo agli obiettivi dotati di otturatore Copal 0.

(fine della seconda parte)

1a PARTE
2a PARTE
3a PARTE
4a PARTE
Il testo dell'articolo e le fotografie che lo illustrano sono proprietà di Michele Vacchiano. Ogni utilizzo, anche a titolo gratuito, è subordinato ad espressa autorizzazione scritta da parte dell'autore. Le fotografie di apparecchiature ed i disegni sono tratti dai seguenti siti Internet: BH-Photovideo, Calumet Photographic, Schneider Optics, Toyo, che si ringraziano per la cortese autorizzazione.